Frullini: leadership, da Caserta a Firenze

A Firenze la riflessione sulle apicalità delle donne in ambito medico sarà diffusa ed approfondita, con intenzione di offrire strumenti di consapevolezza culturale e tecnica “sulle necessarie informazioni legislative, sui profili della leadership al femminile, sulle motivazioni alla crescita personale della donna, sul conseguente processo di trasformazione organizzativo e sulla spinta alla costruzione di reti di sostegno”. Vale la pena ricordare che un intervento dal titolo "Leadership al Femminile" era già stato presentato al convegno di Caserta 2007, Medicina e Sanità declinata al femminile. Ne parliamo con la relatrice di allora Annarita Frullini, membro dell’Osservatorio sulla femminilizzazione della professione e consigliera OMCeO di Pescara.

Dottoressa Frullini, il simposio di Firenze giunge quattro anni dopo Caserta: cosa è cambiato in questi anni?
La mia relazione era centrata sulla scoperta e sulla valorizzazione delle differenze tra “maschile e femminile” perché i medici, tutti, ritrovassero un ruolo di guida e di opinon leader. Oggi si tende sempre più a parlare di leadership diffusa e intermedia, con strutture gerarchiche inglobate all’interno di una rete fluida di contatti e relazioni. Si attribuisce maggior valore al sistema di team e alla composizione di una squadra, meno all’eccellenza dei leader che mantengono valore e responsabilità, ma dipendono, e sono in parte influenzati, dai propri seguaci. Si ritiene anche che i gruppi per funzionare debbano avere una trama di rapporti significativi tra le persone e azioni coordinate in vista degli obiettivi comuni. E le donne, se ancora non hanno imparato a fare squadra, saranno penalizzate. Dalle differenze si è passati a sottolineare uguaglianze, forse grazie all’aumento della presenza femminile, costante e crescente.

Si parla di femminilizzazione della professione, ma non sempre conosciamo gli effettivi “confini esistenziali” del fenomeno…
Abbiamo scarsi dati e molte intuizioni sulle nuove generazioni di donne medico. Siamo di fronte a donne che sanno riconoscere il proprio valore e che hanno nella dimensione lavorativa le stesse poche certezze e degli uomini, ma dobbiamo riflettere sui cambiamenti in atto quando una trentenne dice “mi sento più vicina a un coetaneo uomo piuttosto che a una donna di quaranta anni” o quando una ventenne afferma…”non ho ancora deciso se voglio dei figli ..quello che è certo è che se vorrò essere madre voglio esserlo entro i trenta anni”. La scarsa conoscenza delle realtà lavorative al femminile non riguarda solo il mondo della sanità ed è perciò importante fare il punto con altri ordini professionali, come si sta facendo in molte città a cominciare da Reggio Emilia dove Maria Brini vice presidente OMCeO ha realizzato, da anni, una rete fra ordini e collegi professionali chiamata – profess@re al femminile – per incidere sulle organizzazione del lavoro.

Cosa si aspetta dai lavori di Firenze?
Da un punto di vista tecnico mi aspetto utili indicazioni dalle relazioni sui temi delle trasformazioni organizzative nella sanità che riguardino i generi e le generazioni. Dico generi perché rimangono forti le differenze di genere nell’espressione dell’agio e del disagio lavorativo, ma non esistono differenze di genere significative sulla percezione del benessere personale e della struttura lavorativa.

Rimanendo, in conclusione, su questa sua ultima osservazione: ma la donna può “fare la differenza”?
Come donne possiamo certamente essere disponibili a fare, con consapevolezza e responsabilità, la nostra parte. Ma non speriamo di poter richiedere compiti salvifici alla maggiore presenza delle femminile in sanità. 

Autore: Redazione FNOMCeO

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