Nel giorno in cui migliaia di studenti sono
impegnati nei test di medicina, l’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri
della Provincia di Bari rilancia la proposta di una revisione dei meccanismi di
ammissione al corso di studi e più in generale del percorso formativo.
“Il numero chiuso non gode di grande favore, né rappresenta una soluzione equa, ma è difficilmente superabile nel momento incui in un’Università come Bari i posti a disposizione sono meno di 1 ogni dieci iscritti al test” – ribadisce Filippo Anelli, Presidentedell’Ordine – “Si deve, inoltre,ripensare radicalmente il percorso formativo, con un anno uguale a tutte le professioni sanitarie e parasanitarie e una selezione in base agli esami sostenuti, che indirizzi verso percorsi differenziati. Un’alternativa può essere rappresentata da una modifica strutturale della scuola secondaria”
L’Ordine propone un sistema di crediti formativi che trasformi l’ultimo biennio della scuola secondaria superiore in un percorso propedeutico a determinate facoltà. In questo modo, la selezione non viene effettuata in base ad un test nozionistico di poche ore, ma in base ad un percorso di studi protratto nel tempo, oltre che al voto di maturità. I test non funzionano, non solo perché non valutano in modo equo ed efficace i candidati, ma anche perché sono costantemente esposti – come hanno dimostrato i casi degli ultimi anni – a ricorsi, che finiscono con l’essere accolti e vanificare il numero chiuso, mettendo a repentaglio laqualità della didattica e le sue condizioni materiali di svolgimento.
A questo si può aggiungere l’estensione della sperimentazione del cosiddetto “liceo internazionale” di 4 anni. Il percorso quadriennale permette infatti di allineare il nostro sistema scolastico alla maggior parte dei paesi europei, in cui i ragazzi accedono all’Università a 18 anni, anziché a 19.
Anticipare di un anno l’ingresso alla Facoltà di Medicina è importante perché consente agli studenti italiani di avere le stesse condizioni di partenzadei loro colleghi europei. In Germania i medici entrano nel mondo del lavoro a 26 anni, in Francia e Inghilterra tra i 26 e i 28 anni, mentre in Italia riescono ad accedere alla professione solo tra i 31 e i 32 anni. La libera circolazione dei medici, così come dei pazienti, fa infatti dell’Europa un unico grande mercato in cui i professionisti del nostro paese devono confrontarsi con francesi, inglesi, tedeschi… In un contesto di questo genere è importante che possano accedere al corso di studi un anno prima, in modo da laurearsi edentrare nel mercato del lavoro alla stessa età dei loro colleghi europei. Inoltre, in ambito scientifico, è noto che la produttività di un ricercatore è più alta proprio nei primissimi anni, quando è più giovane. Anche per questo motivo l’abbreviazione del corso di studi è fondamentale.
La durata complessiva del corso di studi in medicina è da tempo al centro dell’attenzione dell’Ordine, che sta studiando modalità che possano evitare anche i tempi “morti” tra laurea, abilitazione e iscrizione alle scuola di specialità. “Stiamo immaginando, di concerto con la Fnomceo, un percorso che consenta di conseguire contestualmente laurea e abilitazione” – precisa Anelli– per rendere più immediato l’accesso al mondo del lavoro”. La riduzione del corsodi studi in medicina da 6 a 5 anni, insieme al corso di studi delle superiori in 4 anni, può portare ad anticipare di 2 anni complessivamente l’ingresso nel mondo del lavoro per i medici. Un fatto importante, anche per le ripercussioni sulla vita personale, oltre che per quella professionale: soprattutto per una donna entrare nel mondo del lavoro dopo i trent’anni ha forti ripercussioni sulla vita famigliare e su un’eventuale maternità. E circai 2/3 dei medici iscritti all’Ordine di Bari tra i 30 e i 34 anni sono donne.
“L’importante è che un futuro medico italiano sia ai blocchi di partenza insieme ai colleghi di altri paesieuropei. Soprattutto in un momento in cui si avverte in modo così acuto il problema della disoccupazione giovanile” conclude Anelli.
Ma la revisione delle modalità di accesso e della durata del percorso formativo deve andare di pari passo con una programmazione capace di individuare le reali esigenze del sistema sanitario sui territori. Solo così si possono evitare laureati sospesi nel limbo, impossibilitati ad accedere alle scuole di specializzazione o al corso in MG e medici specializzati costretti a emigrare all’estero.
Roberta Franceschetti
Ufficio Stampa Omceo Bari
Autore: Redazione FNOMCeO