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Firenze, il 4 e 5 novembre Primo Congresso Nazionale della SIMSE

La prescrizione dell’esercizio fisico nelle patologie croniche, la valutazione del soggetto che fa attività fisica, le problematiche di salute dei soggetti che praticano sport attivo. Ed ancora, i problemi nutrizionali connessi e, in breve, il ruolo del medico nello sport, sono i temi al centro dei lavori del Primo Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina dello Sport e dell’Esercizio (SIMSE), in programma a Firenze il 4 e 5 novembre presso l’Aula Magna dell’Ospedale Careggi.

“Oggi più che mai la società civile ci chiede di venir incontro alle esigenze di benessere e di salute anche attraverso l’attività fisica e lo sport – ha dichiarato Giorgio Galanti Presidente SIMSE – con percorsi strutturali che vedano coinvolte le diverse figure professionali per fornire interventi multidisciplinari mirati e competenti”.

“Questo primo nostro congresso, pertanto – ha aggiunto Galanti – servirà non solo a farci conoscere, ma anche a fare il punto sulle diverse professionalità che concorreranno a definire per il futuro il sistema che ruota attorno all’esercizio fisico”.

Ai lavori, che si terranno con il patrocinio, tra gli altri, della Regione Toscana, dell’Università di Firenze e dell’Ordine dei Medici provinciale, prenderà parte il presidente dell’OMCeO di Padova, nonché Vicepresidente FNOMCeO, Maurizio Benato, quale discussant della tavola rotonda sul tema "Il ruolo clinico del medico dello sport e dell’esercizio alla luce della nuova Scuola di Specializzazione e del nuovo PSN 2011 – 2013".

E’ ormai universalmente riconosciuto come l’80% circa delle malattie cardiovascolari possano essere prevenute intervenendo sui fattori di rischio e sugli stili di vita e tra questi un ruolo determinante assume un’attività fisica controllata utile per prevenire l’obesità , malattia complessa dovuta a fattori genetici, ambientali ed individuali.

“Nel suo Rapporto sulla salute in Europa del 2002 – ha detto Benato – l’Ufficio regionale europeo dell’Oms ha definito l’obesità come una “epidemia estesa a tutta la Regione europea”.

Secondo il rapporto ISTAT del 2007 è in aumento la quota di coloro che sono in sovrappeso (dal 33,9% nel 2001 al 35,6% nel 2007) oppure obesi (dal 8,5% nel 2001 al 9,9% nel 2007) con una differente distribuzione geografica.
“In particolare
– ha aggiunto Benato – il fenomeno dell’obesità in età pediatrica è un dato allarmante, tenendo conto che essa in età pre-adolescenziale e adolescenziale ha una forte capacità predittiva dello stato di obesità da adulti. Ed inoltre occorre tener presente che l’obesità in età evolutiva non trova successi a livello terapeutico ed è complessa a livello preventivo, poiché è una condizione multifattoriale che enfatizza la necessità di un approccio multisettoriale”.

Dottor Benato, è possibile stimare in quale misura gli stili di vita e la medicina hanno influito sul benessere dei cittadini?
“La sola assistenza medica ha contribuito in misura comparativamente modesta allo stato di salute della popolazione, mentre i più importanti successi realizzati soprattutto nei secoli passati vanno sicuramente attribuiti all’evoluzione comportamentale e culturale.
Per questi motivi al cittadino utente del servizio sanitario si deve far presente che il diritto di partecipare agli obbiettivi della sanità, giustamente rivendicato, dovrebbe collimare con il dovere di partecipare da protagonisti al miglioramento della propria salute.
E tutto questo mediante la riduzione di tutti quegli atteggiamenti e abitudini che possono indurre malattia e disabilità, quale premessa al prolungamento della speranza di vita in termini di qualità.
Puntando sulla cultura, ossia sui valori e sui comportamenti, da cui deriva anche il rispetto reciproco delle regole, si eviterebbero inutili e dannose violazioni dei diritti, senza la necessità di grandi investimenti economici”
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È un’affermazione, questa, che porta dritti al cuore del problema …
Il concetto di salute preso in considerazione fino a pochi anni fa era prettamente biologico. Oggi non è più così: nell’accezione moderna del concetto di “qualità della vita” concorrono componenti influenzate dalla cultura, dalla situazione sociale, familiare, politica ed economica.
La promozione della salute non è perciò solo un dovere esclusivo del settore sanitario, ma i suoi requisiti, visti in una luce intersettoriale, richiamano il cittadino alla propria responsabilità nei confronti dei determinanti della salute.
Daniel Callahan, nel suo libro “La medicina impossibile”, afferma che “una medicina giusta e seriamente intesa deve essere pronta a sottrarre denaro e risorse al dominio tecnologico (della medicina) per destinarli altrove”. Un concetto- questo – ripreso qualche anno fa anche dal Ministero della Salute nel programma “Guadagnare salute”.
L’idea di fondo che emerge da questo documento esplicativo è che molti nemici della salute si possono agevolmente prevenire con la promozione di stili di vita salutari, attraverso l’attuazione di una politica e di una strategia efficaci, in grado di agire anche sulle condizioni socio-ambientali per ridurre considerevolmente il peso di malattie e disabilità che gravano sulla società”
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Autore: Redazione FNOMCeO

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