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Buccelli: etica, disagio professionale e Medicina difensiva

Professor Buccelli: perché un Convegno dal titolo: "Medico E Paziente tra medicina difensiva e appropriatezza dei trattamenti"?
La medicina difensiva è figlia della profonda crisi della medicina odierna, che si delinea in un evidente rapporto di sfiducia relazionale tra medico e paziente. In questa crisi i principi etico-deontologici fondanti dell’arte medica vacillano e la preoccupazione di coinvolgimenti giudiziari per accuse di malpractice allontanano progressivamente i medici dall’essenza della professione: operare nell’esclusivo interesse del paziente.
Nell’ottica di prevenire il pericolo di dar conto al giudice del proprio operato più che alle ragioni della medicina moderna, basata su spettacolari progressi di acquisizioni tecnologiche e di sapere scientifico, essi si trovano costantemente ad un bivio: perseguire atteggiamenti cautelativi nei confronti del rischio di eventuali addebiti di responsabilità professionale in possibili complicanze od ipotizzabili insuccessi, oppure amministrare con coraggioso rigore scelte operative di comportamenti diagnostici e terapeutici più appropriate alle esigenze di cura, senza inutili o inopportune devianze prudenziali.
Dunque: il condizionamento operativo verso strade inutilmente onerose per il paziente, in termini di disagi per un profluvio di indagini o per opzioni chirurgiche evitabili, che accrescono notevolmente i costi ed i tempi dell’assistenza contro scelte di comportamenti adeguati per il paziente, ma implicitamente pericolosi per il medico.
E’ questa la realtà nell’agire professionale che deve affrontare ogni giorno il medico, in una contrapposizione tra opzioni assistenziali di copertura, non sempre vantaggiose per il paziente, e la realizzazione di trattamenti per lui appropriati ma per sé rischiosi, sotto il profilo di possibili doglianze giudiziarie.

Ci vuole brevemente illustrare il razionale dei lavori?
Il Congresso sulla medicina difensiva intende proporre un complesso confronto pluridisciplinare su 4 aspetti fondamentali del problema: identificazione e dimensioni del fenomeno, studio delle cause, valutazione delle conseguenze, proposte di possibili rimedi.
Confronto da realizzare con l’intervento di figure professionali tra le più competenti, affrontando la tematica sotto i suoi poliedrici aspetti etici, deontologici, psicologici, giuridici, giurisprudenziali, della formazione, assicurativi, ordinistici, sociologici, politici.
In tale ottica, si è fatto riferimento ad autorevoli personalità, esponenti di rilievo nel loro campo professionale ed istituzionale, nazionali ed internazionali, per garantire interventi realmente qualificati nell’ambito di ciascuna competenza.

Ipotesi legislative, conciliazione, prevenzione del rischio: a suo parere queste risposte "tecniche" potranno esaurire l’attuale "crisi" nel rapporto tra medico e paziente?
Il Congresso punta alla condivisa prospettazione di possibili rimedi tecnici del fenomeno, in tal senso prendendo in considerazione le potenzialità degli strumenti formativi, legislativi, compositivi, giurisprudenziali, partecipativi delle condotte sanitarie.
Ma deve essere chiaro sin d’ora, e prima ancora dei dibattiti sull’argomento, che una modulazione del fenomeno stesso deve necessariamente passare attraverso un rimodellamento del rapporto medico-paziente verso aspetti di maggiore reciproco rispetto di posizioni e di valori in gioco, in un funzionalismo operativo saldamente strutturato su un recuperato clima di mutua fiducia, che dia nuovo senso a quell’”amicizia” (più ancora che ”alleanza”) terapeutica su cui deve contare ogni battaglia assistenziale per il recupero della salute e del benessere del paziente.

E’ interessante vedere che questo convegno – e queste tematiche – è proposto dall’Ateneo e dalla Facoltà di Medicina: significa che l’Accademia desidera finalmente entrare con chiarezza sui temi della relazione medico-paziente, che sino ad ora erano per lo più cari alle asociazioni dei cittadini e dei professionisti?
Il Congresso – come i tre che lo hanno preceduto (su: comunicare in medicina, la sperimentazione biomedica tra progresso scientifico e tutela della persona, le nuove frontiere della sperimentazione clinica: una sfida per la bioetica) – è organizzato da un Comitato Etico di Università, in collaborazione con la Cattedra di Bioetica dell’Unesco.
Si tratta di una circostanza nuova, di particolare significato, perché esprime l’esigenza di riflettere congiuntamente su un fenomeno di grande pregnanza etica da parte di organismi che hanno, nelle loro radici più profonde, la “mission”, rispettivamente, di studiare ed intervenire sulla correttezza morale della prassi clinica, formare le nuove generazioni non solo attraverso un sapere tecnico ma anche promuovendo conoscenze e sensibilità sul ruolo centrale della “persona” in medicina, costruire educazione, scienza e cultura anche nel senso della tutela dell’uomo come soggetto e non oggetto della prestazione medica.
La medicina difensiva, in quanto immediatamente rapportabile in senso causale alla crisi del rapporto medico-paziente, ha necessità di riconsiderazioni culturali che le istituzioni di formazione professionale e di tutela etica in medicina hanno il dovere di affrontare proprio nel senso di una ritrovata attenzione su una relazione che fonda la sua essenza millenaria su una reciprocità di sentimenti e di comportamenti fiduciari, fortemente intrisi di valori che esaltano il rispetto della persona del paziente e della professionalità del medico.
Di qui l’organizzazione del Congresso in una Facoltà di Medicina particolarmente sensibile a questi problemi, in una Università di antiche tradizioni non solo scientifiche ma anche umanistiche, nella recente collaborazione con un organismo internazionale che pone al centro del suo essere l’uomo e la natura.

Il taglio del convegno è fortemente "etico": valori e categorie della flosofia possono ancora venire in aiuto del ragionamento sul presente ella medicina e dell’arte della cura?

Non ha senso considerare la medicina difensiva al di fuori di approfondite, primarie considerazioni di carattere etico e deontologico. Chi ritenesse di doversene occupare solo per aspetti giuridici, assicurativi, di organizzazione dell’assistenza, sbaglierebbe profondamente.
Ne è alla base, come si è detto, il disagio esistenziale della diade medico-paziente, che rimane intimamente tale anche su uno scenario profondamente mutato in termini di costituzione, funzionamento, odierne interazioni con settori tradizionalmente estranei.
L’esigenza di prevedere accuse di malpractice da parte dei pazienti e di doversene difendere nasce dal malessere relazionale tra medico e paziente, ne è conseguenza e non causa. Vanno, pertanto, riconsiderati i valori posti in gioco nell’atto medico, tra cui fondamentali -ma non esaustivi- sono quelli del rispetto della persona e dell’autodeterminazione del paziente, cui corrisponde in misura complementare quello del rispetto dell’autonomia intellettuale e professionale del medico.
Su questo e su altro ancora occorre riflettere per ritrovare equilibri relazionali perduti e proporre possibili sbocchi verso una nuova stagione della medicina che sappia coniugare l’attenzione all’umanità del paziente con le esigenze di applicazione della intercorsa rivoluzione tecnologica.

Autore: Redazione FNOMCeO

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