Cassazione Civile – L’importanza della consulenza tecnica d’ufficio nell’accertamento della responsabilità professionale del medico – La Corte di Cassazione ha affermato che il giudice, una volta ritenute "non motivate" le conclusioni del CTU, non può per ciò solo ritenerle erronee, ma deve spiegare perché le condivide o perché non le condivide; ovvero in alternativa disporre il rinnovo della consulenza tecnica d’ufficio (Sentenza n. 4937/15)
FATTO: Nel 2003 C.G. convenne dinanzi al Tribunale di Roma G.M., allegando che nel 1999 si era sottoposta ad un intervento di correzione della miopia con tecnica "Lasik", eseguito dal convenuto e in seguito all’intervento patì una infezione da pseudomonas, che la costrinse al trapianto delle cornee. Chiese pertanto la condanna del medico convenuto al risarcimento del danno. G.M. si costituì negando la propria responsabilità e in subordine chiedendo di essere tenuto indenne dal proprio assicuratore della responsabilità civile, la Milano s.p.a., che provvide a chiamare in causa. Con sentenza 12.12.2005 n. 26359 il Tribunale rigettò la domanda, ritenendo non provata la colpa del medico. La sentenza, appellata dalla soccombente, venne confermata dalla Corte d’appello di Roma con sentenza 20.9.2011 n. 3797. Con tale decisione la Corte d’appello, pur modificando in parte la motivazione del Tribunale, tenne fermo il decisum, e rigettò la domanda ritenendo non provato che l’infezione avvenne a causa dell’intervento, piuttosto che durante la convalescenza e per altre cause. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da C. G. Ha resistito con controricorso G.M..
DIRITTO: La ricorrente lamenta tra l’altro che la Corte d’appello ha disatteso immotivatamente le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio. La Corte d’appello ha ritenuto non condivisibile la consulenza tecnica d’ufficio sul punto dell’esistenza del nesso di causa. Il consulente tecnico d’ufficio aveva risposto ai quesiti postigli dal giudice ritenendo sussistente il nesso di causa tra l’operato del medico e il danno lamentato dalla paziente. La Corte di Cassazione rileva che la Corte d’appello ha ritenuto non condivisibile questa conclusione, senza però spiegare le ragioni del proprio dissenso. La Corte d’appello di Roma ha affermato essere insussistente la prova d’un valido nesso di causa tra l’operato del medico ed il danno lamentato dalla paziente e ha giudicato "apodittico" il giudizio espresso dal CTU e quindi ha ritenuto non credibile la relazione di consulenza con conseguente mancanza dell’esistenza del nesso causale. La Corte di Cassazione evidenzia che tale motivazione sia chiaramente illogica. Infatti il giudice, una volta ritenute "non motivate" le conclusioni del c.t.u., non può per ciò solo ritenerle erronee, ma deve spiegare perché le condivide o perché non le condivide; ovvero in alternativa disporre il rinnovo della c.t.u.. Che una relazione peritale non sia motivata, infatti, non comporta di necessità che le risposte in essa contenute siano erronee; così come, del resto, anche una relazione di consulenza logicamente motivata può concludersi con risposte erronee nel merito. L’erroneità della consulenza e la sua insufficiente motivazione sono vizi diversi, sicché dall’esistenza dell’uno non può farsi discendere per questa sola ragione l’esistenza anche dell’altro. L’errore logico della sentenza è dunque consistito nel ritenere erronea nel merito una relazione che era immotivata, senza disporne la rinnovazione e senza indicare le ragioni per la quali le conclusioni del c.t.u., oltre che immotivate, dovessero altresì ritenersi scientificamente scorrette. La sentenza va dunque cassata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, la quale nel sanare le mende motivazionali della sentenza cassata avrà cura di indicare analiticamente le ragioni per le quali la consulenza tecnica d’ufficio debba o non debba reputarsi scientificamente erronea, nella parte in cui ha ritenuto sussistente un valido nesso di causa tra la condotta del convenuto G. M. ed il danno lamentato dall’attrice