Report n. 25/2012
LISTE D’ATTESA DUE ANNI DOPO
Sono passati due anni da quando l’allora Ministro della salute, Ferruccio Fazio, con il Piano nazionale sulle liste d’attesa intimava: le visite devono essere effettuate entro 30 giorni e gli accertamenti diagnostici non oltre i 60.
Nell’anno 2012 per una gastroscopia si può aspettare anche 300 giorni a Bari, sette mesi per una ecografia all’addome a Torino, 323 giorni al Niguarda di Milano per lo stesso accertamento, mentre per una Tac del capo alla Asl Roma D si chiede di pazientare per 243 giorni. Alla Asl di Viterbo il sito della regione Lazio certifica che per una ecografia ostetrica si attendono 148 giorni e in ben sette Asl laziali si superano comunque i tre mesi.
“Stiamo elaborando i dati del nuovo rapporto Pit salute ma sin da ora posso anticipare che meno del 20% delle Asl rispetta i tempi d’attesa previsti dal Piano nazionale di Fazio e che, purtroppo, la situazione sta peggiorano, soprattutto nelle Regioni sottoposte a Piano di rientro dal deficit sanitario”, rivela il Coordinatore nazionale del Tribunale dei diritti del malato (Tdm), Giuseppe Scaramuzza.
La situazione peggiora, dunque, soprattutto in Piemonte, Lazio, Campania, Abruzzo, Molise, Puglia, Calabria e Sicilia, dove la politica dei tagli alla sanità si è fatta sentire in modo più pesante. L’allungamento delle liste d’attesa, è dovuta anche al fatto che si stanno chiudendo piccoli ospedali che comunque garantivano prestazioni diagnostiche e specialistiche senza però aprire strutture alternative nel territorio.
Situazione che sta diventando da allarme rosso soprattutto per gli accertamenti diagnostici. Il rapporto Pit salute del 2011 dava tempi di attesa medi di 12 mesi per una Moc, di un anno per una mammografia, 10 mesi per risonanze e tac, 6 mesi e mezzo per una colonscopia. Ma la situazione, evidenzia allarmato Scaramuzza, è peggiorata soprattutto per le ecografie, che prima richiedevano un’attesa media di 8 mesi e mezzo e che ora viaggiano su tempi di un anno e anche di più, tant’è che riceviamo moltissime segnalazioni di cittadini che rinunciano e vanno dal privato. Sempre più gettonato dal “popolo degli assistiti”, che per visite, ricoveri ed esami oramai spendono di tasca propria oltre 30 miliardi l’anno.
Del resto con i nuovi super ticket entrati in vigore la scorsa estate per una ecografia nel pubblico si va da un costo pari a 46 euro di Lazio e Campania ai 52,80 della Lombardia, mentre nel privato «low cost» si spende (relativamente) poco di più, 60-65 euro però con un vantaggio: non ci sono attese.
In realtà, per attendere un po’ meno rimanendo nel pubblico un’alternativa c’è: rinunciare alla struttura più vicino a casa e rivolgersi al Cup, il centro di prenotazione unificata, che come dimostra una recente indagine di Altroconsumo fa accorciare i tempi, anche se non sempre di molto, visto che a Torino per una ecografia si attendono sempre 4 mesi, mentre a Bari per una gastroscopia si prenota a 126 giorni.
Ma il problema, come denuncia il Tdm, è che nel Sud i Cup sono una sigla sconosciuta alla maggioranza delle Asl e i centri unici di prenotazione regionale, che dovrebbero offrire più alternative con tempi d’attesa ragionevoli, non sono stati istituiti in ben sette Regioni: Abruzzo, Calabria, Campania, Liguria, Piemonte, Sicilia e Veneto.
Roma 31/07/2012
Autore: Redazione FNOMCeO