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Luci e ombre della ricerca scientifica in Italia

Si è celebrata, per il terzo anno consecutivo, presso l’OMCeO di Bari la Giornata della Ricerca istituita dall’Ordine dei Medici di Bari sotto la direzione scientifica del Vice Presidente Franco Lavalle, per promuovere le attività scientifiche in ambito medico e premiare l’impegno dei giovani ricercatori sul territorio. “Uno stato che investe in innovazione e ricerca garantisce un futuro ai giovani e la crescita di una nazione. Crescita culturale, economica e di risultati. Il confronto fra i vari sistemi stimola la crescita di tutti, per cui fare rete è essenziale – sottolinea Lavalle – Il titolo del convegno di oggi ‘Ricerca: dall’intuizione al risultato. Esperienze a confronto’, è emblematico di quello che intendo per ricerca: innovazione, ideazione e non una copia dei lavori di altri centri”.

La giornata ha visto infatti un momento di eccellenza nel convegno a carattere internazionale “Ricerca: dall’intuizione al risultato. Esperienze a confronto”, aperto da Filippo Anelli, Presidente dell’OMCeO Bari che ha sottolineato come senza ricerca la medicina non possa esistere. “È importante rilanciare questo tema in una regione come la Puglia, che attraversa un momento difficile sia sul piano dell’assistenza sanitaria che su quello della ricerca. – ha sottolineato Anelli – Affinché la ricerca non sia sterile, occorre ricollegarla al mondo produttivo, soprattutto al sud che al momento dispone di risorse inferiori alle regioni settentrionali, a causa di una ripartizione iniqua del fondo sanitario, che avvantaggia il nord rispetto alle regioni meridionali. 15 anni fa, quando ci fu la riforma, il nord, che ha storicamente una popolazione più anziana, chiese alle regioni meridionali un atto di solidarietà, con criteri di ripartizione che di fatto avvantaggiavano il settentrione. In questi anni il nord ha costruito un sistema che funziona e attrae pazienti e quindi guadagna anche sulla mobilità dei pazienti provenienti dalle regioni meridionali. È ora di riequilibrare il sistema, stabilendo nuovi criteri di ripartizione, più equi. Solo così potremo rilanciare non solo il sistema sanitario, ma anche la ricerca scientifica e biomedica”.

Le differenze tra i sistemi sanitari delle diverse regioni è uno dei problemi che vanno affrontati anche secondo la Presidente della FNOMCeO, Roberta Chersevani, che ha presieduto il convegno manifestando apprezzamento per l’iniziativa e per la vitalità con cui l’Ordine barese stimola il dibattito su temi importanti come la ricerca scientifica, un potenziale volano capace di far ripartire l’economia del paese.

Una delle maggiori criticità per la ricerca in Italia emerse durante il convegno è l’emorragia di cervelli. Come ha sottolineato Loreto Gesualdo, Direttore della Scuola di Medicina dell’Università di Bari “le università sono invecchiate e noi perdiamo le risorse migliori. Abbiamo il dovere etico e morale di cambiare il sistema”. E anche in ambito accademico rimane quindi essenziale fare rete tra i vari dipartimenti, come evidenzia Roberto Perrone, Direttore del Dipartimento di Farmacia dell’Università di Bari, e scambiarsi esperienze per giungere a risultati più importanti.

Oltre che il basso tasso di investimento (solo l’1,3% sul PIL contro il 3% della media europea), la bassa attrattività internazionale e la scarsa capacità brevettuale, un altro problema della ricerca in Italia, come emerge dal Piano 2015-2020 per la ricerca del MiUR citato da Francesco Giorgino, delegato dell’Università di Bari alla Ricerca, è rappresentato dal mancato coordinamento tra ricerca e mondo produttivo, tra università e imprese. Pesa anche un eccesso di burocratizzazione, che rende spesso complessa e irta di ostacoli l’attrazione ma anche la gestione dei fondi. Qualcosa però sta cambiando, come dimostrano i tentativi dell’IRCCS oncologico di Bari di istituire insieme all’Università e alle imprese del distretto pugliese della meccatronica una Fondazione, capace di promuovere nuove modalità di collaborazione tra pubblico e privato. Fa ben sperare anche l’inserimento di dottorandi all’interno del mondo delle imprese – finora il grande assente nel mondo della ricerca in Italia – come ha raccontato Cecilia Laschi del Sant’Anna di Pisa, che ha fatto un’interessante panoramica delle nuove frontiere della robotica biomedica e della soft robotics, uno dei settori in cui l’Italia è all’avanguardia. E se non è facile avere i fondi, perché le call europee sono sempre più competitive, occorre sfruttare al meglio tutte le opportunità, tra cui quelle offerte dalle regioni, per evitare il paradosso che i finanziamenti a disposizione ritornino al mittente perché non utilizzati. I fondi POR, FSE e FESR rappresentano un’importante risorsa su cui il Sud può contare per portare avanti innovazione di prodotto e di processo, come ha sottolineato anche Giovanni Gorgoni, intervenuto in collegamento video al convegno. Il problema in Puglia, ha ribadito il Direttore Area Salite Regione Puglia, è governare il fermento creativo e fare in modo che i tanti semi germoglino, diventino piante e diano poi frutti. Finora è mancato il dialogo tra i diversi dipartimenti, tra domanda e offerta, per cui i risultati della ricerca non si sono poi tradotti in applicazioni con ricadute sul territorio. “La sfida ora è avere il coraggio di fare delle scelte – ha affermato Gorgoni – occorre scegliere su cosa puntare e concentrare gli sforzi a livello di ricerca e di sue applicazioni produttive”.

