Governo-Regioni, da domani prove di dialogo sulla manovra

Alla fine, dopo un braccio di ferro durato giorni, la convocazione del Governo ai Presidenti delle Regioni è arrivata. All’incontro ci sarà il Premier Silvio Berlusconi, oltre al Ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Era quel che chiedeva Vasco Errani, Presidente della Conferenza delle Regioni, un incontro politico per valutare la manovra ed evitare uno scontro istituzionale.

La riunione si terrà a Palazzo Chigi domani, venerdì 9 luglio alle ore 11. Ma il Governo, nel convocare i Presidenti, ha diffuso una nota per mettere, come si suole dire, i puntini sulle ‘i’, precisando che esistono dei paletti di cui occorre tenere conto. E rispetto alla posizione dei Presidenti, che chiedevano una diversa proporzione dei cosiddetti tagli tra Stato centrale e Regioni ed Enti locali, il Governo, dopo aver precisato che “ciò che viene rilevato ora come “squilibrio” a carico dei governi locali va, dunque, valutato in base a ciò che è già stato operato a carico del governo centrale (e non può essere ulteriormente incrementato). Ciò rende oggettivamente impraticabile l’ipotesi di uno spostamento interno alla manovra, da una voce all’altra”.

Palazzo Chigi ribadisce le posizioni del Governo
Ma il documento del Governo entra nel merito anche nella parte che riguarda specificamente le Regioni: “1) con riferimento al 2009, ultimo anno per cui è disponibile il conto delle Amministrazioni pubbliche, la spesa delle amministrazioni pubbliche consolidata è pari a 799 miliardi di euro. La spesa statale non consolidata è pari a 459 miliardi di euro. La spesa delle amministrazioni locali non consolidata è pari a 255 miliardi di euro.
Sottraendo dalla spesa tanto statale quanto locale le voci relative alla spesa per interessi (questa prevalentemente statale) e la spesa per il personale, si ha che la spesa discrezionale confrontabile in termini omogenei è:
a) per la parte statale pari a 84 miliardi di euro (naturalmente al netto dei trasferimenti ai governi locali);
b) per la parte locale è pari a 171 miliardi di euro (naturalmente al netto dei trasferimenti interni al comparto dei governi locali);
2) sugli oltre 170 miliardi di euro di competenza delle Regioni, l’incidenza della manovra è pari al 3% circa. Percentuale che da un lato non può essere ridotta, dall’altro lato è recuperabile nella forma di possibili economie di bilancio. Oltre quanto esposto fin qui in termini di manovra, va rilevato che esiste, nel comparto delle Regioni, una ulteriore criticità, insieme a due rilevanti opportunità:
1) la criticità è nel dissesto sanitario ormai esteso ad una vasta parte del Paese. Non è questa la sede per un discorso sulle responsabilità passate, ma certo è questa la sede per iniziare un discorso serio su cosa fare da oggi in poi in questo campo. Da parte del Governo c’è il massimo impegno nella possibile congiunta ricerca dei termini di effettività, realizzabilità, sostenibilità dei piani di rientro. Va, comunque, premesso che la soluzione del problema non è soggettiva ma oggettiva, non è nella storia ma nel presente, ed il peso dei problemi ereditati non è un argomento per attenuare gli sforzi ma piuttosto per rafforzarli operativamente e immediatamente;
2) la prima delle due citate opportunità è rappresentata dall’inventario-disponibilità dei fondi per interventi speciali ancora in essere e disponibili (inventario in corso);
3) la seconda opportunità è inoltre rappresentata dal federalismo fiscale. Già nella manovra c’è una specifica normativa sui costi standard. Il decreto applicativo della legge-delega sul federalismo fiscale in materia di federalismo regionale può essere presentato, discusso ed approvato entro l’anno e dunque prima dell’entrata in vigore della manovra. Resta fermo l’impegno del Governo a discutere con le Regioni sulla applicazione della manovra nella sua parte pattizia”.

