Pratica di aborti illegali

Cassazione Penale Sent. n. 1082/17 – Pratica di aborti illegali –  Concussione – Il dirottamento ai fini speculativi delle gestanti presso il proprio studio medico privato integra il delitto di concussione. “Non v’è dubbio, inoltre, che – ancorché non formalmente evidenziata – sia riconosciuta la qualità pubblicistica posta a base dell’ipotizzato delitto di concussione, laddove si affronta il tema della strumentalizzazione – da parte del C. – della propria funzione apicale rispetto all’ambulatorio di i.v.g. istituito presso l’ospedale (OMISSIS), risultando generica ed in fatto la considerazione – sulla quale fa leva il ricorrente – dell’esecuzione, da parte dei correi, degli aborti clandestini, quali "professionisti privati" rispetto al thema decidendi, costituito – appunto – dalla strumentalizzazione della pubblica funzione e della relativa qualità nel dirottamento ai fini speculativi delle gestanti allo studio privato”.

FATTO E DIRITTO: Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Messina – a seguito di istanza ai sensi dell’art. 309 c.p.p. proposta nell’interesse dell’indagato L.G. avverso la ordinanza emessa il 13.5.2016 dal G.I.P. del Tribunale di Messina con la quale è stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere – in parziale riforma di detto provvedimento ha sostituito la predetta misura con quella degli arresti domiciliari con divieto di comunicazione, confermando la gravità indiziaria in relazione ai reati di cui ai capi A) (artt. 81 cpv., 110 e 317 c.p.), B) (artt. 81 cpv., 110 e 314 c.p.), D) ( artt. 110,317 cod. pen.) ed F) ( artt. 56,317 cod. pen.), in relazione alla pratica di aborti illegali eseguiti presso lo studio privato di C.G., dirigente medico in servizio presso il Reparto di ginecologia dell’Ospedale (OMISSIS), in concorso con L.G., dirigente del reparto di anestesia e rianimazione dell’Ospedale (OMISSIS). In particolare, era emerso che il C. speculava sui tempi della procedura legale di i.v.g. per prospettare difficoltà e lungaggini, in modo da spingere donne gravide, che avevano necessità di abortire in tempi contenuti, ad un aborto illegale a pagamento presso il proprio studio ove era coadiuvato dal L.. Il provvedimento impugnato ha desunto la condotta costrittiva del C. individuando, per ognuna delle vicende passate in disamina, la strumentalizzazione della propria nota posizione in ambito ospedaliero – egli era uno dei due sanitari non obiettori dell’Ospedale (OMISSIS) di (OMISSIS) presso il quale funzionava un ambulatorio di interruzione volontaria della gravidanza – con la prospettazione di lungaggini nella pratica standard ed ostacoli organizzativi. Questi, secondo il Primario CA.Se., erano insussistenti in quanto il protocollo operativo consentiva una certa elasticità al fine di venire incontro alle variegate esigenze delle gestanti. Dall’altro lato, il provvedimento ha individuato la radicale compressione della volontà negoziale della vittima, messa "con le spalle al muro", atteso che l’alternativa rispetto all’aborto illegale a titolo oneroso era quella di esporsi al rischio – palesato dal ricorrente – di un disvelamento dello stato di gravidanza con conseguente compromissione del rapporto con il partner, di reazioni da parte dei parenti e/o di impossibilità di abortire nel termine legale di 90 giorni. Rispetto a dette condotte del C. si individua la piena compenetrazione del L., secondo il provvedimento impugnato, conclamata da una pluralità di elementi indizianti, sintomatici di una condivisione consapevole delle modalità tramite le quali le pazienti erano reclutate dal C. ed indirizzate allo studio privato. Gli indici partecipativi alle pratiche illecite dell’attuale ricorrente sono, quindi, individuati nella sua disponibilità ad intervenire prontamente alle richieste di ausilio del collega, finanche soprassedendo ad urgenze segnalategli in ambito ospedaliero; la partecipazione ai proventi criminosi; l’utilizzo di un linguaggio criptico e convenzionale nei colloqui telefonici – segnatamente con riferimento alla quota del suo compenso al fine di prevenire eventuali operazioni tecniche. Con riguardo alla consapevolezza delle ragioni del mancato accesso alla struttura pubblica, il Tribunale ha valorizzato anche l’emergenza secondo la quale lo stesso ricorrente chiedeva – in corso di intervento – di tali ragioni al collega coindagato. . Ritiene la Corte che il provvedimento impugnato si è posto all’interno del parametro di legittimità ricordato attraverso una puntuale ricostruzione dei termini rilevanti di ciascuna delle vicende esaminate (modalità dell’approccio, mancanza di effettivi margini di trattativa sulla somma pretesa, grave difficoltà psicologica nella quale si trovavano le pazienti, la situazione "necessitata" che le spingeva ad accedere alla richiesta indebita) con la radicale compressione della volontà negoziale della vittima, così correttamente giustificando l’abuso costrittivo del ricorrente finalizzato alla realizzazione delle remunerative illecite pratiche abortive. Ineccepibile, inoltre, è la giustificazione della gravità indiziaria in ordine alla posizione concorsuale del ricorrente alle vicende concussive secondo modalità che ne palesano il previo concerto con il protagonista C. che senza il suo apporto non avrebbe potuto operare. Non v’è dubbio, inoltre, che – ancorché non formalmente evidenziata – sia riconosciuta la qualità pubblicistica posta a base dell’ipotizzato delitto di concussione, laddove si affronta il tema della strumentalizzazione – da parte del C. – della propria funzione apicale rispetto all’ambulatorio di i.v.g. istituito presso l’ospedale (OMISSIS), risultando generica ed in fatto la considerazione – sulla quale fa leva il ricorrente – dell’esecuzione, da parte dei correi, degli aborti clandestini, quali "professionisti privati" rispetto al thema decidendi, costituito – appunto – dalla strumentalizzazione della pubblica funzione e della relativa qualità nel dirottamento ai fini speculativi delle gestanti allo studio privato).


Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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