Medici militari

Tar Lazio Sentenza n. 5797/16 – Medici militari – Il Tar Lazio ha affermato che deve essere precluso ai medici militari in servizio lo svolgimento in regime libero professionale della redditizia attività certificativa del possesso dei requisiti necessari per ottenere il porto d’armi, onde evitare che vadano in circolazione soggetti armati di cui non sia stata accertata adeguatamente (mediante strutture pubbliche indipendenti) la capacità psico-fisica necessaria ad escludere incidenti. “Si tratta pertanto di misure organizzative che non possono ritenersi irragionevolmente lesive del prestigio professionale o degli interessi economici dei medici militari – né atte ad introdurre irragionevoli discriminazioni rispetto ad altre categorie professionali – in quanto sono chiaramente ispirate alle finalità precauzionali e necessarie per salvaguardare superiori interessi di sicurezza pubblica che, assumendo rango primario, sono stati considerati in modo del tutto ragionevole come prevalenti rispetto all’interesse meramente economico dei medici militari a poter svolgere l’attività libero-professionale di rilascio a pagamento, nell’attività privata, dei relativi certificati”.

FATTO: Alcuni Ufficiali medici hanno impugnato il provvedimento dell’Ispettorato Generale della Sanità Militare del 5.09.2014 – diramato con note dei Comandi di appartenenza degli stessi a partire dal 29.9.2014 – con cui viene loro comunicato che, sulla base del parere espresso dall’Ufficio Generale Affari Giuridici dello Stato Maggiore Difesa, i medici militari in servizio non possono svolgere attività libero professionale certificativa in relazione a certificazioni di idoneità alla licenza di porto d’armi – “sancendo la conseguente non autorizzabilità ai sensi dell’art. 209 co. 4 del COM della predetta attività da parte degli Uffici di appartenenza degli stessi – in quanto il rilascio di tali autorizzazioni è riservato ai competenti uffici medico-legali o distretti sanitari delle ASL o della PS”.

DIRITTO: L’art. 3 dell’impugnato DM 28.4.1998 nel ridisciplinare le modalità di accertamento dei requisiti psicofisici per il rilascio ed il rinnovo del porto d’armi – in virtù della previsione legislativa introdotta dalla legge n. 89/1987 – s’è limitato a modificare quanto disposto dal DM 14.09.1994 (sicché, è con quest’ultimo che semmai il DM impugnato si pone in contrasto, piuttosto che con la legge-fonte, che nulla prevedeva riguardo il regime delle competenze) – che aveva riconosciuto tale potere certificatorio anche al singolo medico militare – ripristinando l’originario assetto di competenze sancito dal previgente DM 4.12.1991 che attribuiva il potere certificatorio solo a strutture della sanità pubblica civile e militare.

La ratio della restituzione al regime “pubblicistico” di relativi controlli è insita nel grave rischio per la sicurezza pubblica di affidare ad un singolo sanitario operante come libero professionista nel libero mercato la delicata e complessa valutazione dell’idoneità del soggetto che richiede di girare armato (anche a seguito della fallacia delle valutazioni prognostiche sul rischio di abuso evidenziate da ripetuti fatti di cronaca) e della necessità di disporre di una struttura in cui assoggettare i richiedenti a controlli più efficaci e penetranti – che investono non solo la sfera psichica, ma anche tutta una serie di requisiti fisici (uditivi, visivi, motori, etc.) per scongiurare il rischio di incidenti ed abusi nell’uso delle armi. Il Ministero della Sanità ha alternativamente adottato diversi modelli di potere certificatorio, alternando un regime di riserva ad un regime di liberalizzazione “controllata”, addivenendo tuttavia alla scelta, messa in contestazione con il ricorso in esame, di escludere la competenza del medico militare a rilasciare certificazioni in regime libero-professionale finalizzati a consentire ai privati cittadini di girare armati al di fuori della loro abitazione.

Si tratta di una scelta che il Ministro della Sanità ha legittimamente operato nell’ambito delle diverse opzioni alternative possibili, introducendo una misura necessaria a scongiurare il grave rischio per la sicurezza e l’incolumità dei consociati di affidare ad un singolo sanitario, operante in regime di libera professione, presso strutture esterne (studi privati, etc.) la delicata e complessa valutazione dell’idoneità del soggetto-cliente che richiede di girare armato. Tale scelta non si pone in contrasto né con la legge-fonte (legge n. 89/1987) né con le specifiche e puntuali previsioni normative che consentono al medico militare di attestare il possesso di determinati requisiti psicofici per svariate finalità (guida di autoveicoli, esonero dalle lezioni di ginnastica etc.), che non valgono a configurare un principio generale di “autorizzabilità” di qualunque attività certificatoria da parte di detti medici che invece non trova alcun fondamento nella normativa in materia, dalla quale si desume, invece, proprio il contrario e cioè che, al di fuori delle ipotesi espressamente previste non sia consentito al medico militare di rilasciare certificati (sicchè non è possibile configurare un potere certificatorio in regime libero professionale dei medici che operino al di fuori delle strutture sanitarie militari).

Si tratta pertanto di misure organizzative che non possono ritenersi irragionevolmente lesive del prestigio professionale o degli interessi economici dei medici militari – né atte ad introdurre irragionevoli discriminazioni rispetto ad altre categorie professionali – in quanto sono chiaramente ispirate alle finalità precauzionali e necessarie per salvaguardare superiori interessi di sicurezza pubblica che, assumendo rango primario, sono stati considerati in modo del tutto ragionevole come prevalenti rispetto all’interesse meramente economico dei medici militari a poter svolgere l’attività libero-professionale di rilascio a pagamento, nell’attività privata, dei relativi certificati. È proprio la delicatezza del complesso compito valutativo e dell’importante impatto sulla sicurezza pubblica dell’attività certificatoria in parola che giustifica la riserva del loro rilascio agli uffici medico-legali delle strutture pubbliche – sottraendolo all’ambito privato delle certificazioni con conseguente ritorno al regime pubblicistico (come d’altronde già sancito dal DM 4.12.1991) – che, oltre a disporre delle diverse professionalità medico-legali e di professionisti dotati di specifiche competenze (psichiatriche, oculistiche, etc.) necessarie ad una valutazione “interdisciplinare” dell’attitudine complessiva del soggetto a girare armato, comporta un differente e più severo regime giuridico rispetto alle certificazioni relative ad altri titoli abilitativi (alla guida di autoveicoli, patenti nautiche), etc., che incidono principalmente sulla sicurezza alla circolazione dei veicoli e dei natanti – e quindi solo indirettamente ed occasionalmente sulla sicurezza delle persone – ed implicano verifiche dei requisiti psico-fisici meno complesse e meno suscettibili di errore di valutazione (quali sono invece quelle relative alla personalità e capacità di controllo degli impulsi del richiedente il porto d’armi).

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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