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Un mediatore “ad hoc” per le controversie in Sanità: intervista a Gabriele Peperoni

Troppo complessa e specifica la legislazione sanitaria perché la mediazione, anche in quest’ambito, possa essere affidata a una figura senza una formazione mirata. Parola di Gabriele Peperoni, Segretario della FNOMCeO e Responsabile del Gruppo di lavoro sulla Conciliazione.
Con lui – protagonista del percorso comune che la Federazione ha da tempo intrapreso con il Consiglio Nazionale Forense – l’Ufficio Stampa ha voluto fare il punto, a un mese dall’entrata in vigore, il 21 marzo, dell’obbligatorietà della conciliazione per la risoluzione della maggior parte delle controversie civili e commerciali.

Segretario, a un mese dall’introduzione della legge, ancora a lei la parola: quali passi in avanti sono stati fatti per l’attuazione della normativa anche in ambito sanitario?
È ancora presto per capire come il sistema sta reagendo all’introduzione della legge. E se questo è vero per tutte le materie a cui la normativa fa riferimento, è ancor più evidente che vi è necessità di un maggior tempo di rodaggio per valutare pienamente le ricadute della conciliazione in campo sanitario.

Lei ha condotto in prima persona le “trattative” con il presidente del Consiglio nazionale forense Guido Alpa e con i consiglieri Fabio Florio e Bruno Piacci. Può anticiparci le tappe salienti di questo percorso comune dei Medici e degli Avvocati?
Non definirei gli incontri intercorsi in senso stretto “trattative”, ma piuttosto una necessità, in qualche maniera derivante dalla legge, di incontrarsi tra i massimi rappresentanti delle due categorie professionali per discutere su alcune questioni che la norma non chiarisce o quantomeno lascia in chiaroscuro. Per questo, era indispensabile un confronto che potesse condurre a dei punti fermi, almeno in materia sanitaria.

In particolare, cosa chiede la FNOMCeO al Consiglio nazionale forense?
L’idea emersa è, innanzitutto, quella di prevedere una scuola di formazione specifica per la conciliazione in materia sanitaria. Per quanto, infatti, il mediatore possa essere una figura “carismatica” e capace di interpretare al meglio il senso della legge, non è possibile che conosca le basi di una legislazione complessa come quella sanitaria. Riteniamo necessario che chi voglia cimentarsi in questa materia debba almeno conoscere gli elementi che fanno riferimento al nostro Codice Deontologico: ad esempio, l’accanimento terapeutico, l’eutanasia, il consenso informato, il segreto professionale, le direttive anticipate, i test predittivi e tanti altri argomenti. Con tali basi, il mediatore sarà messo nelle condizioni di affrontare al meglio le questioni sanitarie, sia che riguardino il singolo professionista che la struttura dove opera.

Ma qual è, in generale, il percorso per diventare mediatore?
Per essere mediatori bisogna frequentare, per almeno cinquanta ore, una delle scuole registrate presso il Ministero della Giustizia e avere una laurea, anche triennale, e/o essere iscritti ad un Ordine o ad un Collegio Professionale.

Ci sono altri interventi che state valutando insieme agli Avvocati?
Senz’altro. Un secondo punto da approfondire è l’opportunità di istituire Organismi comuni tra Ordini degli Avvocati e Ordini dei Medici, da soli o insieme ad altri soggetti, al fine di portare all’interno del meccanismo conciliativo le proprie competenze e le proprie esperienze, la cui sommatoria offrirebbe maggiori garanzie ai cittadini.
Anche gli Ordini dei Medici, infatti, non sono nuovi alla Conciliazione: non scordiamo che la loro legge istitutiva già prevedeva, seppur non obbligatoria, la possibilità per tali Ordini di svolgere attività di conciliazione.

Quale può essere, dunque, il contributo degli Ordini dei medici all’attuazione della normativa?
In primo luogo, quello di essere parte attiva nell’insegnamento della materia Deontologica. E sarebbe necessario, a tal proposito, effettuare almeno otto – dieci ore aggiuntive rispetto alle cinquanta previste per legge. Altro ruolo importante potrebbe essere la verifica su quelli che dovranno essere i mediatori ausiliari – una sorta di CTU della mediazione – onde garantirne le competenze e la qualità del servizio svolto.

La normativa, a detta di tutte le parti in causa, è “perfettibile”. Quali sono le questioni ancora aperte e le possibili soluzioni?
Un problema che spesso viene sollevato è quello della territorialità: ad esempio, un evento accaduto a Roma può essere portato in conciliazione ad un Organismo con sede a Como, con tutte le difficoltà che si possono immaginare.
Problematiche specifiche in tema sanitario possono poi riguardare il comportamento delle Assicurazioni e delle Aziende dove il medico lavora.
Un’altra criticità può essere il coinvolgimento di più soggetti che hanno partecipato all’episodio che viene portato in conciliazione. Sappiamo infatti che il lavoro di equipe è oggi prevalente sia in ospedale che sul territorio. Questo potrebbe portare lo stesso caso a essere affrontato da diversi Organismi di Conciliazione, addirittura situati in comuni o regioni diverse.

Una volta andata a regime, quali saranno i vantaggi della media conciliazione per i cittadini?
La Conciliazione permette di ridurre il ricorso al tribunale e abbattere, al massimo entro quattro mesi, i tempi delle cause, producendo al tempo stesso un miglioramento dei rapporti sociali ed una diminuzione del tasso di litigiosità. Vengono inoltre abbattuti anche i costi, ma, soprattutto, può condurre ad un eventuale recupero dell’immagine e della fiducia dei cittadini nella giustizia italiana.

Autore: Redazione FNOMCeO

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