Responsabilita’ medica

Cassazione Penale Sentenza n. 11631/16 – Responsabilità medica – La Corte di Cassazione ha affermato che la Corte di Appello ha condannato un medico sulla base di un assunto errato e su un principio non pertinente. Il giudice infatti è libero di valutare tutti gli atti processuali e, quindi, anche gli esiti di una perizia, ma non può, perché peritus peritorum, disattendere una serie di concordi conclusioni provenienti da plurime fonti qualificate, sulla base della propria scienza personale (nella specie derivante dalla lettura di un Dizionario di medicina) perché diversamente significherebbe sminuire e porre nel nulla la competenza altrui frutto di anni di studi specialistici.

FATTO: . F.D. e C.D. vennero giudicate dal Tribunale di Bergamo (sentenza dell’8 gennaio 2014) responsabili della morte di Z.N., cagionata nelle rispettive qualità di ginecologa e di ostetrica in servizio presso l’ospedale (OMISSIS), e pertanto condannate la F. alla pena di mesi nove di reclusione e la C. a quella di mesi cinque di reclusione, con la concessione ad entrambe della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna, ed altresì condannate entrambe al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili, da liquidarsi in separata sede, e al pagamento di una provvisionale. Ad avviso del Tribunale la causa della morte del bambino fu costituita da un’asfissia determinata da minor afflusso di sangue materno dal cordone ombelicale, provocato dal nodo di follicolo che era stato osservato intorno al collo del bambino, e forse anche dall’invecchiamento placentare. Il giudicante ha quindi escluso la ricorrenza di cause alternative e in particolare di quella denominata morte bianca.

DIRITTO: La Corte di Appello sostiene che il ricorso a testi scientifici rappresenta un potere-dovere del giudice che ritenga di discostarsi dalle conclusioni dei periti. A sostegno dell’affermazione la Corte di Appello si richiama al principio per il quale "nel valutare la perizia psichiatrica, il giudice, quale "peritus peritorum", per discostarsi dalle conclusioni dei periti che ritenga inattendibili, ha l’obbligo di motivare il proprio contrario avviso ed, in particolare, in relazione alla diagnosi peritale, di esaminare l’iter diagnostico seguito dai periti e verificare se la conclusione da questi raggiunta sia fondata su dati fattuali corretti. L’assunto della Corte di Appello è errato ed il principio richiamato non pertinente. In una recente pronuncia si è scritto che il giudice, libero di valutare tutti gli atti processuali e, quindi, anche gli esiti di una perizia, non può, perché peritus peritorum, disattendere una serie di concordi conclusioni provenienti da plurime fonti qualificate, sulla base della propria scienza personale (nella specie derivante dalla lettura di un Dizionario di medicina) perché diversamente significherebbe sminuire e porre nel nulla la competenza altrui frutto di anni di studi specialistici. In linea di principio, il giudice che non voglia adagiarsi sulle conclusioni peritali che non lo convincono, non può disattenderle sulla base della propria scienza personale derivante da incerte e generiche letture di testi destinati ad un indifferenziato pubblico e, quindi, neppure, specialistiche. Nei casi in cui il giudice dubiti delle conclusioni del perito, ha due strade: a) convocarlo e, nel contraddittorio delle parti, porre tutte le domande finalizzate a dissipare i dubbi derivanti dalla perizia; b) ove tale strada non lo soddisfi, nominare un altro perito al quale – dopo avere evidenziato i punti critici e le parti non convincenti della prima perizia – sottoporre tutti i dubbi

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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