• Home
  • News
  • Gli italiani, la salute e l’informazione in una fotografia già scattata da Umberto Eco 15 anni fa

Gli italiani, la salute e l’informazione in una fotografia già scattata da Umberto Eco 15 anni fa

Oltre la metà dei cittadini (54,3 %) non è soddisfatto del Servizio Sanitario Italiano ma il 45,6% degli italiani lo reputa in grado di tutelare la salute; una percentuale aumentata, anche se di poco, negli ultimi sei anni: nel 2010 i giudizi positivi erano pari al 41,7%.
Sono i dati principali resi pubblici dall’Eurispes attraverso il suo “Rapporto Italia 2017” (vedi). L’Eurispes, Istituto di Studi Politici, Economici e Sociali fondato e presieduto da Gian Maria Fara, è un ente privato che opera nel campo della ricerca politica, economica e sociale, dal 1982. Il suo racconto annuale del nostro Paese, attraverso il “Rapporto Italia” giunto alla 28a edizione è un appuntamento atteso: l’Eurispes ha infatti contribuito all’emersione di numerosi fenomeni sociali nascosti o poco noti, realizzando una vera e propria opera di “scouting sociale”. La sua attività ha contribuito ad esempio al varo della legge sull’obbligatorietà del casco, sulla pornografia, sull’alcol.
Uno dei fattori più importanti di insoddisfazione rilevati dall’Eurispes sono le lunghe liste d’attesa, fattore segnalato dal 75, 5% del campione intervistato. Il 50,5% nei risultati questa indagine preferisce generalmente rivolgersi agli ospedali pubblici per le cure specialistiche e interventi chirurgici, ma il 23,8% dichiara di non potersi permettere le cure private. Il 48,9% indica una scarsa disponibilità del personale medico ed infermieristico, nel 42,2% dei casi si denunciano strutture mediche fatiscenti, nel 41,8% condizioni igieniche insoddisfacenti e il 34,1% del campione dichiara di aver sperimentato nella sanità pubblica degli errori medici.
Altro capitolo dolente (spia di una crisi economica lunga che sembra non voler mollare la presa) la rinuncia alle cure sanitarie per mancanza di soldi: nell’ultimo anno il 31,9% dei cittadini ha rinunciato alle cure dentistiche, il 23,2% a fisioterapia-riabilitazione, il 22,6% alla prevenzione e il 17,5% ha sacrificato persino medicine e terapie.
Abbastanza sconfortante il capitolo dell’educazione sanitaria: il 57,8%, si dice fiducioso nell’efficacia dei vaccini antinfluenzali e il 73,9% si fida dei vaccini dell’infanzia. Si conferma poi il successo delle pratiche alternative: il 21,2% fa uso di medicinali non convenzionali (+6,7% rispetto al 2012). L’omeopatia è la pratica alternativa più diffusa (76,1%), la fitoterapia sembra praticata dal 58,7% degli italiani, l’osteopatia dal 44,8%, l’agopuntura dal 29,6% e la chiropratica dal 20,4%.
Altro capitolo della ricerca che fa riflettere è il rapporto tra italiani/salute e Internet.
Il 47,7% degli intervistati utilizza la Rete per cercare informazioni mediche e questa percentuale lievita al 64,4% tra i cittadini che hanno dai 18 ai 24 anni.
Molto interessante il ventaglio delle necessità coperte da questa frequentazione della Rete: il 91,5% cerca in Internet la spiegazione dei propri sintomi; il 79,9% consigli sulla salute ma il 50,7% decide durante la navigazione quali esami fare e il 47,4 quali farmaci assumere.
Gli ultimi dati, relativi all’ “automedicazione virtuale”, diventano ancora più chiari (e se possibile ancora più inquietanti) alla luce dei risultati di un’altra indagine demoscopica promossa da Ibsa foundation for scientific research  e presentato recentemente da Cittadinanzattiva (vedi). Oltre l’88% degli italiani, afferma questa ricerca condotta su un target di 802 individui (il 93,3% di questo gruppo è rappresentato da donne), naviga nel Web per trovare informazioni sulla salute e il 44% di chi naviga in Internet non lo ritiene rischioso, ignora o sottovaluta l’esistenza delle bufale in Rete e non controlla la veridicità delle fonti.
