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DONNE MEDICO: PENALIZZATE PROFESSIONALMENTE, NEL DIRITTO ALLA MATERNITÀ ED ECONOMICAMENTE

Una nascita “col botto”, quella della Sezione
Torinese dell’Associazione Italiana Donne Medico. Studio,
riflessione,confronto e proposte: queste le parole chiave che emergono
in modo chiaro dall’evento di presentazione di questa nuova realtà
medico-sanitaria e culturale.

Il convegno “Donne medico oggi:
criticità,diseguaglianze, prospettive” organizzato dalla neonata sezione
torinese il 5 novembre scorso ha infatti affrontato alcune tematiche di
peso perchè condivise dall’universo femminile medico del nostro Paese e
non solo. Trattare come primo impegno pubblico l’evoluzione dei rapporti
di genere nelle diverse generazioni, l’influenza della maternità sul
lavoro medico e le normative correlate, le differenze retributive, la
gestione del disagio, solo per citare le principali, più di ogni altra
considerazione, può rappresentare davvero un bel biglietto da visita.

Alla d.ssa Enrica Guglielmotti, già Direttrice
S.C. Anestesia A- Ospedale S. G.Bosco Emrgenza Nord- ASL2 To.
Vicepresidente AIDM Torino. Componente Commissione Pari Opportunità
OMCeO Torino, abbiamo domandato perché si è deciso di parlare
dell’evoluzione dei rapporti di genere nelle diverse generazioni.

Le modalità di conciliazione lavoro
retribuito/lavoro familiare di cura e la suddivisione dei carichi di
lavoro all’interno della coppia – ci ha risposto- variano tra i due
generi in maniera differente a seconda delle varie generazioni.
L’analisi di Antonella Vezzani
illustrata nell’evento, evidenzia che, se nella generazione dei
tradizionalisti (nati trail 1925 ed il 1945) c’è una rigida divisione di
ruoli tra il marito ed una moglie che in genere non lavora; tra i “baby
boomers” (i nati tra il 1945 e 1964), si assiste al fenomeno delle donne
che entrano nel mercato del lavoro, cercano una  realizzazione
professionale, ma continuano a farsi carico pressochè integralmente del
lavoro di cura della famiglia. I ruoli all’interno della coppia,
simultaneamente ad un minor investimento nella propria identità
lavorativa, tendono a divenire più paritari nelle “Generazione X” (i
nati tra il 1965 e il 1980) e questa tendenza prosegue nella generazione
dei “Millenials” (i nati tra il1981 e il 2000), doveanche i padri
partecipano alla cura dei figli.

A questo proposito, la sociologa prof.ssa Manuela Naldini
ha presentato i dati italiani di un’indagine svolta a livello
europeo,in cui si rileva come nelle coppie giovani con un alto livello
di istruzione caratterizzate, prima della nascita del primo figlio, da
una equa partecipazione al lavoro domestico, dopo la nascita del primo
figlio si verifichi un processo di “ritradizionalizzazione” in cui è la
donna che si dedica al lavoro di cura sacrificando il proprio lavoro.

La proposta di modelli di cura che sottolineano la
centralità della madre nella gestione del bambino da parte degli esperti
e la carenza di politiche per la famiglia contribuiscono a rendere
difficile la partecipazione e soprattutto la permanenza delle donne nel
mercato del lavoro.

Cosa si può fare perchè il il diritto al lavoro non venga penalizzato dalla maternità?

La maternità –risponde sempre la d.ssa
Guglielmotti – è il tema che giustifica una “non accoglienza” delle donne
nel mercato del lavoro. I dati dell’Italia sull’occupazione femminile
sono peggiori di quelli europei.

Rispetto ad altri paesi europei con più attenzione
alle politiche per la famiglia, l’Italia presenta una normativa che
prevede un congedo genitoriale più breve. Il governo Renzi ha
sicuramente dedicato più attenzione a queste tematiche ma le norme, pur
interessanti, che sono state proposte (bonus bebè, vaucher baby-sitter,
proposte di welfare aziendale) risultano frammentarie, non inserite in
un quadro complessivo e,soprattutto, il loro finanziamento non è
stabilizzato.

