IRAP e medico pediatra convenzionato con il SSN – Il collaboratore part-time non comporta l’assoggettamento ad IRAP per il medico. Il "fatto indice" costituito dall’avvalersi in modo non occasionale di lavoro altrui non può essere considerato di per sé solo – secondo un giudizio aprioristico che prescinda da qualunque valutazione di contesto e da qualunque apprezzamento di fatto in ordine al contenuto ed alle concrete modalità di svolgimento della prestazione lavorativa – manifestazione indefettibile della sussistenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione.
(Sentenza n. 1544/15)
FATTO: L’Agenzia delle Entrate ricorre contro la Dott.ssa G. A., medico pediatra convenzionato con il servizio Sanitario Nazionale, per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale della Toscana ha negato che la contribuente fosse tenuta al versamento dell’IRAP per l’anno 2006, ritenendo che non ricorresse il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione. Il ricorso si fonda su tre motivi: con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, (art. 360 c.p.c., n. 3), censurandosi la sentenza gravata per aver escluso che nella specie ricorresse il presupposto impositivo IRAP, nonostante che la contribuente si avvalesse, nell’esercizio della propria attività, di un inserviente part-time; con il secondo ed il terzo motivo si censura – rispettivamente, come insufficiente e contraddittoria motivazione ex art. 360 c.p.c. , n. 5, vecchio testo (anteriore alla novella recata dal decreto L. n. 83 del 2012) e come omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c. , n. 5, nuovo testo – il vizio motivazionale relativo alla circostanza che la contribuente aveva un lavoratore alle sue dipendenze.
DIRITTO: Il Collegio ha affermato che, ferma restando la definizione normativa di autonoma organizzazione scolpita nelle formulazioni sopra riportate, il "fatto indice" costituito dall’avvalersi in modo non occasionale di lavoro altrui non possa essere considerato di per sé solo – secondo un giudizio aprioristico che prescinda da qualunque valutazione di contesto e da qualunque apprezzamento di fatto in ordine al contenuto ed alle concrete modalità di svolgimento della prestazione lavorativa – manifestazione indefettibile della sussistenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione. Si tratta, cioè, di accertare, caso per caso, se l’apporto del lavoro altrui ecceda l’ausilio minimo indispensabile, secondo l’id quod plerumque accidit, per lo svolgimento di una determinate attività professionale. Tale accertamento compete al giudice di merito e si risolve in una valutazione – censurabile in cassazione solo sotto il profilo del vizio motivazionale di cui all’art. 360 c.p.c. , n. 5, – di natura non soltanto logica, ma anche socio-economica, secondo il comune sentire, del quale, come persuasivamente sottolineato nella motivazione di Cass. n. 3677/07, proprio il giudice di merito è portatore ed interprete. La Corte di Cassazione ha quindi rilevato che l’apporto di un collaboratore che apra la porta o risponda al telefono mentre il medico visita il paziente o l’avvocato riceve il cliente, o che tenga i ferri mentre il dentista opera, rientri, secondo l’id quodplerumque accidit, nel minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività professionale – compete al giudice di merito apprezzare, con un giudizio di fatto censurabile solo sotto il profilo del vizio di motivazione, se nel caso concreto, per le specifiche modalità qualitative e quantitative delle prestazioni lavorative di cui il professionista si avvale, le stesse debbano giudicarsi eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività professionale. Pertanto la Corte ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate).