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50° Congresso della Società italiana di storia della Medicina: non v’è futuro senza memoria

La Società Italiana di Storia della Medicina giunge al suo 50° Congresso nazionale, che si terrà a Palermo nel prossimo ottobre (2-4 ottobre, Circolo ufficiali del Palazzo dei Normanni) con la presidenza di Adelfio Elio Cardinale, Bruno Zanobio e Giuseppe Armocida. L’evento, come di tradizione, richiama studiosi ed esperti dal mondo medico, della filosofia e dell’etica, in una visione “non archeologica” delle teamtiche, ma guidata dalla necessità di ritrovare gli elementi cardine che facciano da ponte tra passato, presente e futuro della professione medica.

Il Congresso si svolge in collaborazione con l’Accademia Italiana di Storia dell’Arte Sanitaria e con la International Society for the History of Medicine e, si legge nel razionale, “vi partecipano i più importanti Capi-Scuola, Studiosi e Cultori di questo comparto disciplinare che vive oggi una fase di rilancio nell’ambito dei programmi didattici accademici. Oltre i docenti più maturi ed esperti, è di rilievo sottolineare la partecipazione di tanti giovani, anche studenti o specializzandi. Questo rafforza il concetto che non v’è futuro senza memoria. Un aspetto, che viene inoltre curato, è quello della divulgazione scientifica, punto nodale e delicato affinché i Cittadini abbiano comprensibili ma rigorose notizie sulla evoluzione delle Scienze Biomediche”.

Sui temi del Congresso e, più in generale, sul significato di una riflessione sulla storia della medicina nei suoi influssi sulla contemporaneità, abbiamo intervistato il professor Cardinale, chiedendogli di collegare (idealmente e culturalmente) i lavori congressuali ccon le tematiche che sono al centro degli interessi e dei lavori della FNOMCeO.

Professor Cardinale, il 50° Congresso della Società italiana di storia della medicina si tiene a Palermo in ottobre. Ci può anticipare nelle vesti di presidente dei lavori, alcuni dei macro-temi che guideranno i lavori congressuali?
I temi del convegno sono ampi e articolati: storia della divulgazione delle scienze mediche; “medical humanities”, tra passato e futuro; paleopatologia. Inoltre ricorrendo quest’anno il cinquecentenario della nascita del sommo Andrea Vesalio, vi sarà la lettura “ Vesalio e il cervello”. Infine – come è tradizione della Società – una sessione sarà dedicata alla storia della medicina della regione ospite: medicina in Sicilia e grandi personaggi.

Quali a suo avviso saranno le lezioni magistrali e le sessioni tematiche che più possono attrarre quei medici che sono anche coinvolti nelle attività ordinistiche, soprattutto dal punto di vista deontologico?
Il tema della divulgazione scientifica e quello delle scienze umane in medicina sono di grande interesse non solo per la professione e per le attività ordinistiche, ma assumono anche rilevanza dal punto di vista deontologico. Divulgazione scientifica vuol dire comunicare in termini semplici ma rigorosi complesse attività clinico-sperimentali. I rapporti con la stampa e con i mass-media sono fondamentali per non ingenerare illusorie speranze o accreditare falsità. I casi Di Bella e Stamina sono gli esempi più clamorosi. Di pari importanza è il ritorno alla “medicina umana”, anche per la valenza etica. Occorre ricomporre i saperi e ricondurre il malato da numero a individuo, con una maggiore percezione dei suoi bisogni. Medicina incentrata sull’uomo infermo e fragile.

Già nel convegno dello scorso anno della Società, a Napoli, una delle sessioni centrali era focalizzata sui temi della bioetica, uno degli argomenti su cui la FNOMCeO è più attenta. Quest’anno proseguirete il dibattito sui principi della bioetica?
Esiste un nesso inscindibile tra storia della medicina e bioetica, anche dal punto di vista disciplinare e accademico. Per certo verrà approfondito il dibattito – tra dialettica, dispareri e contrasti, forse senza fine – sui temi bioetici e sulle questioni dei diritti della persona, sui quali la FNOMCeO è particolarmente vigile. L’itinerario è particolarmente delicato e lungo, come del resto di recente ha sottolineato il Presidente Napolitano, rilevando con un monito che sulla bioetica “c’è troppo silenzio in Parlamento”. Gli argomenti sui “temi sensibili” ( fin di vita, testamento biologico, eutanasia, staminali embrionali) vanno affrontati sia sulla base della scienza, ma anche della biopolitica e biodiritti e si intersecano con epistemologia, gnoseologia, ermeneutica, principi religiosi e civili. Una costruzione complessa, dove anche la posa di qualche mattone è assai importante. D’altronde Newton affermava che l’itinerario della conoscenza procede a piccoli passi, mentre l’oceano insondato della verità si stende davanti a noi.

