Responsabilità medica – Sulla legge n. 24/17

Cassazione Penale Sentenza n. 28187/2017 – Responsabilità medica –  Sulla legge n. 24/17 – La nuova disciplina non trova applicazione negli ambiti che, per qualunque ragione, non siano governati da linee guida; e neppure nelle situazioni concrete nelle quali tali raccomandazioni debbano essere radicalmente disattese per via delle peculiarità della condizione del paziente o per qualunque altra ragione imposta da esigenze scientificamente qualificate. Inoltre, il novum non opera in relazione alle condotte che, sebbene poste in essere nell’ambito di approccio terapeutico regolato da linee guida pertinenti ed appropriate, non risultino per nulla disciplinate in quel contesto regolativo.

FATTO E DIRITTO: Il G.i.p. del Tribunale di Pistoia con la sentenza ex art. 425 cod. proc. pen., dichiarava non luogo a procedere nei confronti di (Omissis), perché il fatto non sussiste. Al prevenuto si contesta, quale medico psichiatra responsabile dell’ufficio Salute Mentale ASL 3 di (Omissis), che aveva in cura il paziente (Omissis), nonché quale psichiatra di riferimento del piano riabilitativo redatto per il richiamato paziente, di avere colposamente posto in essere, ai sensi dell’art. 589 cod. pen., una serie di condotte attive ed omissive, da qualificarsi come condizioni necessarie perché il (Omissis) ponesse in essere il gesto omicidiario nei confronti di (Omissis), che unitamente all’imputato, era stato inserito nella struttura residenziale OSEA, dell’Associazione "Un Popolo in cammino", a bassa soglia assistenziale. (Omissis) infatti, in data 16.01.2014, ebbe a sferrare numerosi colpi al capo e al collo del (Omissis), con un’ascia lasciata incustodita presso la richiamata struttura, solo perché infastidito dal comportamento della persona offesa. Il giudicante effettua primieramente considerazioni di ordine critico sulla stessa ammissibilità del concorso del reato colposo in quello doloso, pure considerando che tale configurazione trova cittadinanza nel diritto vivente. Ciò posto, il G.i.p. ripercorre dettagliatamente il vissuto clinico del (Omissis) dal mese di luglio del 2011 sino alla notte del 16 gennaio 2014 in cui venne compiuto il gesto omicidiario, osservando che le scelte effettuate dallo psichiatra (Omissis), in ordine al passaggio dal regime di internamento del (Omissis) a quello della libertà vigilata ed alla riduzione del trattamento farmacologico, appaiono immuni da errori di diagnosi. Il giudice considera che a posteriori le scelte effettuate dall’odierno imputato sono risultate oggettivamente inadeguate a contenere la perdurante pericolosità del (Omissis), soggetto che sedici anni prima aveva commesso un altro omicidio. Non di meno, in sentenza si rileva che nella condotta dell’imputato non emergono profili di rimproverabilità colposa e che l’azione dello psichiatra non può considerarsi come causa scatenante dell’imprevedibile gesto omicidiario. I cenni che precedono, circoscritti all’esame strutturale della posizione di garanzia assunta dallo psichiatra nell’ambito della relazione terapeutica, rendono evidente la peculiare rilevanza che, nel caso di specie, assume la verifica del rispetto, da parte dell’imputato, di eventuali codificate procedure formali ovvero di protocolli o linee guida: si tratta di parametri che possono svolgere un ruolo importante, quale atto di indirizzo per il medico e quindi nel momento della verifica giudiziale della correttezza del suo operato. Come si vede, l’analisi delle linee guida che risultino adeguate al caso concreto, assume certa rilevanza, nell’orizzonte del giudice chiamato a celebrare nuovamente l’udienza preliminare, in sede di giudizio di rinvio. Le linee guida, invero, offrono al giudice un estrinseco parametro di riferimento, che garantisce maggiore tassatività nella valutazione degli eventuali profili di colpa del sanitario. E d’altra parte alle linee guida affida uno speciale, riconosciuto ruolo l’art. 3, d.l. 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, che, come sarà meglio esposto nel prosieguo, pur essendo stato abrogato, trova ancora applicazione ai sensi dell’art. 2 cod. pen., essendo più favorevole rispetto alla normativa sopravvenuta. Il tema della responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, per i reati di omicidio colposo e di lesioni colpose è stato oggetto di un ulteriore intervento normativo, con il quale il legislatore ha posto mano nuovamente alla materia della responsabilità sanitaria, anche in ambito penale. Il riferimento è alla legge 8 marzo 2017, n. 24, recante Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie, pubblicata in G.U. Serie Generale n. 64 del 17.3.2017, entrata in vigore in data 01.04.2017. Ai fini di interesse, viene in particolare rilievo l’art. 6 della citata legge n. 24 del 2017, che ha introdotto l’art. 590-sexies cod. pen., rubricato Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario. Le linee guida hanno contenuto orientativo, esprimono raccomandazioni; e vanno distinte da strumenti di "normazione" maggiormente rigidi e prescrittivi, solitamente denominati "protocolli" o check list. Esse non indicano una analitica, automatica successione di adempimenti, ma propongono solo direttive generali, istruzioni di massima, orientamenti; e, dunque, vanno in concreto applicate senza automatismi, ma rapportandole alle peculiari specificità di ciascun caso clinico. Potrà ben accadere che il professionista debba modellare le direttive, adattandole alle contingenze che momento per momento gli si prospettano nel corso dello sviluppo della patologia e che, in alcuni casi, si trovi a dovervi addirittura derogare radicalmente. Chiarito il ruolo delle linee guida, va aggiunto che esse non esauriscono la disciplina dell’ars medica. Tuttavia, è ragionevole prevedere ed auspicare che il catalogo delle linee guida accreditate sarà rapidamente attuato, in conformità all’alto interesse ed alla centralità del tema nel quadro della riforma voluta dalla legge. Dunque, in questa prima analisi della riforma è sufficiente soffermarsi sul nucleo della novella, costituito, appunto, dal regime delle raccomandazioni "ufficiali". Tutto quanto esposto, naturalmente, ha rilevanti ricadute nella gestione del giudizio penale. Come si è rilevato, già la legge n. 189 del 2012 aveva posto in luce l’importanza delle direttive consacrate dalla comunità scientifica, ma la doverosa attenzione alla volontà del legislatore impone di sottolineare, valorizzare e tradurre in chiave operativa l’istanza di determinatezza, chiarezza, prevedibilità che promana dalla riforma. La proposta ricostruzione della novella implica problemi di diritto intertemporale con riferimento ai fatti commessi in epoca anteriore. Anche a tale fine, occorre sintetizzare i passaggi di maggior rilievo dell’analisi sin qui prospettata. Dunque, la nuova disciplina non trova applicazione negli ambiti che, per qualunque ragione, non siano governati da linee guida; e neppure nelle situazioni concrete nelle quali tali raccomandazioni debbano essere radicalmente disattese per via delle peculiarità della condizione del paziente o per qualunque altra ragione imposta da esigenze scientificamente qualificate. Inoltre, il novum non opera in relazione alle condotte che, sebbene poste in essere nell’ambito di approccio terapeutico regolato da linee guida pertinenti ed appropriate, non risultino per nulla disciplinate in quel contesto regolativo. Nuovamente, per semplificazione, si richiama il caso dell’errore di esecuzione dell’atto chirurgico. La Corte ha annullato la sentenza con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Pistoia).

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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