È inoltre emerso dal convegno il contrasto tra il sistema italiano e quello americano, raccontato dalla ricercatrice Anna Lasorella che lavora da anni negli USA come pediatra oncologica e attualmente è Assistant Professor alla Columbia University di New York. Fondi e condizioni di lavoro capaci di attrarre ricercatori da tutto il mondo, accompagnati da un metodo severissimo di reclutamento dei membri dell’apparato accademico, una grande mobilità e competizione a tutti i livelli di carriera, un’accountability che prevede verifiche costanti dei risultati e una responsabilità diretta nell’acquisizione dei finanziamenti per la propria ricerca. “Importa solo il curriculum, la vision del ricercatore e le potenzialità per il progetto di attrarre fondi per l’Università – ha raccontato Lasorella – La morte del ricercatore è rimanere dove è stato formato. La mobilità è fondamentale, perché la ricerca non è un lavoro come un altro. Se non si assumono rischi non si può fare ricerca. Per questo non riesco a capire quando in Italia sento dire che bisogna ‘stabilizzare’ i ricercatori”. Ma secondo Maria Svelto, Direttore del Dipartimento di Bioscienze, Biotecnologie e Biofarmaceutica dell’Università di Bari, calare il modello americano sul sistema italiano, sarebbe come far indossare un abito di Audrey Hepburn su un fisico di 80 chili. Il sistema della ricerca negli USA si inserisce in un sistema sociale e produttivo molto diverso da quello italiano. Occorre quindi valorizzare le peculiarità italiane, pensando che il nostro servizio sanitario offre per esempio, a differenza di altri, assistenza a tutti, indipendentemente dalle proprie condizioni economiche. Quello su cui bisogna insistere, secondo la Svelto, è la valutazione dei progetti di ricerca, sia in fase di selezione, che ex-post, per verificare che gli obiettivi siano effettivamente stati raggiunti. E ovviamente è importante cogliere tutte le opportunità, come ha sottolineato Walter Marrocco, responsabile scientifico FIMMG, che ha individuato nella ricerca in medicina generale in Italia una grande risorsa ancora poco sfruttata dal nostro paese, unica in Europa, grazie ad un sistema sanitario nazionale con distribuzione capillare.

In chiusura della giornata sono stati proclamati da Franco Lavalle, Vice Presidente dell’OMCeO di Bari e da Pietro Scalera, coordinatore del Corso di Medicina Generale e Consigliere dell’OMCeO di Bari, i vincitori del Premio OMCeO Bari per la Ricerca 2016 e del Premio per la Miglior Tesi in Medicina Generale, ai quali hanno concorso giovani ricercatori e corsisti della medicina generale iscritti all’Ordine di Bari.

Il Premio alla Ricerca è andato a Leonarda Rella per il lavoro su “MRI evaluation of post-mastectomy irradiated breast implants: prevalence and analysis of complication”. Il secondo posto è andato a Corinna Altini, con un lavoro sul carcinoma dello stomaco, mentre al 3° posto si sono collocati ex aequo Pietro Cirillo, Francesco Pesce, Carla Mastorilli e Andrea Ballini. Il primo premio per la miglior tesi in medicina generale è andato ex aequo a Lucia Marasciulo (tesi sull’applicabilità del Test MNA in medicina generale) e Katia Lofano (tesi sull’appropriatezza prescrittiva dell’endoscopia). Al secondo posto Maria Cacciapaglia. Una menzione speciale è invece stata assegnata a Francesca Centrone, con una tesi in medicina di genere focalizzata sul diabete.

(30 Maggio 2016)

Autore: Redazione FNOMCeO

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