Interrogazione e risposta del Governo – Sulla razionalizzazione dei punti nascita nelle zone rurali -Nella interrogazione si rileva che l’accordo tra il Governo, le Regioni e gli enti locali del 16 dicembre 2010 riferito alle "Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del parto cesareo" contiene un’analisi approfondita sui punti nascita e riporta tra i punti di maggiore criticità l’eccessivo ricorso al taglio cesareo, che ha portato l’Italia ad occupare il primo posto tra i Paesi europei, con una percentuale che raggiunge il 38 per cento passando dall’11 del 1980 al 38,4 per cento del 2008; i punti nascita con un numero di parti inferiori a 500, privi di una copertura di guardia medico-ostetrica, anestesia logica e medico-pediatrica attiva 24 ore, rappresentano ancora una quota intorno al 30 per cento del totale, mentre nelle unità operative più grandi e di livello superiore dove c’è concentrazione elevata di patologia, il tasso di cesarei è molte volte inferiore, sebbene la variabilità sia ampia. Nell’ambito delle 10 linee di indirizzo contenute nell’accordo, in specifico nelle misure di politica sanitaria e di accreditamento, per quanto riguarda la riorganizzazione della rete assistenziale del percorso nascita si fissa il numero di almeno 1000 nascite all’anno quale parametro standard a cui tendere per il mantenimento/attivazione dei punti nascita; sulla base di motivate valutazioni l’accordo prevede la possibilità di standard minori, ma comunque non inferiori a 500 parti l’anno. Si chiede se il Ministro della Salute possa indicare su quali criteri sia stato stabilito lo standard minimo di 500 parti, come limite di sicurezza, oltre allo stato di fatto che registra un’alta percentuale dei cesarei nei piccoli presidi ospedalieri e per quale ragione non sia possibile valutare l’accreditamento del punto nascita a partire dai requisiti dei livelli professionali, strutturali e tecnologici anche con moduli organizzativi derivanti da integrazioni ospedaliere e non avere come discrimine essenziale il riferimento numerico dei parti annui. Il Sottosegretario DE FILIPPO intervenuto in Commissione Igiene e Sanità il 14 maggio 2015 risponde all’interrogazione rilevando che nell’Accordo citato si raccomanda di adottare stringenti criteri per la riorganizzazione della rete assistenziale, fissando il numero di almeno 1000 nascite/anno quale parametro standard a cui tendere per il mantenimento/attivazione dei punti nascita; quelli con numerosità inferiore e comunque non al di sotto di 500 parti/anno, potranno essere previsti solo sulla base di motivate valutazioni legate alla specificità dei bisogni reali delle varie aree geografiche interessate con rilevanti difficoltà di attivazione del servizio di trasporto assistito materno (STAM).Soggiunge che è compito di ogni Regione modulare i propri interventi sanitari in base alle necessità ed alle realtà territoriali, tenendo conto delle linee guida nazionali, frutto di un lavoro complesso di esperti, società scientifiche e di strutture tecniche regionali e nazionali. Fa presente che, per la riorganizzazione dei punti nascita e delle unità operative di pediatria/neonatologia e di terapia intensiva neonatale, nell’allegato 1-b del suddetto documento, vengono forniti criteri per l’individuazione dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi a suo tempo definiti da un gruppo ristretto di esperti nel settore. In conclusione, rimarca che è necessario dare piena attuazione a tutte le azioni così come sono previste dall’Accordo Stato-Regioni del 16 dicembre 2010, per realizzare la più volte auspicata riorganizzazione della rete assistenziale del percorso nascita e, in particolare, della rete dei punti nascita, al fine di tutelare mamma e bambino in un percorso nascita che sia gestito in modo tale da assicurare assistenza idonea in termini di qualità ,efficacia, efficienza e appropriatezza di cura. La senatrice PIGNEDOLI in sede di replica, dichiara di non potersi considerare soddisfatta della risposta: se è opportuno individuare parametri uniformi in materia di punti nascita, per assicurare la sicurezza del parto ed evitare l’eccessivo ricorso ai cesarei, occorre d’altro canto tenere nel dovuto conto le peculiarità delle zone di rurali e di montagna, adottando idonei criteri integrativi
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