Molto interessante l’analisi del livello di affidabilità attribuita alla Rete da parte chi non focalizza l’attenzione sulle bufale. Nel campione, quelli tra  24-34 anni di età conservano un livello di diffidenza maggiore rispetto ai 45-54enni ma i più diffidenti sono gli ultra 65enni che hanno visto la nascita e l’affermazione del PC subendola prima di accettarla. Anche il titolo di studio in relazione alla diffidenza verso la Rete gioca un ruolo di preminenza quando si ricercano informazioni sulla salute: dubita il 96% dei laureati mentre lo fa soltanto il 24,5% di chi ha la 5a elementare.  Come riporta un articolo pubblicato su “La Repubblica.it” (R.it), “Scarsa anche l’attenzione verso le fonti: il 44% si affida per abitudine ai primi risultati della pagina con una differenza rilevante tra i 18-24enni (55%) e gli ultra 65enni (22,7%)”. Nulla di nuovo sotto il Sole: tutto era stato già previsto da Umberto Eco sin dai primordi dell’ “Era Web” e questo omaggio dell’Università di Pisa al semeiologo (vedi), è una summa di scritti e riflessioni pubblicati anche in francese almeno quindici anni prima.
“È soprattutto quando il cittadino è a caccia di informazioni sulla salute sul Web, e questo accade sempre più spesso, -continua R.it- che le nozioni di base diventano l’unica arma per difendersi da informazioni parziali o scorrette – spiega Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva – ma quando parliamo di ‘health literacy’ non ci riferiamo solo a questo: maggiori competenze significano anche un migliore rapporto tra medico e paziente. Un circolo virtuoso che spesso si traduce in una terapia più efficace e quindi una salute migliore. È una materia di cui in Italia si parla ancora troppo poco ma che ha e avrà una rilevanza sempre maggiore”. L’articolo on line conclude questa analisi consigliando di non vergognarsi di chiedere al medico di ripetere, se parla rapidamente o con termini troppo tecnici: “Farci accompagnare da qualcuno nelle visite più importanti –si può leggere- ripetere quello che si è capito rispetto alla patologia e al percorso di cura prima di congedarci dal medico; capire a cosa servono i farmaci che si prendono. Infine diffidare dei siti che dicono come curarci ma confrontarsi con un professionista da cui ricevere informazioni e le cure adatte alla sua condizione”.
La fotografia del rapporto che lega gli italiani alla tutela della propria salute, non può che terminare con una ripresa più articolata dell’analisi che Eurispes ha fatto in relazione alla disponibilità economica da dedicare alla spesa sanitaria individuale e familiare. Anche quest’ultimo studio testimonia lo stato di acuta sofferenza economica in cui continua a versare il Paese: il 41,9% degli italiani non può permettersi di curarsi e il 39,4% sprofonda nella fascia sociale della povertà per curare una malattia propria o di un familiare: un dato, questo, che ci avvicina pericolosamente a quanto avviene da decenni negli Usa dove i rischi per la salute sono maggiori per la classe media (dove a milioni rimangono senza assistenza perché spesso non sono in grado di stipulare le costose polizze assicurative sanitarie) rispetto alle fasce di popolazione meno ricche, che qualche tutela di welfare nel bene o nel male la conservano: ora, dopo lo smantellamento annunciato da Trump dell’ “Obamacare” vedremo cosa potrà accadere.
Da noi, poco più di una famiglia su quattro ha difficoltà a coprire le spese mediche (il 10,9% di chi ha chiesto soldi alle banche negli ultimi tre anni l’ha fatto per far fronte a spese mediche) e il 38,1% degli italiani è purtroppo costretto a tagliarle.
Se gli Usa piangono l’Italia di sicuro non ride.

Autore: Redazione FNOMCeO

© 2023 - FNOMCeO All Rights Reserved. Via Ferdinando di Savoia, 1 00196 ROMA CF: 02340010582

Impostazioni dei Cookie.