Donna e ginecologa: intervista a Valeria Dubini, vicepresidente AOGOI

“La ginecologia spesso viene pensata come una specializzazione di ‘medici delle donne’. L’essere donna permette un punto di osservazione e di ascolto privilegiato, dà una maggiore capacità di decodifica delle richieste”. Lo dice Valeria Dubini vicepresidente dell’AOGOI, associazione ginecologi e ostetrici ospedalieri, comunità scientifica, con più di 5000 iscritti che ha celebrato i 60 anni di fondazione nel 2008.

Dottoressa Dubini, in ambito ostetrico-ginecologico, essere una donna medico in che modo migliora il rapporto con le pazienti?
C’è un continuo dialogo tra il nostro essere medici e il nostro condividere le esigenze delle nostre assistite: questo ci porta ad un approfondimento, ad una crescita continua e ad una vicinanza realmente empatica quando si parla di esperienze fatte spesso su noi stesse. In ambito ostetrico-ginecologico sono donne le nostre assistite, sono in prevalenza donne le ostetriche e le infermiere con cui collaboriamo, sono quasi il 50% le donne iscritte alla nostra società. La percentuale femminile è destinata ancora a crescere perché questa specializzazione è frequentata in prevalenza da donne.

Come ha già detto, le donne costituiscono quai il 50% dei soci AOGOI. Immaginiamo che la vostra voce sia molto ascoltata all’interno dell’associazione…
Nella nostra associazione, oggi, abbiamo due vicepresidenti donne e sempre più colleghe partecipano alle nostre attività, anche per la crescita di una forte componente territoriale. Sembra superato il distacco nei confronti delle società scientifiche, viste come luoghi di “poteri” di cui non si voleva essere partecipi. Ma vi è ancora difficoltà nel riconoscere la componente femminile come “risorsa” in grado di portare nuove energie e nuovi modi di interpretare le cose. Laura Reichenbach scriveva già nel 2004 in un editoriale pubblicato sul BMJ quanto fosse importante rappresentare più fedelmente quella che è la realtà, garantendo equità e possibilità di partecipazione (“gender equity”). In AOGOI siamo su questa linea: non ci interessa assicurare “gender equality” (uguale rappresentanza numerica per uomini e donne) ma lavoriamo per dare spazio a tutte le voci, perché è nella diversità che possiamo trovare nuova forza e ricchezza per tutti quanti.

Secondo lei, le donne medico sotto quali aspetti sono migliori dei colleghi uomini?
Trovo nelle professioniste donne elementi di grande equilibrio, che possono aiutare a ricostruire le basi troppo minate di un rapporto medico-paziente ancora improntato al paternalismo, per condurci verso una cultura più simmetrica e partecipata fatta di decisioni concordate. C’è spesso nelle donne una maggiore disposizione ad accogliere i problemi e comunicare le possibili opzioni nella scelta, una minore attrazione per il mito della tecnologia e un ridotto desiderio di presa di potere sulla natura, una maggiore tendenza alla prevenzione, una accettazione del limite e una minore “invasività.

Parliamo di violenza sulle donne: come viene affrontato il tema in AOGOI? Quali iniziative avete sviluppato negli ultimi anni?
Dal 2000 nella nostra associazione affrontiamo il tema della violenza cercando di sviluppare una competenza assolutamente trascurata nei nostri programmi di formazione. Abbiamo individuato nella violenza contro le donne la radice di molte patologie: non più dunque un problema solo sociale e psicologico ma un vero problema di salute, spesso evidenziato durante la gravidanza, periodo che crea con le donne continuità nel rapporto.
Per quanto riguarda le nostre iniziative, abbiamo creato una cartella clinica guidata per affrontare la violenza sessuale con strumenti che rendano più semplice il nostro intervento. Tale cartella consente una buona raccolta dei dati e dei reperti probativi. Abbiamo anche ipotizzato un kit che contenga tutto quanto occorre in caso di violenza sessuale, dall’intercezione postcoitale ai farmaci per la profilassi delle MST. Personalmente ho realizzato, come referente scientifico, un corso “violenza sulle donne” per l’AOGOI perché questi strumenti diventassero un pacchetto formativo ben utilizzabile.
Devo dire, comunque, che negli anni abbiamo visto crescere la consapevolezza riguardo al problema. Tutta la letteratura internazionale dimostra quanto il fenomeno della violenza non sia marginale e quanto siano importanti le ricadute sulla salute della donna e sull’aspetto riproduttivo. Basti pensare che in gravidanza la violenza sulle donne è più frequente del diabete gestazionale o della placenta previa e rappresenta la seconda causa di morte nel mondo. Non solo, è significativamente associata a ritardo di crescita intrauterino e a dolore pelvico cronico.
Ora vogliamo predisporre uno strumento diagnostico/terapeutico simile che ci aiuti nella rilevazione della violenza domestica, condizione che affligge molte donne e che comporta drammatiche ricadute sulla loro salute. Come “medici delle donne” ancora una volta dobbiamo imparare a farci carico di una salute globale delle donne. Sappiamo che si tratta di un terreno difficile e scivoloso, dove è necessaria l’attivazione di molte risorse e di una rete territoriale che offra risposte differenziate. Per questo stiamo lavorando anche in collaborazione con i medici del pronto soccorso, i medici di base, e tutte quelle figure che possono incontrare vittime di violenza domestica.

Autore: Redazione FNOMCeO

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