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Global Burden of Disease: i dati dell’ultima edizione

Il Lancet ha pubblicato l’ultima edizione del Global Burden of Diseases, Injuries, and Risk Factors Study (GBD), che fa il punto sull’impatto globale di patologie, infortuni e fattori di rischio nel periodo compreso tra il 1990 e il 2016 (vedi): ne riportiamo una sintesi iniziando con alcuni dati positivi.

Il tasso di mortalità è globalmente diminuito in ogni fascia di età, non solo nell’arco di tempo considerato ma negli ultimi cinquant’anni. La fotografia complessiva che emerge dalla ricerca è quella di un mondo più sano, in cui le persone vivono più a lungo (anche se il progresso non è uniforme in tutti i paesi, e anche se le maggiori aspettative di vita non escludono la condizione patologica). Per la prima volta, nel 2016, la mortalità infantile nella fascia di età inferiore ai cinque anni è scesa al di sotto dei 5 milioni e, con alcune notabili eccezioni come la dengue, i decessi provocati da malattie infettive sono ampiamente diminuiti.

Passando al dettaglio di alcune delle principali cause di mortalità, nel 2016 i decessi causati da HIV/AIDS sono stati 1 milione, 1,2 milioni quelli dovuti a tubercolosi e oltre 700.000 per la malaria. Il 72,3% delle morti globali (39,5 milioni di individui) deriva però da malattie non trasmissibili. Nei dieci anni compresi tra 2006 e 2016, le morti per cause cardiovascolari sono globalmente aumentate del 19%; i disturbi cardiovascolari risultano la principale causa di morte prematura in tutti i contesti a eccezione di quelli in cui l’Indice Socio-Demografico (ISD, unità di misura con cui si stima il grado di sviluppo di un paese) è a livelli più bassi. Il diabete ha causato 1,43 milioni di morti, con un incremento del 31% nell’ultimo decennio. I livelli di obesità continuano ad aumentare (fumo e regime alimentare inadeguato ne rimangono i maggiori fattori di rischio). Uno degli ambiti che, dal 1990 a oggi, presenta minori progressi è quello della salute mentale (la depressione risulta tra le prime dieci cause di morte in quasi tutti i paesi). La più diffusa causa di morte non correlata a patologie è invece attribuibile a guerre e terrorismo.

Tra le nazioni virtuose, in cui le aspettative di vita risultano superiori a quelle stimate sulla base dell’ISD, figurano Etiopia, Maldive, Nepal, Niger, Perù e Portogallo (che offriranno quindi una buona base come case study da approfondire).

Per la prima volta, in questa edizione del GBD, è stato misurato il progresso verso i Sustainable Development Goals 2030 (vedi): al momento, nessun paese risulta proiettato a raggiungere più di 13 dei 24 obiettivi previsti. Le performance migliori, in questo ambito, vanno attribuite a Singapore, Islanda e Svezia, le peggiori a Somalia, Repubblica Centro Africana e Afghanistan.

Una domanda importante a cui il GBD dà indirettamente risposta, o quanto meno elementi di non secondaria importanza su cui riflettere, è la seguente: entro il 2035 paesi poveri e paesi ricchi avranno la stessa aspettativa di vita? Così suggeriva il report 2013 della Lancet Commission on Investing in Health (Global Health 2035 – vedi), mentre secondo le stime del GBD l’obiettivo non è ancora così vicino e il quadro complessivo misto. Le evidenze a supporto di un progressivo avvicinamento non mancano ma in alcune aree permangono notevoli differenze, per cui viene suggerito alla Commissione di rivedere le proiezioni anche alla luce dei dati presentati. In particolare, si consiglia l’istituzione di un forum globale in cui gli esiti della ricerca vengano analizzati parallelamente alle implicazioni politiche e ai relativi provvedimenti. A tale scopo gli autori della ricerca sollecitano espressamente l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la Banca Mondiale e una serie di enti e agenzie tecniche collaterali.

Ultimo spunto, in prospettiva, è l’obiettivo di includere all’analisi del GBD i determinanti ambientali (“una delle sfide più emblematiche del nostro tempo”: le ripercussioni delle “minacce alla salute del pianeta” sulla salute degli uomini), cercando quindi di misurare l’intreccio tra cambiamento climatico, variazioni nella scala della biodiversità, consumo delle risorse e condizioni di vita della popolazione.

Di Sara Boggio


www.torinomedica.com

Autore: Redazione FNOMCeO

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