Cassazione Penale Sentenza n. 39055/17 – Prestazioni odontoiatriche – Corone in resina invece che in ceramica – L’odontoiatra che impianta nell’arcata dentaria del paziente elementi dentari in resina e non, come pattuito, in ceramica non risponde del reato di frode nell’esercizio del commercio. Va, dunque, certamente esclusa, per quanto rileva nel caso in esame, la configurabilità della disposizione di cui all’art. 515 c.p. con riferimento allo svolgimento di attività medica, compresa quella odontoiatrica, che si caratterizza, anche quando sia svolta professionalmente e a scopo di lucro, per il fine di cura dei pazienti e di salvaguardia della loro salute, a differenza delle attività commerciali, caratterizzate dalla causa di scambio, di merci o servizi verso un corrispettivo.
FATTO E DIRITTO: Con sentenza del 27 giugno 2012 il Tribunale di Lodi condannò G.G. alla pena di mesi quattro e giorni quindici di reclusione e al risarcimento dei danni in favore della parte civile, alla quale assegnò anche una provvisionale di Euro 3.000,00, in relazione ai reati di cui all’art. 515 c.p. (per avere, nell’esercizio della professione di odontoiatra, venduto e consegnato a F.D. impianti dentari di origine e qualità diverse da quelle pattuite, impiantandogli nell’arcata dentaria elementi dentari in resina e non, come pattuito, in ceramica) e art. 485 c.p. (per avere, al fine di procurarsi un vantaggio, formato falsamente un preventivo per prestazioni dentistiche difforme rispetto a quello rilasciato a F.D.); con la medesima sentenza l’imputato venne assolto dal connesso reato di lesioni colpose per insussistenza del fatto. La Corte d’appello di Milano, provvedendo con sentenza del 14 marzo 2016 sulla impugnazione dell’imputato, pur essendo frattanto interamente decorso il termine massimo di prescrizione di entrambi i reati, ha assolto l’imputato dai reati a lui ascritti per insussistenza del fatto, revocando conseguentemente le statuizioni civili. E’ stata esclusa, in particolare, la configurabilità, in relazione ad una attività professionale medica quale quella svolta dall’imputato, del reato di frode in commercio di cui all’art. 515 c.p. , che richiede che l’agente operi nell’esercizio di una attività commerciale ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, non potendo estendersi analogicamente in malam partem tale previsione alla attività medico dentistica.Quanto al reato di falsità in scrittura privata di cui all’art. 485 c.p. , contestato in relazione alla formazione da parte dell’imputato di quattro preventivi in data (OMISSIS), relativi a interventi, materiali e importi diversi tra loro, ne è stata evidenziata l’assenza di contraffazione materiale, essendo tutti pacificamente provenienti dall’imputato, di cui recavano la sottoscrizione, con la conseguente configurabilità non di un falso materiale, bensì, eventualmente, di un falso ideologico in scritture private (per il loro contenuto non veritiero), privo di rilevanza penale. Al riguardo è stata dalla Corte territoriale ritenuta prevalente la formula di proscioglimento per insussistenza del fatto, rispetto a quella di mancata previsione dello stesso come reato, conseguente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 7 del 2016 , che ha escluso la rilevanza penale del reato di cui all’art. 485 c.p.. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la parte civile, F.D., affidato a due motivi. Il ricorso non è fondato. Per quanto riguarda la doglianza formulata con il primo motivo, riguardo alla errata esclusione della configurabilità del reato di cui all’art. 515 c.p. in relazione alla attività medico dentistica, in particolare con riferimento alla installazione da parte dell’imputato di un impianto protesico difforme per i materiali impiegati rispetto a quanto pattuito e promesso (in resina anzichè in ceramica), va osservato che la norma incriminatrice contestata, inserita nel titolo 8 del libro 2 del codice, relativo ai delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio, e, nell’ambito di tale titolo, nel capo II, relativo ai delitti contro l’industria e il commercio, sanziona le condotte commesse nell’esercizio di una attività commerciale o in uno spaccio aperto al pubblico. Va, dunque, certamente esclusa, per quanto rileva nel caso in esame, la configurabilità della disposizione di cui all’art. 515 c.p. con riferimento allo svolgimento di attività medica, compresa quella odontoiatrica, che si caratterizza, anche quando sia svolta professionalmente e a scopo di lucro, per il fine di cura dei pazienti e di salvaguardia della loro salute, a differenza delle attività commerciali, caratterizzate dalla causa di scambio, di merci o servizi verso un corrispettivo Per quanto riguarda, poi, la specifica fattispecie in esame, e, in particolare, la fissazione di un impianto protesico (della cui corrispondenza alle caratteristiche qualitative promesse e garantite il ricorrente si duole), non ritiene la Corte che tale attività, e neppure la fornitura della protesi, possa essere qualificata come atto di commercio, nel senso indicato dal ricorrente, che in proposito ha menzionato la sentenza n. 16386 del 2002 di questa Sezione (Sez. 3, n. 16386 del 14/03/2002, Del Papa, Rv. 221714), risultando comunque del tutto prevalente, sia sul piano del contenuto della prestazione, sia sotto il profilo del suo scopo, la finalità di cura e l’attività medico dentistico. L’acquisto dell’impianto protesico, pur prescindendo dal rilievo che esso viene, in genere, realizzato e fornito da un odontotecnico, che poi provvede a consegnarlo al medico dentista per la fissazione sul paziente, sicché è tra costoro, semmai, che avviene un atto di commercio, cioè un negozio di scambio, non muta il carattere e la natura del rapporto tra medico e paziente, pur sempre caratterizzato dal fine di cura e non di commercio, rimanendo la fornitura della protesi (peraltro procurata dal tecnico odontoiatra) in funzione strumentale rispetto alla anzidetta finalità di cura. Ne consegue che del tutto correttamente la Corte d’appello, nell’accogliere l’impugnazione dell’imputato, ha escluso la qualificabilità come atto di commercio della fornitura della protesi dentaria, e con essa anche della configurabilità del reato di frode in commercio in relazione alla sua difformità qualitativa, rimanendo assorbito tale fornitura, nel rapporto tra medico e paziente, dal fine di cura. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali)