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Medicina potenziativa: tappa a Piacenza e si riparte

“Dalla cura del malato alla ‘cura’ del sano”. Questo il titolo del convegno che si è tenuto sabato 27 maggio nella Sala degli Arazzi del Collegio Alberoni, a Piacenza. Un evento promosso da OMCeO Piacenza, FNOMCeO e con la collaborazione della Società Bio-giuridica piacentina. Già il titolo è indicativo del cambio di paradigma avvenuto nella cura, ma il sottotitolo specifica ancora meglio quali sono i contorni attorno a cui si muove la medicina potenziativa: “Quello che si può fare, quello che si deve fare, quello che non si deve neanche pensare in tema di medicina potenziativa”. E il Presidente OMCeO di Piacenza Augusto Pagani, nell’aprire i lavori, ha spiegato: “Si tratta di grandi problemi per la professione, temi di attualità che sono già all’attenzione della FNOMCeO e della Consulta deontologica. Progressi e tecnologie pongono questioni nuove, per questo abbiamo scelto il titolo che segna il passaggio dalla cura del malato alla cura del sano”.

La Presidente FNOMCeO Roberta Chersevani è stata altrettanto chiara: “La medicina potenziativa ci accompagnerà nei prossimi anni, si sente che c’è una forte richiesta, ma noi come Federazione abbiamo ben presente temi e problemi che si presentano. Basti pensare all’evoluzione dei Codici dal 1958 ad oggi, a com’è cambiato e come sta cambiando il concetto di salute. Nel nostro nuovo Codice, sono particolarmente importanti gli articoli 20 sulla relazione di cura, il 5 sulla promozione della salute e il 32 sui doveri del medico nei confronti dei soggetti fragili”.

Hanno moderato la prima sessione Marcello Valdini, Presidente della Società Bio-Giuridica e Maurizio Scassola, Vicepresidente FNOMCeO. Emerge comunque che questi temi riguardano non soltanto l’ambito medico, ma anche quello giuridico e filosofico. Mario Jori, professore ordinario di Filosofia del Diritto alla Statale di Milano, ha posto l’accento sul rapporto tra umano e futuro: “Del futuro non sappiamo nulla – ha detto -. Le proprietà che fanno l’umano sono graduali. Non cambiare ci porta al principio di precauzione. La strategia giusta implica che studiando il passato si comprende il presente e i problemi da affrontare”.

Per lo Storico della Medicina Giorgio Cosmacini, “Cura e terapia non sono sinonimi. La Bioetica è finalizzata al miglioramento della qualità della vita. Dagli anni ’70 in poi, è avanzata l’idea che per una salute migliore ci volessero maggiori investimenti. Ma, al tempo stesso abbiamo assistito al declino del benessere percepito. La medicina ha acquisito in tecnologia ciò che ha perso in umanità. L’economia sanitaria è intrinseca alla scienza medica e il medico curante dev’essere un medico colto”.

Maurizio Mori, professore ordinario di Bioetica a Torino ha rilevato: “Nell’articolo 76 del Codice sono associate medicina potenziativa ed estetica. Quel che oggi è prevalente è questo senso di immortalità, declinato in prospettiva laica o religiosa. Ma non ci sono forti conflitti, evitiamo le etichette inutili. In Occidente persiste il dualismo tra materia fisica e metafisica, ma la scienza moderna ha cambiato tutto. La medicina accompagna il finalismo, non tenta di cambiarlo”.

Adriano Pessina, professore ordinario di Filosofia morale alla Cattolica di Milano ha affermato: “La differenziazione tra laico e cattolico ha un senso. Occorre tener conto di tre fondamenti teorici: la contraddizione nella creazione, per cui l’uomo persegue dei fini, ma ha una fine; un fondamento di natura etica è che non c’è giustizia in vita, ma soltanto dopo la morte; occorre pertanto una rilettura della condizione antropologica. L’immortalità non elimina la morte, perché implica una trasformazione. L’immortalità è già oggi ed è integrità dell’uomo. Nella religione cattolica si concepisce la resurrezione del corpo e dell’anima. La morte è un peso, ma anche una benedizione”.

