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Chersevani: donna medico, una risorsa non ancora pienamente espressa

A pochi giorni dal workshop di Ventimiglia sulla femminilizzazione della medicina nelle esperienze di Italia e Francia, abbiamo conversato con Roberta Chersevani, presidente OMCeO di Gorizia e coordinatrice del gruppo FNOM che si occupa di problematiche di genere. A tema, a distanza di quattro anni dal Convegno di Caserta, i passi compiuti dall’Osservatorio per le problematiche di genere nella professione medica.

Presidente Chersevani, a Ventimiglia si torna a parlare di medicina al femminile. FNOM e gli Ordini sono sempre in prima fila su queste tematiche. Dopo il Convegno di Caserta si è mosso qualcosa?
Si torna a parlare di professione medica al femminile, e non è la prima volta dopo Caserta. Gli incrementi della presenza femminile nell’ambito medico sono costanti. Questo vale nei numeri che riscontriamo sia all’Università che nei posti di lavoro. L’Osservatorio che la Federazione ha dedicato alla professione “al femminile” esiste, si è arricchito di nuove presenze, anche se si muove lentamente perché non può condizionare miglioramenti nella realtà delle donne medico.
Un incontro realizzato qualche mese fa con le organizzazioni sindacali – che vedeva peraltro tutte donne, con qualche eccezione – ha avuto come riscontro un sentimento comune di partecipazione, ma non veri e propri propositi di adeguamento alla realtà.
Ci troviamo davanti ad un pensionamento massivo di alcune fasce di età, una crisi economica sostanziale, un conseguente ridimensionamento della sanità, una strenua valutazione dei criteri di sostenibilità – e i riferimenti a part-time, flessibilità, banca ore, che necessiterebbero, sembrano lontani anni luce. Comunque il nostro gruppo di lavoro si è incontrato più volte e ne sono derivati Convegni che portano tasselli ad un lavoro in cui si deve credere, che comporta pazienza e costanza, la leadership di Penelope.

La sua relazione sarà focalizzata sul tema della leadership al femminile: le donne in posizione apicale sono ancora poche? Ci si può chiedere se le donne non sono ancora pronte per gestire o se la cultura di vertice ancora non prevede posti importanti per manager/dirigenti/primari al femminile?
Per realizzarsi non sempre è necessaria una posizione apicale. Se penso al mio percorso di radiologa, devo dire che quando sono stata sufficientemente matura per posizioni apicali, ho visto cambiare la realtà. La figura del Primario ospedaliero – cui ci si poteva rivolgere anche per consigli e suggerimenti di refertazione e di gestione del processo diagnostico – è cambiata. L’attuale dirigente ha una funzione di manager – tra un’incudine che rappresenta il personale della sua Unità ed un martello che è la Dirigenza aziendale – cui deve rispondere per questioni gestionali e di utilizzo congruo delle risorse. A questo punto il mio interesse per una posizione apicale si è ridimensionato: questo dirigente è forse un ottimo manager, ma non rappresenta una figura di leader del reparto. Le competenze si sono arricchite, ma parcellizzate: l’esperto di Risonanza, di TAC, di ecografia…. Il collega radiologo è sostanzialmente solo nel suo percorso diagnostico e nelle problematiche che ne possono derivare. Questo vale per l’imaging diagnostico, ma anche per tutte le branche della medicina che si sono ampliate a dismisura.
Devo dire anche che in ambiente Ordinistico l’aumento della presenza femminile è poco considerevole e credo serva un ammodernamento della legge istitutiva, per attrarre i giovani e le giovani. Ai vertici in sanità le presenze femminili sono comunque contenute, in una situazione non differente da altre realtà europee.

Il workshop di Ventimiglia è un momento transfrontaliero. Dal suo osservatorio crede che ci siano effettive differenze tra Italia e altri paesi in tema di donne-leader in medicina?
Non conosco bene la realtà della Francia e l’incontro di Ventimiglia potrebbe creare un nuovo contatto. L’incremento delle donne all’interno della professione medica riguarda comunque tutte le realtà professionali del mondo Occidentale, con l’eccezione dei paesi del gruppo “sovietico” e della Finlandia, dove le donne erano già presenti in maggioranza da sempre.
Non mi risulta che ci siano paesi privilegiati e le difficoltà sono analoghe. La scelta di ambienti lavorativi che consentano un equilibrio tra vita lavorativa e privata coinvolge tutti i paesi compresi gli Stati Uniti. L’ambiente lavorativo delle donne medico diventerà più favorevole quando saranno maggioranza assoluta. Il Parlamento Europeo considera una presenza femminile del 60% entro il 2012, e credo che questo dato sia molto realistico e porterà con sé l’abolizione di segregazioni orizzontali e verticali, l’abolizione delle differenze salariali, una giusta progressione di carriera nel rispetto della conciliazione tra vita lavorativa e vita privata.
Per terminare credo comunque che le nuove generazioni siano spontaneamente foriere di cambiamenti perché forse meno condizionate dal sistema. Un annuncio di gravidanza nel mio Istituto era un dramma. Oggi vedo molte giovani colleghe senza ansie di questo tipo. Da qui la necessità di un monitoraggio del cambiamento.  

Autore: Redazione FNOMCeO

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