Tra pochi giorni si terrà ad Abbazia (Croazia), un convegno internazionale sulle cure palliative. Si tratta di "Beyond pain – across the borders" (20-22 settembre), evento proposto da Sanicademia, organizzazione europea di ambito medico scientifico, e presieduto da Claudio Pandullo, presidente dell’OMCeO di Trieste. La tre giorni (in allegato il programma) presenta relazioni e lezioni magistrali sull’insieme delle problematiche che riguardano le cure palliative (gestione del dolore, comunicazione con il paziente e con la famiglia, aspetti psicologici, etici e sociali) e rappresenta un interessante modello di affronto delle problematiche e di condivisione di esperienze e modelli differenti. Claudio Pandullo, che è presidente di Sanicademia, è tra i promotori dell’iniziativa. Ecco dalle sue parole i contenuti e gli scopi del workshop.
Presidente, con una partnership internazionale l’Ordine di Trieste partecipa ad un evento sulle cure palliative: quale è l’obiettivo di questo appuntamento?
L’incontro nasce con la collaborazione di SANICADEMIA che è un GEIE (Gruppo Europeo di Interesse Economico) ossia uno strumento giuridico riconosciuto a livello comunitario attivo dal 2006 e nato dalla collaborazione fra le regioni Friuli Venezia-Giulia, Veneto ed il land della Carinzia.
La spinta a creare questo gruppo è stata data dai governatori regionali di allora e dai rispettivi assessorati regionali della sanità, nello spirito di favorire la collaborazione e la formazione medico/sanitaria in queste regioni confinanti. Sono stato nominato presidente di questo Gruppo nel dicembre del 2011 ed è per me una esperienza molto stimolante in quanto mi permette di conoscere e soprattutto di favorire la comunicazione fra realtà sanitarie differenti.
L’obiettivo dell’incontro è quello di confrontare le differenti esperienze operative ed organizzative in un campo molto delicato ed attuale quello delle cure palliative. Tradizionalmente la medicina si pone lo scopo di curare, di rimuovere la malattia, ma purtroppo non è sempre così e spesso il medico, l’infermiere, il "care giver" deve affrontare la realtà di dover convivere con la malattia che diventa cronica e spesso deve accompagnare la persona negli ultimi momenti della sua esistenza. Ebbene proprio in questi momenti di estrema fragilità non possiamo dimenticarci della sua dignità, della sua identità di essere umano. Quando abbiamo cominciato a pensare ai temi del Convegno, nell’estate del 2012, ci siamo posti due obiettivi: il primo di non trattare solo delle cure palliative nei pazienti oncologici, il secondo di non parlare solo di farmaci e modelli organizzativi strettamente sanitari, ma anche dei problemi complessivi dell’essere umano.
Come la formazione in ambito medico deve aggiornarsi per rispondere alle necessità che l’area delle cure palliative pone al sistema sanitario?
Nella formazione del medico e nell’immaginario collettivo le cure palliative vengono interpretate come la terapia del dolore nei pazienti oncologici. In realtà non è così. Esistono nuove realtà, lo scompenso cardiaco terminale, la broncopneumopatia terminale, dove il trattamento di supporto non è il più delle volte la sedazione del dolore ma il creare una rete di assistenza e solidarietà attorno al paziente, quindi qualcosa di più ampio e complesso.
Nella realtà triestina dove opero come cardiologo, da alcuni anni, ci stiamo interessando delle cure palliative nei pazienti con scompenso cardiaco avanzato. Sono pazienti che devono essere seguiti e monitorizzati continuamente per controllare i sintomi ed evitare ulteriori ricoveri. Grazie all’opera del Direttore del Centro Cardiovascolare dr. Andrea Di Lenarda e del Dr. Franco Humar, responsabile del progetto cure palliative nello scompenso cardiaco, a Trieste è attiva da più di 10 anni, una rete territoriale che permette la gestione domiciliare del paziente con scompenso avanzato. Questo è un esempio di come il presentarsi di nuove patologie ci obblighi ad elaborare diversi e più attuali modelli organizzativi.
Nel convegno non si parlerà "solo" di terapie, farmaci e di assistenza, ma anche del ruolo di teatro, musica e spiritualità: si può disgiungere l’aspetto più profondamente umano dall’ambito propriamente terapeutico quando si parla di cure palliative?
Nel convegno viene dedicata una intera sessione all’etica, all’arte ed alla spiritualità. Effettivamente proprio nelle cure palliative non si può disgiungere l’aspetto umano da quello terapeutico. Siamo in quella zona di confine dove la malattia ha preso, o sta prendendo il sopravvento e le nostre terapia non sono più in grado di "far guarire"…a questo punto il medico, o comunque l’operatore sanitario, deve spogliarsi del ruolo tecnico di guaritore o meglio "healer" ed attivare tutte le forme di empatia, quindi mettersi in gioco come essere umano.
Quando parlo di empatia mi piace ricordare sempre l’articolo del nostro Codice Deontologico dove nel comunicare la diagnosi infausta si invita il medico a lasciare sempre aperta la porta della speranza… È a mio modo di vedere un bell’esempio di umanità, di condivisione di un problema. Ritengo che nel seguire i pazienti in queste fasi della loro malattia possa arricchire il medico facendoli riscoprire quella allenza terapeutica che è un punto fondante della nostra professione.
In ottobre entra in vigore la direttiva europea per la mobilità dei pazienti. Il convegno di Abbazia terrà in qualche modo conto di questa novità continentale?
Certamente. Stiamo elaborando protocolli comuni, e non solo per le cure palliative. Recentemente abbiamo avuto un incontro fra gli operatori della Regione Friuli Venezia Giulia e quelli del Land della Carinzia per iniziare a trattare il problema del gioco patologico/compulsivo, altro tema di estrema attualità.
Attraverso i confini delle nostre regione c’è stato da sempre un passaggio di pazienti ma anche di medici ed infermieri. Le direttive europee si coniugano bene con questa realtà già consolidata. Il problema nell’immediato futuro sarà quello di razionalizzare le risorse in modo da ottimizzare i servizi in un ottica transfrontaliera.
Ad esempio nel Friuli Venezia Giulia si sta valutando la possibilità di attivare un punto nascita transfrontaliero tre le città di Gorizia e di Nova Gorica. Il dialogo transnazionale tra Italia, Croazia, Slovenia e Austria offre lo spunto per capire che le diffidenze di un tempo, tra nazioni e professioni della nostra frontiera est, sono forse superate positivamente… Certamente. In fondo stiamo vivendo un’epoca di profonde trasformazione. 2 anni fa ci siamo trovati a Brioni in Istria, come FNOMCeO, per firmare un accordo di mutuo riconoscimento della formazione medica fra Italia, Slovenia e Croazia e quest’ anno ci troviamo per parlare di cure palliative e si è aggiunta l’ Austria. La caduta dei confini geografici ha favorito una più profonda comunicazione. Tuttavia fra i professionisti la comunicazione è sempre stata viva anche nei momenti in cui i rispettivi governi faticavano a trovare elementi di dialogo. Personalmente ritengo che la sanità debba essere declinata in un ottica di macro regioni, questo per ottimizzare le risorse, cosa che è estremamente importante in momenti di crisi economica quale l’attuale.
Autore: Redazione FNOMCeO