E’ un periodo strano. Stanco e pieno di dati incomprensibili e bipolari. Scoppi di violenza, mancanza di coesione sociale, scontro politico quasi aprioristico, mancanza di speranza tra gli adulti che diviene spaesamento nei giovani. Due settimane fa Giuseppe De Rita ha dato una descrizione molto particolare di questo nostro presente nel 44esimo Rapporto CENSIS sulla situazione sociale del Paese 2010. Registrando comportamenti e atteggiamenti spaesati, indifferenti, cinici, passivamente adattativi, prigionieri delle influenze mediatiche, condannati al presente senza profondità di memoria e futuro, De Rita ha parlato di una società appiattita che "fa franare verso il basso anche il vigore dei soggetti presenti in essa. Così all’inconscio manca la materia prima su cui lavorare: il desiderio. Tornare a desiderare è la virtù civile necessaria per riattivare la dinamica di una società troppo appagata e appiattita".
E’ una visione antropologica molto particolare, quella proposta dal CENSIS, che, contaminando le proprie letture sociologico-statistiche, è riuscito (anche a detta di molti osservatori autorevoli) a gettare la sfida di un giudizio spiazzante nell’agone sociale. Forse non è un tema nuovo (sia l’Oblomov di Goncarov che l’Uomo senza qualità di Musil, come il recente L’uomo senza inconscio dello psicanalista Massimo Recalcati si sviluppano proprio sugli stessi temi), ma che la crisi globale sia dello stesso desiderare, più che del produrre o dell’autorappresentare, è un focus nodale di cui si può solo ringraziare De Rita che ce l’ha fatto riscoprire.
Ci si può chiedere, tanto per non rimanere in superficie: tra quei “soggetti” indeboliti di cui parla il CENSIS, c’è anche il medico? Probabilmente si. Spesso si intuisce che anche il mondo professionale medico vive di questa “crisi di desiderio”. Crisi che viene dalle troppe domande a risposta infinita e indebolita. Chi è il medico oggi? Quanti tipi differenti di medico esistono? Con che responsabilità? Con quali legami verso la società e verso i propri pazienti? Da un lato gli attacchi continui alla dignità della professione o le aggressioni fisiche (che sono poi aggressioni ad un’immagine d’onnipotenza: “perché tu, medico, non salvi questo mio congiunto?”), dall’altro il rifugio nella medicina difensiva o in un atteggiamento distaccato nei confronti della propria professione che per molti non ha più il fascino vocazionale che aveva nei giorni “romantici” del percorso accademico. Segni di stanchezza? Motivi di burn out (l’ormai noto tema del “chi aiuta chi aiuta?”)? O qualcosa, come suggerisce De Rita, di più profondo e ormai congenito?
Di fronte a questi segnali la Federazione dei Medici sta opponendo per la sua parte non generici richiami volontaristici o di casta, bensì atti e fatti di una rinnovata autocoscienza, di una responsabilità professionale che basa sui dettati del Codice deontologico, sulla ripresa di valori umanistici che superano sia lo scientismo, che il vetero-paternalismo o il parossismo tecnicistico, sulla costruzione professionale che parte dalla garanzia di percorsi formativi autorevoli e duraturi come pure dalle motivazioni originanti di un percorso lavorativo che non può essere paragonato ad altri. E’ una Federazione non stanca, bensì convinta e concentrata, quella che sta fornendo ai medici di tutta Italia una visuale diversa, consapevole e ontologicamente autentica del proprio ruolo umano e sociale.
Giungiamo in questi giorni alla festività del Natale con tante domande e qualche certezza. Per tutti, credenti, appartenenti ad altre confessioni o non credenti, questo periodo possa essere – è l’augurio di chi gestisce il Portale e del Gruppo Comunicazione FNOMCeO – di autentica serenità, di sosta dalle incalzanti attività e di sincera riflessione e accoglienza. Riflessione sulle domande che ultimamente rendono oggi ogni medico un entità umana di “resistenza al degrado”, affinché la professione medica possa ripartire dal grande desiderio di essere gesto di autenticità verso la persona e i suoi bisogni. Accoglienza, perché nell’apertura all’Altro ognuno di noi possa a sua volta essere rinnovato e riesca a ripartire. Quindi Buon Natale e Felice Anno Nuovo.
Autore: Redazione FNOMCeO