Cassazione Civile – Nesso causale tra l’omissione da parte del medico degli accertamenti diagnostici suggeriti dalla comune esperienza e l’evento dannoso. La Corte di Cassazione ha affermato che il nesso causale fra il comportamento del medico e l’evento dannoso va ritenuto esistente in ogni caso in cui il medico sia incorso nell’inadempimento degli obblighi a suo carico ed il danno verificatosi costituisca conseguenza probabile, pur se non certa, di quegli inadempimenti. (Sentenza n. 7354/15)
FATTO: Con atto di citazione notificato il 7 settembre 1992 G. G., in proprio e quale esercente la potestà parentale sui figli minori, I.G. e S., ha convenuto davanti al Tribunale di Siracusa la USL n. 25 di Noto e il dott. D. C., chiedendone la condanna in via solidale al risarcimento dei danni per la morte del marito, I.G., deceduto nella notte dell’8 giugno 1992 per collasso cardiocircolatorio, poche ore dopo che il dott. D. medico di guardia al Pronto soccorso dell’Ospedale di Noto – lo aveva visitato a seguito di un malore e dimesso con diagnosi tranquillizzante. Con sentenza n. 359/1998 il Tribunale ha condannato il dott. D. e la AUSL n. 8, in via fra loro solidale, a pagare agli attori in risarcimento dei danni la somma complessiva di L. 772.000.000, oltre interessi legali, e ha condannato le compagnie assicuratrici a rivalere i rispettivi assicurati.Il Tribunale si è attenuto alle conclusioni del CTU nominato in primo grado, il quale ha attribuito la causa della morte ad arresto circolatorio da fibrillazione ventricolare, presumibilmente provocata da infarto acuto del miocardio, pur non potendosi escludere altre cause. Ha ritenuto imprudente il comportamento del medico, per non avere disposto il ricovero del paziente in osservazione, dopo la prima visita, ritenendo che l’adozione di tempestivi provvedimenti terapeutici al primo insorgere del malessere avrebbero potuto evitare il decesso. Con atto notificato il 27 ottobre 1999 il dott. D. ha proposto appello, a cui hanno resistito gli appellati, ad eccezione della Ausl n. 8, rimasta contumace. Con sentenza 23 febbraio – 25 settembre 2007 n. 928, notificata il 20 febbraio 2008, la Corte di appello di Catania, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva della Ausl.Ha respinto tutte le domande proposte dagli eredi I. contro la ASL e contro il medico, nonchè le domande di rivalsa proposte da questi ultimi nei confronti delle compagnie assicuratrici, ritenendo che le relazioni peritali depositate in appello portino ad escludere il nesso causale fra il comportamento del dott. D. e la morte del paziente.G.G., I.G. e S. propongono tre motivi di ricorso per cassazione.
DIRITTO: La Corte di Cassazione afferma che il medico e l’Asl di Noto rispondono sulla base di titoli diversi: l’uno in forza del contatto sociale e l’altra in virtù del rapporto di spedalità. L’ ASL è qui chiamata a rispondere non per fatto proprio, bensì solo per le inadempienze del medico di cui si è avvalsa. Non si tratta, cioè, di una mera obbligazione solidale orizzontale (o semplice), ma di un obbligazione in cui la solidarietà ha struttura verticale; nel senso che uno dei convenuti in giudizio è chiamato a rispondere del comportamento altrui, e che il fatto determinante la responsabilità dell’uno è quello posto in essere dal comportamento dall’altro. Nel merito il motivo è fondato nei termini che seguono. La sentenza impugnata è pervenuta al giudizio di assoluzione dei convenuti disattendendo i principi più volte enunciati da questa Corte in tema di responsabilità contrattuale medicosanitaria, in base ai quali il nesso causale fra il comportamento del medico e l’evento dannoso va ritenuto esistente in ogni caso in cui il medico sia incorso nell’inadempimento degli obblighi a suo carico ed il danno verificatosi costituisca conseguenza probabile, pur se non certa, di quegli inadempimenti. La Corte di Cassazione prendendo in esame la sentenza impugnata rileva che essa é contraddittoria nella parte in cui dal premesso accertamento di una negligente omissione delle indagini diagnostiche alle quali ordinariamente si ricorre a fronte del sospetto di cardiopatie e di "delicati e complessi problemi di diagnosi differenziale", deduce un giudizio di incensurabilità della condotta del sanitario, non assistito da alcuna ulteriore considerazione. E’ apodittica nella parte in cui afferma la non incidenza eziologica della negligenza-imperizia di cui sopra sull’evento morte e dichiara che lo I. non avrebbe avuto possibilità di sopravvivenza neppure se fosse stato trattenuto presso l’ospedale: deduzione non assistita da alcuna attendibile dimostrazione e che è da ritenere arbitraria, soprattutto ove si consideri che meramente presuntivo e probabilistico è anche il precedente giudizio della Corte di appello secondo cui la morte sarebbe stata provocata da aritmia cardiaca anziché da infarto del miocardio: circostanza su cui si sono manifestate nel corso del giudizio notevoli disparità di opinioni fra i consulenti tecnici. La motivazione della Corte di appello non ha dato alcun conto delle ragioni per cui ha ritenuto di dover seguire l’uno dei pareri (fra l’altro minoritario) anziché l’altro; né ha sufficientemente motivato il suo convincimento circa l’insussistenza del nesso causale fra il comportamento del dott. D. e la morte dello I., nonostante i predetti inadempimenti. La Corte di appello non si è uniformata ai principi più volte affermati da questa Corte per cui, una volta accertati gli inadempimenti del medico ed accertato che l’evento verificatosi rientra fra i probabili effetti di quegli inadempimenti, il nesso causale fra la condotta omissiva e l’evento dannoso deve ritenersi esistente in tutti i casi in cui possa affermarsi, in base alle circostanze del caso concreto, che la condotta alternativa corretta avrebbe impedito il verificarsi dell’evento sulla base di un ragionevole criterio probabilistico (Cass. civ. S.U. 11 gennaio 2008 n. 576; Cass. civ. S.U. 11 gennaio 2008 n. 581 e n. 582 ed altre); il suddetto "standard" di "certezza probabilistica deve applicarsi anche quando vi sia un problema di scelta di una delle ipotesi, tra loro incompatibili o contraddittorie, sul fatto, con la conseguenza di dover porre a base della decisione civile la soluzione derivante dal criterio di probabilità prevalente, sulla base degli elementi di prova complessivamente disponibili (Cass. civ. Sez. 3, 5 maggio 2009 n. 10285). La sentenza impugnata non è quindi assistita da adeguata motivazione e deve essere per questa parte annullata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione, affinché riesamini la controversia e la decida uniformandosi ai principi sopra enunciati e con completa e coerente motivazione