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Italia e migranti: quale ruolo per il medico?

"La storia dell’emigrazione non è solo la storia delle persone che emigrano ma è anche la storia dei territori in cui si recano e dell’impatto che hanno sui territori stessi"Thomas Sowell

Si è svolto presso l’Ordine provinciale dei Medici e degli Odontoiatri di Pescara un incontro sul tema "Immigrazione e vulnerabilità" con l’obiettivo di migliorare l’accoglienza e la salute dei migranti, di conoscere la loro presenza sul territorio e di far emergere problematiche silenti. È stato un incontro fra il sociale e il sanitario, con medici, giuristi, associazioni e cittadini interessati. Ospiti sono state persone competenti nell’emersione delle vulnerabilità e fragilità, di origine abruzzese, con esperienze lavorative a Roma e Parma: Giancarlo Santone coordinatore centro Il SaMiFo (Salute per Migranti Forzati) servizio sanitario riservato a richiedenti asilo e rifugiati nato dalla collaborazione tra l’Associazione Centro Astalli e l’Azienda di Sanità Pubblica ASL RM A e Adele Tonini, Coordinatrice scientifica del CISS Coordinamento interdisciplinare socio-sanitario, nato fra l’Azienda sanitaria di Parma e il Centro immigrazione, per una più puntuale assistenza ai rifugiati politici che hanno subito violenze nei Paesi d’origine.

Con loro ci siamo affacciati nella complessa realtà delle migrazioni e sui bisogni di salute che ne derivano: bisogni aspecifici e specifici per gli esiti di traumi multipli, stratificati nel tempo, e delle torture che spesso i migranti hanno nella loro storia. Con loro abbiamo affrontato le modalità per formare personale sanitario e sociale, creare reti, servizi dedicati e progetti specifici come il progetto Salut-are, (finanziato dal Fondo Europeo Rifugiati che prevede, percorsi formativi per il personale dei servizi socio-sanitari, e la presa in carico di richiedenti e titolari di protezione internazionale). Don Marco Pagniello, direttore della Caritas diocesana di Pescara-Penne a conclusione dell’incontro ha detto: “Vorrei portare, in questo contesto protetto, la testimonianza di alcune delle donne che abbiamo accolto nel nostro Centro SPRAR. Queste donne, quasi tutte africane, arrivano gravide senza sapere chi sia il padre del loro bambini, certamente una di quelle persone che le hanno “aiutate” ad arrivare in Italia. Hanno pagato denaro per il viaggio e hanno ricevuto violenza. Noi le aiutiamo a gestire una maternità e una nascita in Italia. Altro grande problema è il disagio mentale di questi migranti. Difficile da approcciare e capire. Trovo le esperienze di altre regione avanti anni luce rispetto a noi, che abbiamo la necessità di uno scatto culturale e ringrazio l’Ordine dei medici per la proposta di collaborazione. Insieme potremo tessere un lavoro che coinvolga le istituzioni, creando un sistema dell’accoglienza che superi le sole logiche del Pacchetto sicurezza".

In Italia gli immigrati sono circa l’8% della popolazione, e il 10% della forza lavoro. Collocati nelle fasce basse dell’occupazione e del reddito, consumano meno risorse pubbliche di quante ne producano. A lungo terra di emigrazione l’Italia, alla frontiera meridionale dell’Europa, è diventata un paese di destinazione sia per rifugiati sia per migranti economici.  Secondo le stime Caritas, gli stranieri nel nostro paese sono cinque milioni; per l’Istat il numero varia leggermente: gli stranieri residenti in Italia al 1° gennaio 2011 sono 4.570.317 e al 1° gennaio 2012, regolarmente presenti in Italia vi erano 3.637.724 cittadini non comunitari. Mentre si riducono i permessi rilasciati per lavoro o ricongiungimento aumentano quelli rilasciati per asilo e motivi umanitari che passano da 10.336 nel 2010 a 42.672 nel 2011. Nel 2011 anche 18mila tunisini hanno avuto un permesso per motivi di protezione umanitaria temporanea. I richiedenti asilo sono immigrati forzati, in fuga dai loro paesi, quasi sempre immigrati irregolari privi di documenti.

Se il diritto di asilo è tra i diritti fondamentali riconosciuti dalla nostra Costituzione, per il riconoscimento dello status di rifugiato il singolo richiedente deve aver subito, o avere il fondato timore di poter subire, specifici atti di persecuzione. Per il riconoscimento l’Italia si rifà alla Convenzione di Ginevra del 1951, ratificata nel 1954, relativa allo status dei rifugiati per la quale l’irregolarità non è ostativa alla richiesta d’asilo.

Anche il diritto d’asilo si è evoluto attraverso l’esame di richiedenti asilo maschi e della loro attività. Nella convezione di Ginevra per i rifugiati non vi sono riferimenti al tema della protezione di genere. Si è fatto per anni solo riferimento alla sfera pubblica: il rifugiato era chi “eroicamente” cerca di affermare la propria individualità contro uno stato oppressivo. Le donne rifugiate e richiedenti asilo sono scappate dai loro paesi per non obbedire a leggi discriminatorie o pratiche umilianti e dannose, non subire soprusi sessuali, per non subire matrimoni forzati o mutilazioni. Nel viaggio di avvicinamento non sono protette verso le violenze, e giunte in Italia mancano di informazioni sufficienti per la richiesta di protezione.

