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Abbandono del paziente psichiatrico: responsabilità del medico

Cassazione PenaleAbbandono del paziente psichiatrico  – Evento morte – Responsabilità del medico – La fattispecie di cui all’art. 591 c.p. (abbandono di minori e incapaci) è tale per cui chiunque sia la persona che, anche semplicemente di fatto, si trova a garantire l’incolumità fisica e/o psichica di un incapace, non può abbandonarlo, vale a dire non può cessare di esercitare la doverosa sorveglianza, volta ad impedire che il predetto causi danni a se stesso o agli altri. La Corte di Cassazione ha segnalato come l’abbandono per legge del modello di cura manicomiale con l’uso sistematico della coercizione e dell’isolamento interno ed esterno del paziente, non comporta il venir meno degli obblighi di cura e tutela del malato mentale, ma la custodia in strutture aperte richiede modalità diverse ed alternative, meno economiche, ma funzionali a contemperare il rispetto della libertà e dignità individuale e la protezione della persona da agiti auto ed etero lesivi, della cui verificazione in conseguenza dello stato di abbandono, rilevante per la configurabilità del delitto di cui all’art. 591 c.p. , deve rispondere il custode ed il personale medico e paramedico del reparto, "dove la protezione dell’ammalato doveva essere primieramente assicurata con la materiale vigilanza e con le innovative terapie farmacologiche-progressive nel dosaggio per arginare fasi accessuali della patologia".Sentenza n. 35814-15

FATTO: Con sentenza emessa in data 8 novembre 2010 il G.U.P. del Tribunale di Rimini all’esito del giudizio celebrato nelle forme del rito abbreviato, dichiarava gli imputati S.B. e B.M. responsabili del delitto di concorso in abbandono di persona incapace, loro contestato, perché, nelle rispettive qualità di responsabile del reparto di psichiatria e di coordinatore del personale infermieristico, addetto al medesimo reparto presso la struttura sanitaria "Il Sole s.r.l.", omettendo di sorvegliare e vigilare adeguatamente il paziente A.M., ricoverato in detto reparto e che avevano in cura e custodia, lo abbandonavano, e, esclusa l’aggravante contestata, li condannava alla pena di giustizia e al risarcimento danni nei confronti della costituita parte civile, mentre li assolveva dal restante delitto di omicidio colposo, contestato in alternativa come commesso in danno del predetto paziente.

DIRITTO: La Corte distrettuale ha fondato il giudizio di responsabilità a carico della ricorrente sul presupposto che, essendo la stessa la direttrice del reparto di psichiatria in assenza del primario e pur essendole note le carenze della struttura sanitaria, non avrebbe predisposto una vigilanza continuativa sul paziente A., coscientemente abbandonato a se stesso. La fattispecie di cui all’art. 591 c.p. è tale per cui chiunque sia la persona che, anche semplicemente di fatto, si trova a garantire l’incolumità fisica e/o psichica di un incapace, non può abbandonarlo, vale a dire non può cessare di esercitare la doverosa sorveglianza, volta ad impedire che il predetto causi danni a se stesso o agli altri. L’imputata aveva una posizione di garanzia a tutela della sicurezza e dell’incolumità del paziente del reparto cui era stata addetta. Alla stessa competeva la valutazione clinica e la responsabilità delle scelte terapeutiche e di trattamento durante il turno, per cui risulta giuridicamente corretta l’attribuzione della responsabilità per il suo abbandono per l’omissione consapevole delle misure che avrebbero consentito di contenerne la libertà di movimento e di allontanamento dal luogo di ricovero. A nulla rileva che altro medico non avesse adottato tali misure per i giorni antecedenti, che avrebbero potuto e dovuto essere imposte il giorno della scomparsa, né che la condotta tenuta sino a quel momento non avesse presentato anomalie. L’adozione di un sistema di cure su base volontaria e non imposta non esenta il personale medico ed infermieristico dal dovere giuridico di protezione e sorveglianza della persona loro affidata, specie se questa non può prestare alcuna valida collaborazione e non può badare a se stessa e se, come nel caso di specie, il suo ricovero non sia stato richiesto dalla stessa, né dai congiunti, ma disposto in via unilaterale dalla struttura sanitaria pubblica. La Corte di Cassazione ha segnalato come l’abbandono per legge del modello di cura manicomiale con l’uso sistematico della coercizione e dell’isolamento interno ed esterno del paziente, non comporta il venir meno degli obblighi di cura e tutela del malato mentale, ma la custodia in strutture aperte richiede modalità diverse ed alternative, meno economiche, ma funzionali a contemperare il rispetto della libertà e dignità individuale e la protezione della persona da agiti auto ed etero lesivi, della cui verificazione in conseguenza dello stato di abbandono, rilevante per la configurabilità del delitto di cui all’art. 591 c.p. , deve rispondere il custode ed il personale medico e paramedico del reparto, "dove la protezione dell’ammalato doveva essere primieramente assicurata con la materiale vigilanza e con le innovative terapie farmacologiche-progressive nel dosaggio per arginare fasi accessuali della patologia"

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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