Cassazione Penale Sentenza n. 50975/17 – Responsabilità medica – Tumore pancreatico – “In tema di errore diagnostico, questa Corte ha chiarito – e va qui ribadito – che, in tema di colpa professionale medica, l’errore diagnostico si configura non solo quando, in presenza di uno o più sintomi di una malattia, non si riesca ad inquadrare il caso clinico in una patologia nota alla scienza o si addivenga ad un inquadramento erroneo, ma anche quando si ometta di eseguire o disporre controlli ed accertamenti doverosi ai fini di una corretta formulazione della diagnosi”.
FATTO E DIRITTO: La Corte di Appello di Bari, pronunciando nei confronti di M.V., con sentenza dell’11/7/2016 confermava la sentenza emessa in data 17/3/2015 dal GM del Tribunale di Bari (appellata dal PM, dal PG e dalle parti civili C.P. e C.A., che condannava al pagamento delle spese del grado di appello), con cui il suddetto imputato era stato assolto perché il fatto non sussiste dalla seguente imputazione:- del reato p. e p. dall’art. 589 c.p. poiché per colpa consistita in negligenza e violazione delle leges artis, cagionava la morte della sua paziente G.C., la quale aveva richiesto la sua prestazione professionale per la cura di una patologia che si manifestava tramite astenia, forti dolori addominali e calo ponderale, e che poi si sarebbe rivelata per "adenocarcinoma mucocosecernente ad origine pancreatica"; in particolare, a fronte di un quadro sintomatico lamentato dalla paziente e dopo la sottoposizione della stessa ad esami clinici da lui prescritti, le diagnosticava un’ernia iatale non disponendo di contro idonei accertamenti cito-istologici, che – qualora eseguiti tempestivamente – avrebbero rilevato con sensibile anticipo la natura della patologia da cui la G. era affetta (poi scoperta a seguito di accertamenti clinici a cui la stessa si era sottoposta di sua autonoma iniziativa) consentendole di ricorrere a protocolli terapeutici, p.es. resezione del pancreas, in grado di procurare la guarigione o di incrementare consistentemente le sue speranze di vita. Il P.G. ricorrente, richiamato l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte in relazione all’intempestiva diagnosi tumorale di cui alle sentenze 36603/2011 e n. 3380/2005, sottolinea che nel caso di specie, come sostenuto dai consulenti del P.M. e della parte civile, se l’imputato avesse tempestivamente messo in atto tutti i protocolli diagnostici necessari e doverosi in presenza anche del solo sospetto di un tumore pancreatico, trattandosi di una massa tumorale di dimensioni inferiori ai 2 cm. e senza metastasi in alcuno degli organi controllati, sarebbe stato possibile effettuare la stadiazione del tumore e procedere alla resezione chirurgica del pancreas o di parte di esso, con indubbi benefici per la paziente, derivandone, quanto meno, un rallentamento del decorso aggressivo della patologia con possibilità di sopravvivenza fino a cinque anni. Infatti, come emerso a dibattimento, il tumore, una volta individuato, viene classificato a mezzo stadiazione, ed in ben quattro dei diversi stadi della sua metamorfosi (stadio 0, stadio 1^, T1 e T2, stadio 2^), può procedersi ad intervento chirurgico, con possibilità, nel 35% dei casi, di sopravvivenza nel lungo periodo. La motivazione della sentenza impugnata, come si avrà modo di evidenziare, è contraddittoria e lacunosa. In tema di errore diagnostico, questa Corte ha chiarito – e va qui ribadito – che, in tema di colpa professionale medica, l’errore diagnostico si configura non solo quando, in presenza di uno o più sintomi di una malattia, non si riesca ad inquadrare il caso clinico in una patologia nota alla scienza o si addivenga ad un inquadramento erroneo, ma anche quando si ometta di eseguire o disporre controlli ed accertamenti doverosi ai fini di una corretta formulazione della diagnosi. Nel solco di tale giurisprudenza è stato perciò ritenuto che rispondesse di lesioni personali colpose il medico ospedaliero che, omettendo di effettuare i dovuti esami clinici, aveva dimesso con la diagnosi errata di gastrite un paziente affetto da patologia tumorale, così prolungando per un tempo significativo le riscontrate alterazioni funzionali (nella specie, vomito, acuti dolori gastrici ed intestinali) ed uno stato di complessiva sofferenza, di natura fisica e morale, che favorivano un processo patologico che, se tempestivamente curato, sarebbe stato evitato o almeno contenuto. I Collegio ribadisce che l’errore diagnostico del medico che consiste nell’intempestiva diagnosi tumorale è causa dell’evento dannoso in quanto "la stessa scienza medica (…) sostiene la necessità di una sollecita diagnosi delle patologie tumorali e rileva come la prognosi della malattia vari a seconda della tempestività dell’accertamento" (così la sentenza n. 36603 del 5.5.2011, Faldetta, non massimata) e che c’è responsabilità penale anche quando l’omissione del sanitario contribuisca alla progressione del male. Anche la sentenza delle Sezioni Unite del 2002, Franzese concludeva che, nel reato colposo omissivo, il rapporto di causalità è configurabile quando si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l’azione che sarebbe stata doverosa, l’evento avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva. In tema di nesso causale nei reati omissivi, in altri termini, non può escludersi la responsabilità del medico il quale colposamente non si attivi e contribuisca con il proprio errore diagnostico a che il paziente venga conoscenza di una malattia tumorale, anche a fronte di una prospettazione della morte ritenuta inevitabile, laddove, nel giudizio controfattuale, vi è l’alta probabilità logica che il ricorso ad altri rimedi terapeutici, o all’intervento chirurgico, avrebbe determinato un allungamento della vita, che è un bene giuridicamente rilevante anche se temporalmente non molto esteso. Il giudice del rinvio, stavolta in sede civile stante l’intervenuta prescrizione del reato, sarà dunque chiamato ad accertare, dandone adeguato conto in motivazione, se, in termini di elevata probabilità logica, qualora tempestivamente diagnosticata e trattata, la malattia tumorale da cui era affetta G.C. avrebbe comunque consentito alla paziente una sopravvivenza apprezzabile).