Quando si parla di "storia della medicina" si pensa quasi inconsciamente alle "cose passate". Invece la Società italiana è sempre molto attenta ai cambiamenti del tempo presente all’interno della professione medica. Quali sono i valori, le tematiche, le criticità che a suo parere devono maggiormente richiamare la riflessione e l’approfondimento in vista del futuro della professione medica?

La storia della medicina non è una immota contemplazione del passato, quasi una vecchia zimarra concettuale. L’incomprensione del presente nasce fatalmente dall’ignoranza del passato, ma è forse altrettanto vano estenuarsi per comprendere il passato senza sapere nulla del presente. La storia della biomedicina fa rilevare che lo sviluppo, non è una marcia lineare ma un percorso a ostacoli. Gli studi storici riassumono la nascita, l’evoluzione, le conquiste, i travagli, le sconfitte e le riprese della scienza medica. Una vera e propria disciplina militante che determina migliore padronanza dei metodi di indagine e della valutazione critica dei problemi medici. Giambattista Vico additava “nella storia della scienza” la vera sorgente del progresso del sapere e del perfezionamento della specie umana. Nella rivoluzione biomedica – medicina molecolare e rigenerativa, genetica, informatica, integrazione bio-psico-sociale, scienze cognitive, neuroscienze, diagnostica per immagini con caratterizzazione tissutale – la storia contribuisce a costruire nuovi saperi. Nell’epoca contemporanea – in estrema sintesi – è compito primario, nel delineare il futuro della professione, riequilibrare il forte sbilanciamento tecnologico ed economico-finanziario (per non dire ragionieristico) rispetto alla componente antropologica. Rimettere l’uomo al centro della medicina.

Quali sono, invece, i valori della medicina degli ultimi secoli e di "altri mondi e altre tradizioni" che a suo parere oggi più che mai vale la pena ri-comprendere per un miglioramento della "nostra medicina"?
L’Italia ha un primato: con Galileo Galilei si è fondata la scienza moderna, basata su evidenze ed esperimenti certi e ripetibili. Dobbiamo con vigore promuovere e imporre la medicina fondata sulle evidenze scientifiche, in questa epoca contemporanea in cui si osserva – da parte di molti cittadini – il ritorno fideistico all’incantesimo e alla magia, per penetrare e possedere le leggi naturali. Si assiste, pertanto, all’emergere di curatori “tuttologi”, ciurmadori e imbonitori che somministrano a uomini malati, fragili e creduloni misture, intrugli e beveroni, dotati a loro dire di proprietà mirabolanti. Nell’epoca degli straordinari avanzamenti tecnici della medicina – dalla nanomedicina alla robotica – può coesistere il ritorno ad antiche pratiche naturali (eredità per esempio delle antichissime regole cinesi e indiane) che magnificano l’attenzione al malato.

Per terminare: lei ritiene che la scelta di Palermo come sede congressuale, proprio in corrispondenza con il 50° simposio, sia in un qualche modo riconoscimento del prestigio della scuola medica palermitana e siciliana?
Non spetta a me rispondere a questa domanda. Per il vero, ricordo – anche sulla base della mia esperienza di Presidente nazionale della SIRM – Società italiana di radiologia medica – che non si assegna un congresso nazionale di una società scientifica a una città per le sue attrattive turistiche e artistico-ambientali. La Sicilia e Palermo hanno avuto eminenti personalità, che hanno segnato il progresso di questa disciplina biomedica. Un nome per tutti: Giovanni Filippo Ingrassia, protomedico e fondatore della medicina legale.
Inoltre nei secoli tanti e tanti cultori e studiosi di storiografia medica hanno fornito contributi importanti storico-filosofici atti a disvelare i progressi dell’ “arte lunga”, per dirla con Ippocrate, e i suoi significati scientifici e intellettuali.

Autore: Redazione FNOMCeO

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