La seconda sessione è stata moderata da Augusto Pagani e Maurizio Grossi, Presidente OMCeO di Rimini.
E proprio Grossi ha riferito del workshop che si è tenuto a Roma il 16 marzo proprio su questi temi. “Si è parlato di come gli interventi potenziativi possono aumentare quantitativamente alcune caratteristiche dell’uomo e migliorare qualitativamente la vita. C’è differenza tra medicina curativa e potenziativa: la prima cura fino a quando il paziente è guarito, la seconda è una tappa di un processo in continuo divenire. Non c’è fine alla potenziativa. Basti pensare come oggi le scoperte siano in tempi rapidi, mentre in epoche passate ci volevano secoli”.

La tavola rotonda, sempre condotta da Pagani e Grossi, si è centrata su tre domande alle quali hanno risposto gli interlocutori.

1^ domanda: L’obbligazione del medico ‘potenziativo’ è di mezzi o di risultato?

Filippo Anelli, Presidente OMCeO Bari: “L’alleanza terapeutica medico-cittadino deve valere non soltanto per la cura, ma soprattutto per il cittadino sano”

Maurizio Benato, Comitato Nazionale di Bioetica: “L’atto medico è stato concepito come serie di prestazioni, sottoposte al consenso informato, ma occorre approfondire i concetti di salute e benessere”.

Giorgio Berchicci, Presidente OMCeO Isernia: “In tempi di evoluzione tecnologica, le verità mediche sono momentanee. La medicina potenziativa vale sia per i mezzi, sia per i risultati”.

Claudio Buccelli, professore ordinario di Medicina legale a Napoli: “50  anni fa per lo sviluppo di conoscenze mediche ci volevano cinque anni, oggi bastano 72 ore. Nella medicina potenziativa sono importanti la responsabilità e l’ampiezza dell’informazione fornita al paziente”.

Stefano Falcinelli, Presidente OMCeO Ravenna: “Se si pensa al concetto di salute, l’OMS legittima la medicina potenziativa. Per il medico, vale un dovere di comportamento che si deve definire in un corretto rapporto medico-paziente”.

2^ domanda: L’obiezione di coscienza è invocabile nel caso di una richiesta potenziativa?

Anelli: “Emerge l’idea di superamento dei propri limiti. Nella medicina potenziativa tutto è finalizzato al benessere dell’individuo. L’obiezione di coscienza rimane nei limiti attuali”.

Benato: “Più che di obiezione di coscienza occorre parlare di clausola di coscienza, pensando all’articolo 22 (rifiuto di prestazione professionale), collegato all’articolo 20 (relazione di cura) e all’articolo 23 (continuità delle cure). Il concetto di cura ha un significato più vasto di terapia”.

Berchicci: “Non si può fare obiezione di coscienza rispetto a una medicina convalidata dalla scienza”.

Buccelli: “La magistratura dà valore al Codice, all’articolo 22 che contiene in sé la clausola di coscienza”.

Falcinelli: “Sì alla clausola di coscienza basata su principi di Bioetica: il medico deve perseguire il bene del paziente, in un principio di alleanza. Può rifiutare un trattamento che contrasti con quei principi, ma occorre tener presente anche il tema dell’equità, vale a dire la disparità di accesso rispetto ai mezzi del paziente”.

3^ domanda: Gli articoli 73 e 76 del Codice a confronto.

Anelli: “Circa il doping, il medico non può prescrivere quei farmaci, a meno che non ci sia una valutazione e ci sia informazione e consenso informato”.

Benato: “Ci sono dei farmaci che possono essere utilizzati per migliorare le condizioni di vita dei pazienti”.

Berchicci: “L’odontoiatria non è fuori dalla medicina potenziativa”

Buccelli: “Occorre pensare che l’articolo 73 potrebbe essere compreso nel 76. Comunque, il doping contrasta con il diritto alla salute, perché fa male”.

Falcinelli: “C’è il caso del cicloturista che chiede farmaci per migliorare le proprie performance. Noi dobbiamo ricordare il principio: primo, non nuocere”.

Sia il Presidente Pagani, sia la Presidente Chersevani, nel ringraziare relatori e ospiti, hanno confermato che l’evento di Piacenza è una tappa, ma su questi temi si andrà avanti con successive iniziative.

Autore: Redazione FNOMCeO

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