Interessante la proposta del congedo di paternità,
che sancisce il diritto/dovere del padre di assentarsi in
occasione della nascita del figlio. È curioso che venga accettato tranquillamente il
congedo matrimoniale di 15 giorni, ma che per la nascita unfiglio si
discuta sull’opportunità dell’assenza.

Ma l’ENPAM si è mosso in favore della genitorialità… L’ENPAM
– risponde la d.ssa GabriellaTanturri, già Direttrice di Struttura
Semplice Day Surgery ORL AOU San Giovanni Battista di Torino, attuale
Città della Scienza, Presidente AIDM Torino e Coordinatrice della
Commissione Pari Opportunità OMCeO Torino
– ha costituito nel 2014
la Commissione di Genere, coordinata dalla Consigliera Anna Maria
Calcagni, che ha prodotto alla fine dello stesso anno un regolamento a
tutela della genitorialità, prendendo in considerazione tra l’altro anche
le gravidanze a rischioper le libere professioniste (l’età media della
prima gravidanza è alta per le donne italiane e in particolare per le
donne medico, con aumento percentuale di quelle a rischio).

L’intero corpo del regolamento, corredato di
copertura economica, presentato al Ministero del Lavoro a fine 2014, è
stato rigettato a ottobre 2015 per motivi formali. L’ENPAM lo ha
ripresentato effettuandole modifiche richieste, si è in attesa di
risposta. Questo sottolinea il ritardo culturale che molte istituzioni,
vincolanti, manifestano nei confronti della maternità e delle opzioni
che possono contribuire a sostenerla fattivamente. Ciò purtroppo vanifica
gli sforzi e nuoce alla credibilità di proposte come il “fertility
day”.

Cosa si può fare di concreto, ma subito, per
dare almeno il segnale di una inversione di tendenza rispetto
alle criticità maggiori che sopportano le donne medico in Italia?

È necessario –continua la d.ssa Tanturri-agire su
un livello normativo generale, con norme che aumentino la
condivisione del lavoro di cura con gli uomini, in modo da non scaricarlo
sulle sole donne,e non penalizzare le aziende che assumono le donne.

Per il vasto capitolo delle modifiche contrattuali
siamo in fase di ridiscussione dei contratti nazionali. È
necessario sollecitare nella dirigenza sindacale, i cui vertici sono
ancora ampiamente maschili e appartenenti a fasce generazionali poco
sensibili a queste tematiche, la richiesta dell’inserimento della
puntuale sostituzione, a livellonazionale, di tutte le maternità
nellapiattaforma rivendicativa. Solo così si possono mettere le basi per
un realesostegno della maternità e contribuire a invertire il trend
negative delle nascite, oggetto di tanti articoli preoccupati sulla
stampa italiana. Finora, l’unico segnale di presa di coscienza della
femminilizzazione della professione medica consiste nella richiesta di
risparmi fiscali da investire in parte in possibili strumenti di welfare
aziendale.

L’istituto del part time, ora utilizzato in
proporzione ridotta anche a causa della rigidità delle norme, può essere
valutato come strumento di conciliazione rendendolo più articolato e
flessibile: ricordiamo però che oltre a diminuire lo stipendio nel
periodo in cui viene usufruito, ha l’effetto, particolarmente in periodo
di regime pensionistico su base contributiva, di penalizzare
economicamente anche nella fase della pensione.

Come possiamo concludere questa intervista a due voci?

Le donne medico –rispondono quasi all’unisono le
dottoresse Guglielmotti e Tanturri- sono tuttora penalizzate: in
particolare nel diritto alla maternità e nel riconoscimento della loro
professionalità. Vi sono al momento alcuni segnali positivi in ambito
previdenziale, alcune – anche se non organiche – iniziative a livello
legislativo; la contrattazione sindacale è in grave ritardo.


Autore: Redazione FNOMCeO

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