Oggi in Italia le donne sono il 47% dei rifugiati. Sono dati non certi ma i rifugiati riconosciuti e residenti in Italia sembrano essere oltre 14.000 (0,25% della popolazione totale). Nell’Unione Europea sono presenti 1.6 milioni di rifugiati: la Svezia ospita 15 rifugiati ogni 1.000 abitanti, Germania e Paesi bassi ospitano circa nove abitanti/1000.

In Italia solo il 5% delle domande dei richiedenti asilo ha esito positivo. In Italia sono previste Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo (C.A.R.A) e un Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) che si poggia sulla rete degli enti locali e dei servizi esistenti sul territorio.  Diversi sono le logiche e anche i costi: oltre 40 euro al giorno per la permanenza nei C.A.R.A, poco più di trenta euro al giorno per il sistema SPRAR. Spesso i tempi lunghi inducono il richiedente a lasciare il paese o a entrare nella clandestinità.

Quale è il ruolo del medico rispetto alla presenza straniera in Italia e l’evoluzione delle migrazioni? La figura del medico è importante negli accordi di integrazione che prevedono, nel corso di tre anni l’acquisizione di punti per momenti di inserimento come la conoscenza della lingua, l’iscrizione al SSN e la scelta del medico di base. Inoltre i richiedenti asilo e titolari di protezioni hanno diritto all’iscrizione del SSN. Molti sono i fattori di rischio per la salute degli immigranti: fattori di rischio propri della povertà, mancanza di supporto psicoaffettivo, sradicamento culturale, barriere giuridiche, burocratiche, organizzative, relazionali. Spesso i migranti sono portatori di traumi. Traumi stratificati e multipli, recenti e passati, che aumentano la vulnerabilità perché per tutti non vi può essere salute senza salute mentale.

Vi è un altro aspetto misconosciuto dell’universo migrante: la tortura, pratica comune in molte parti del mondo, che coinvolge uomini, donne, bambini, anziani. Fra i richiedenti asilo il 35 – 30 % sono sopravvissuti alla tortura. Nel 2004 si stima che fossero oltre 500.000 le persone sopravvissute alla tortura regolarmente presenti negli USA. Non può essere conosciuto l’esatto numero delle vittime di tortura per la difficoltà emozionale delle vittime e il desiderio di dimenticare l’esperienza subita, la scarsa sensibilità politica, la disorganizzazione dei centri accoglienza e la carente preparazione professionale degli operatori. Inoltre le donne non desiderano rivelare la violenza, che in molte culture è motivo di esclusione sociale. Una nuova vita, in paese diverso, può diventare occasione per dimenticare. La tortura è un processo complesso, definita dalla Convenzione ONU, 10 dicembre 1984. Ancora oggi l’Italia non ha recepito nel suo ordinamento il reato di tortura. Il Protocollo di Istanbul del 2008 è un Manuale per un’efficace indagine e documentazione di tortura o altro trattamento o pena crudele, disumano o degradante include nel concetto di tortura diverse tipologie di maltrattamento. La tortura sessuale che potrebbe rientrare nelle torture fisiche è descritta separatamente per il grande impatto sociale e psicologico che causa.

Marcelo Viñar, psicanalista uruguayano riconosciuto rifugiato in Francia, ha così definito la tortura “ogni comportamento intenzionale, qualunque siano i metodi utilizzati, che ha il fine di distruggere il credo e le convinzioni della vittima per privarla della struttura di identità che la definisce come persona”. Anche per la tortura possiamo fare una lettura di genere ricordando i tanti stupri etnici (Bosnia tra le 20.000 e le 50.000 donne musulmane; Rwanda secondo il rapporto ONU nel 1996: 25.000 vittime di tortura sessuale; Congo tra il 1998 e il 2005: 40.000). La violenza sessuale contro le donne (adulte e bambine) è diventata un’arma di guerra.

Grande visibilità hanno assunto le donne nel contesto delle nuove guerre e nella primavere araba. Sono in corsi cambiamenti culturali : le donne in Iran oggi hanno lo stesso uso di contraccettivi che avevamo noi venti anni fa e nel Kuwait scommettono sulla possibilità di mettere insieme islam e femminismo. Facciamo quindi leva sulla capacità di ‘agency’ e di resilienza della donna stessa e non pensiamo alle donne che sono riuscite a superare tutte le difficoltà della fuga, magari con figli, solo come a vittime.

Comprendere la realtà dei migranti significa assumere la centralità della persona come soggetto detentore di diritti e non oggetto di assistenza caritatevole. Comprendere la loro realtà diventa anche metafora per quello che potrebbe avvenire nelle fasce più deboli della nostra popolazione e ci avvicina a tutte quelle persone che sono oggi in condizioni di vulnerabilità per una quotidianità insicura e rischiosa. Il diritto alla salute, intesa come “il più elevato livello dello stato di salute raggiungibile dalla persona”, è definito fondamentale dalla Costituzione e non può essere eroso da considerazione esclusivamente economiche.

Autore: Redazione FNOMCeO

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