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Ordine di Padova a convegno su “Le professioni della cura: atto medico e atto sanitario”

L’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri di Padova è promotore del convegno "Le professioni della cura: atto medico e atto sanitario", in programma sabato 22 ottobre nel centro congressi del Crowne Plaza di Padova.

L’incontro nasce dall’urgenza di ripensare un cambiamento dei modelli di servizio in medicina, di rivedere ruoli e profili delle professioni sanitarie, di ripensare le pratiche e le modalità di trattamenti senza limitarsi a riorganizzare o semplicemente razionalizzare i modelli in essere. Il ripensamento post moderno della sanità pone in evidenza in primis la questione medica e il difficile rapporto con le altre professioni sanitarie che si muovono nell’ incertezza del loro ruolo nonostante le recenti normazioni dei loro profili. In tal senso, una questione cruciale e snodo delle relazione tra professione medica e professioni sanitarie in generale sembra essere la definizione di atto medico da tenere distinto dall’atto sanitario, proprio di queste professioni, e con ciò attribuire i compiti propri dei rispettivi ruoli. È prioritario capire il futuro per liberare il medico dallo stato di disagio e malessere in cui attualmente versa nel rapporto con le nuove professioni intellettuali.

Tra le presenze di rilievo della FNOMCeO, quelle di Maurizio Benato e Antonella Agnello, presidente e vicepresidente dell’OMCeO ospite, del presidente dell’Ordine di Udine, Luigi Conte, e del vicepresidente di Parma, Pierantonio Muzzetto, nonché di Aldo Pagni, past president FNOM, attualmente membro della Commissione per la revisione del Codice deontologico della Federazione.

Parteciperanno, inoltre, il sociologo Ivan Cavicchi, il presidente nazionale di ANAAO ASSOMED, Iscaro Domenico, il segretario generale nazionale della FIMMG, Giacomo Milillo, il vicepresidente nazionale CIMO AMSD, Guido Quici, e il presidente dell’IPASVI, Anna Silvestro.

Inizio dei lavori previsto alle ore 9 (il dettaglio del programma qui).

“Questo nostro convegno – ha dichiarato Maurizio Benato, Presidente dell’Ordine – si inserisce nella discussione in corso sull’urgenza di ripensare un cambiamento dei modelli in sanità, di rivedere il ruolo e il profilo del medico rispetto al ruolo e alle competenze delle professioni sanitarie. Il ripensamento post moderno della sanità , infatti – egli ha aggiunto- pone in evidenza in primis la questione medica e il difficile rapporto che si sta creando con le altre professioni sanitarie che a loro volta si muovono nell’incertezza nonostante le recenti normazioni dei loro profili e la identificazione del loro ruolo”.

Presidente Benato, secondo Lei quando si è iniziata ad avvertire l’esigenza di ridefinire il rapporto con le altre professioni?
Tutto è avvenuto negli ultimi dieci anni attraverso un percorso legislativo iniziato con l’approvazione dei profili professionali e l’avvio della formazione universitaria (art.6 del D.Lgs. 502/92) e sviluppato successivamente con diverse formazioni, le leggi 42/99, 251/00 e 43/06 che hanno permesso alle altre professioni di formarsi nella stessa facoltà ove si formano i laureati in medicina, divenendo questi ultimi una minoranza rispetto agli studenti delle professioni sanitarie.
A ciò dobbiamo aggiungere che il nuovo ordinamento professionale ha reso queste professioni autonome e non più ausiliarie e ha realizzato un inquadramento contrattuale analogo a quello previsto per il personale che nei contratti pubblici viene assunto con il diploma di laurea, con una evoluzione sino alla nuova qualifica di dirigente delle professioni sanitarie.

Creando inevitabili problemi sul piano dell’autonomia professionale e delle responsabilità …
Se è vero che l’autonomia di queste professioni finisce laddove inizia quella del medico e che questi professionisti non possono esercitare competenze che sono proprie del medico come degli altri profili e professioni sanitarie, è pur vero che un’evoluzione del genere presuppone la necessità del metter mano all’organizzazione del lavoro quotidiano.
Per questo è urgente capire il futuro, per liberare il medico dallo stato di disagio e malessere in cui attualmente versa nel rapporto con le nuove professioni intellettuali”.

