Report.n. 28/09
STRESS LAVORATIVO E SALUTE
Recentemente la Scs Consulting, società di consulenza strategica attiva nel settore della valorizzazione delle risorse umane, ha pubblicato i dati di uno studio secondo il quale in Italia sono oltre 9 milioni (41% del totale), i lavoratori che soffrono di “stress lavorativo”.
Si tratta di una posizione di tutto rispetto (la seconda) in EUROPA che risulta molto destante dal 27% degli inglesi, il 25% dei tedeschi e il 24% dei francesi.
Dati così allarmanti riportano al centro dell’attenzione del mondo sindacale, sociale e medico gli aspetti micro e/o macro organizzativi del lavoro e quelli relazionali che sono alla base del benessere psico-fisico del lavoratore e quindi della integrità complessiva della persona. Ma i dati recentemente riportati non sono certo nuovi nè una novità giornalistico-editoriale.
Infatti già l’Osservatorio europeo dei rischi, istituito nel 2005 come parte integrante dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, si è posto quale obiettivo prioritario quello di individuare i rischi nuovi ed emergenti e di promuovere un’azione preventiva precoce e duratura.
Queste le dichiarazioni rilasciate nel 2008 dal Direttore dell’Agenzia Europea: “Lo stress legato all’attività lavorativa è una delle principali sfide dell’Europa nella sfera della salute e della sicurezza sul lavoro e il numero delle persone che lamentano situazioni di disagio provocate dallo stress e aggravate dal lavoro è destinato ad aumentare nel tempo”.
Infatti, secondo i dati dell’Agenzia, lo stress è il secondo problema sanitario legato all’attività lavorativa segnalato più di frequente in Europa, un problema che colpisce il 22% dei lavoratori UE (dati 2005); il 50-60% di tutte le giornate lavorative perse è riconducibile allo stress.
E’ stato calcolato che il costo economico annuo legato allo stress è ammontato (2002) a 20 miliardi di euro, somme che gravano pesantemente non solo sulle aziende ma sulle economie nazionali. La situazione non è certo destinata a migliorare, secondo gli esperti, poiché l’incertezza lavorativa legata alla precarietà e alla crisi mondiale sono tutte concause che aumenteranno esponenzialmente lo stress causato dall’attività lavorativa.
Questo è tanto vero che una recente indagine realizzata dalla Fondazione Europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (la Fondazione ha sede a Dublino) ha rilevato che le moderne forme di flessibilità nell’impiego e le nuove tecnologie sono risultate causa di deterioramento delle condizioni di salute dei lavoratori.
Nell’indagine la somma di coloro che hanno denunciato stress e quelli che hanno segnalato burn-out è pari al 51%.
E in Italia? Indubbiamente il d.lgs 81 del 2008 dando attuazione alla L.123/07 ha costituito un punto di inizio di un processo lungo ed articolato per giungere, in modo organico, a una tutela effettiva della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro attraverso gli organismi nuovi (Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro) e quelli vecchi ISPELS, INAIL E IPSEMA (settore marittimo)in qualche modo riqualificati nelle attività istituzionali nazionali.
Ridurre lo stress legato all’attività lavorativa (stress lavoro correlato) e i rischi psico-sociali oltreché un dovere per il legislatore diviene un imperativo morale per i lavoratori, i datori di lavoro, i dirigenti e i responsabili delle risorse umane e i sindacati tutti protesi verso un’unica direzione: più sicurezza e salute nei posti di lavoro.
P.S. Come sempre chi fosse interessato ad approfondire, la documentazione completa è a disposizione presso il Centro Studi e Documentazione della FNOMCeO
Roma, 04/06/2009
Autore: Redazione FNOMCeO