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Corte di Cassazione Civile: omessa diagnosi di neoplasia mammaria maligna

CORTE DI CASSAZIONE CIVILE  – Responsabilità medica: omessa diagnosi di neoplasia mammaria maligna. Concorso di colpe tra la struttura, che si avvale di un medico imperito, ed il medico stesso che omette di approfondire le analisi e di dare una diagnosi corretta (sentenza nr. 11363/14).

FATTO: 1. Con citazione del 25 ottobre 1995 —– convenne dinanzi al tribunale di Roma la società Centro radiologico diagnostica —– s.r.l. – da ora breviter CENTRO – e chiedeva che fosse accertata la responsabilità professionale per la ritardata diagnosi del tumore mammario, con la condanna al risarcimento di tutti i danni, biologici, morali, patrimoniali indicati in 700 milioni salvo migliore determinazione secondo equità. Deduceva l’attrice la responsabilità del CENTRO presso il quale si era recata nel —– e nel —– per un controllo mammografico, che era stato effettuato ma senza la diagnosi della neoplasia maligna, poi rivelatasi in sede di intervento chirurgico di mastectomia radicale del —–, presso l’ospedale di ——-. Il Centro si costituiva e contestava il fondamento delle pretese; con separata citazione conveniva dinanzi al tribunale di Roma il prof. ——- direttore sanitario e tecnico, per rivalersi in ordine ad eventuale condanna. Le cause venivano riunite ed era espletata consulenza medico legale sulla persona della parte attrice, che decedeva il ——-.Il processo veniva interrotto ed era riassunto dagli eredi. Il Tribunale di Roma con sentenza del 23 marzo 2001, respinte le eccezioni preliminari, accoglieva la domanda riassunta dagli eredi e condannava in solido il centro ed il medico, al risarcimento dei danni. Contro la decisione proponeva appello il —–, con eccezioni procedurali e contestando l’accertamento della responsabilità professionale; anche il Centro Radiologico proponeva appello incidentale, in adesione parziale allo appello del medico, salvo il diritto di rivalsa, e chiedeva il rigetto delle domande proposte dai —-.Si costituivano i —-, in proprio e quale esercente la patria potestà sulla minore —-, —- in proprio, chiedendo il rigetto degli appelli. La Corte di appello di Roma, con sentenza depositata il 20 marzo 2008, notificata il 26 marzo 2008, pronunciando sugli appelli proposti nelle cause riunite, in totale riforma della sentenza appellata rigettava le domande proposte in primo grado da —- in proprio e nella qualità nei confronti del centro radiologico srl e dichiarava inammissibile quella proposta nei confronti del —–; rigettava la domanda di manleva proposta dal centro nei confronti del —-; dichiarava interamente compensate tra le parti le spese del giudizio, ponendo le spese di CTU a carico delle dette tre parti in eguale misura. Contro la decisione hanno proposto:ricorso principale —-, —-, —-, con unico atto, deducendo tre motivi di censura; ricorso incidentale condizionato è state proposto dalle controparti. Tutte le parti hanno prodotto memorie. I ricorsi sono stati preliminarmente riuniti concernendo la stessa sentenza ed il medesimo fatto dannoso.

DIRITTO: La fattispecie si inquadra nel c.d. contatto sociale che è intercorso tra la struttura medica radiologica di alta specializzazione, il radiologo operante al suo interno, ed il paziente che riceve una prestazione errata e inadeguata, in quanto l’analisi radiologica, secondo l’arte medica al tempo esistente, doveva rilevare la presenza di cellule irregolari e tali da segnalare la esistenza di un tumore mammario. Esiste dunque il concorso di colpe tra la struttura, che si avvale di un medico imperito, ed il medico stesso che omette di approfondire le analisi e di dare una diagnosi corretta 

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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