Dal Suo punto di vista quali sono le strade da percorrere per ridefinire ruoli e competenze?
Penso che per rimodellare i servizi e stabilire nuove modalità relazionali, per definire le autonomie tecnico-operative o l’appartenenza delle pratiche, ci sia bisogno di una chiara condivisione dei significati dei nuovi paradigmi culturali in campo medico, di una riflessione comune che dovrebbe imporre tra l’altro anche la necessità di nuovi modelli formativi.
C’è infatti la necessità di una chiara condivisione dell’organizzazione in campo medico con le relative procedure proprie di una medicina che reclama nuovi modi di operare e che vede archiviate le precedenti modalità dove era presente un rapporto di natura gerarchica tra le professioni.
Dal “c’è chi ordina e chi esegue”, si sta gradualmente passando al nuovo più attuale ed “europeo” atto relazionale tra professioni che hanno ciascuna uno specifico ambito operativo e di competenze, tra loro né sovrapponibile né intrecciabile ma tra loro necessariamente complementare e coesistente in una concezione moderna di clinical governante, per dare attuazione al diritto alla salute individuale e collettiva che è costituzionalmente tutelata per gli individui e rappresenta un obiettivo deontologico per tutti gli operatori della cura”.

Vi sono segnali che evidenziano la necessità di un cambiamento radicale nelle modalità di erogazione dell’assistenza?
Ovunque in Europa sono in atto processi di rafforzamento dell’assistenza territoriale che richiedono la presenza di più professionisti in percorsi assistenziali integrati.
Nuove modalità di erogazione delle cure basate sulla continuità, sulla multiprofessionalità e intersettorialità e sulla sistematicità dei rapporti con i cittadini e con le loro aspettative.
Il tutto attraverso il superamento di barriere organizzative, professionali e operative, con l’assunto che la risposta a un bisogno complesso non può che essere offerta da forme organizzative integrate e da gruppi di professionisti provenienti anche da ambiti istituzionali diversi.
Si può capire che il tema dominante non è la rivendicazione di una “autonomia da qualcuno”, ma quella di una “autonomia decisionale, tecnico operativa” condivisa, in un percorso integrato, in una logica di interdipendenza e di fattiva collaborazione nel rispetto degli specifici professionali”.

Possiamo dire che nell’ambito dell’integrazione tra le professioni ognuno offre qualcosa all’altro nell’ambito delle proprie competenze …

Certamente, ma occorre tener presente che il cammino verso una maggiore autonomia da parte delle diverse professioni sanitarie presuppone anche nuove assunzioni di responsabilità. È un argomento che se finora non è stato trattato è perché è mancato e manca il dialogo tra le categorie.
Una questione cruciale e snodo delle relazione tra professione medica e professioni sanitarie in generale sembra essere la definizione di atto medico da tenere distinto dall’atto sanitario proprio di queste professioni e con ciò attribuire i compiti propri dei rispettivi ruoli.
Atto medico che appare difficile definire per mezzo dei propri contenuti, basti pensare alla definizione di salute dell’OMS, ma che la storia e la consuetudine più che le definizioni hanno ben definito nel corso dei secoli”.

In questo processo di revisione quale ruolo devono recitare i medici?
Penso che i medici debbano muoversi abiurando ogni logica di arroccamento di posizione, senza sottovalutare le forze in campo che sono sicuramente superiori per numero e peso politico alla categoria medica.
Inoltre a mio avviso non devono abiurare al ruolo di leaders nel processo di gestione della salute, ma devono altresì interpretare il loro ruolo condividendo obiettivi comuni in una dinamica di gruppo, dove tutti si sentano coartefici dei risultati ottenuti.
Credo sia inoltre opportuno evitare conflitti di competenze che renderebbero più facile la ricerca di autonomia a ogni costo da parte di queste professioni, cosa che ricadrebbe negativamente sul cittadino inerte coinvolto in una conflittualità in grado di destabilizzare l’intero sistema”.

Autore: Redazione FNOMCeO

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