Le Regioni replicano: la manovra va riequilibrata
La notizia della convocazione è arrivata nel tardo pomeriggio di mercoledì, dopo che Errani aveva comunque convocato in via straordinaria la Conferenza delle Regioni, confermando anche la convocazione per oggi alle 11, dopo che, nel primo pomeriggio, il Premier aveva ‘visto’ a Palazzo Grazioli i Presidenti del centro-destra, mentre in strada avveniva la carica delle Forze dell’Ordine contro i manifestanti, terremotati, provenienti dall’Aquila, ai quali al termine della giornata, è stato concesso un emendamento alla manovra per ripartire il pagamento del recupero delle tasse non versate dagli aquilani per la sospensione disposta a causa del terremoto su 10 anni anziché su 5, come attualmente dispone la norma approvata in commissione.
Tornando alla convocazione, subito dopo la notizia, Errani ha ribadito la posizione rispetto alla partecipazione alla Conferenza Stato-Regioni convocata oggi alle 15: “Ci veniamo dopo l’incontro con il presidente del Consiglio". Errani, ha risposto così al Ministro Raffaele Fitto in un faccia a faccia a Sky tg24 Economia.
Anche Errani mette i suoi puntini sulle ‘ì’: “Confido che nell’incontro ci sia modo per fare qualche passo avanti, non vogliamo un conflitto istituzionale”. Ma il Presidente delle Regioni, rispetto alla posizione del Governo sull’invariabilità di alcune voci della manovra, va giù duro: “bell’incontro…io all’incontro vado con lo spirito di dialogare, non di ribadire dei dictat”. E nemmeno sfuma l’ipotesi della restituzione delle deleghe al Governo: “Noi ci andiamo in Conferenza Stato-Regioni ma dopo l’incontro con il premier e chiediamo di mettere all’ordine del giorno l’intesa per la riconsegna delle deleghe, perché non si può passare il cerino”. D’altra parte, sempre sul tema delle deleghe, durante la giornata, Errani aveva ribadito: “Questa è una decisione già presa; il nostro non è un ragionamento finalizzato allo scontro, ma una presa d’atto doverosa, presa in considerazione del fatto che il governo ha deciso di tagliare a monte le risorse delle Regioni”.
Errani sfata anche la storia delle Regioni virtuose: “Tutte le Regioni sono sulla valorizzazione dei comportamenti virtuosi – ha detto Errani – ma, non bisogna dimenticare che l’emendamento Azzolini prevede un taglio di oltre 4,3 miliardi di euro, su un fondo unico che al momento vale 4,9 miliardi. Mi sembra evidente – ha concluso – che a questo punto non valgono più i ragionamenti sui comportamenti virtuosi, perché non c’e’ più nulla da redistribuire. E siamo convinti – ha concluso – che il premier ci capirà”.
Ma ci sono cifre che provocano la preoccupazione bipartisan dei Presidenti di centrodestra e di centrosinistra, indipendentemente dalla ‘virtuosità’, e si tratta di alcune cifre relative alla sanità. Su questo punto, venerdì scorso, proprio in un’intervista al nostro portale, Errani aveva detto: “La Sanità è più che toccata, è di fatto “tagliata”, tradendo anche il Patto per la Salute perché incidendo sul fabbisogno finanziario del Sistema Sanitario si rompe in modo unilaterale quello stesso accordo. Va poi sottolineato che sul piano sostanziale i risparmi ottenuti con interventi sui farmaci generici, peraltro proposti dalle Regioni, non sono investiti per finanziare l’acquisto di farmaci in settori dove l’innovazione causa i costi maggiori, penso alle cure oncologiche. Questi risparmi invece vengono sottratti al Fondo Sanitario, traducendosi in un taglio di 300 milioni nel 2010 e di 600 milioni nel 2011 e nel 2012”.

Resta il rischio della remissione delle deleghe dalle Regioni allo Stato
E, a proposito di cifre, già alla fine di giugno, in una delle ennesime richieste d’incontro al Presidente del Consiglio, Errani ebbe a motivare le ‘criticità’ della manovra: “E’ a rischio lo sviluppo, l’occupazione, la qualità di servizi essenziali per i cittadini. Dare una mano all’economia territoriale significa far ripartire il Paese. E’ nostro compito istituzionale far sì che si continuino a garantire servizi di primaria importanza, quali il trasporto pubblico locale, la tutela dell’ambiente, la protezione civile, il mercato del lavoro o gli incentivi alle imprese. Consapevoli dei problemi dei conti pubblici siamo stati i primi a chiedere una Commissione  che verifichi la qualità della spesa della Pubblica amministrazione, a cominciare dalle Regioni e dallo Stato centrale. Questa Commissione straordinaria Governo–Regioni dovrà verificare i costi di gestione e individuare anche eventuali sprechi e ulteriori misure che producano risparmi di spesa in egual misura su tutti i livelli istituzionali. Non solo noi, ma anche lo Stato deve fare la propria parte. Ed è proprio questo ciò che non va nella manovra. Non va che l’amministrazione centrale dello Stato partecipi con l’1,2% e le Regioni con tagli del 14%. Con le risorse messe a disposizione come si fa ad erogare gli stessi servizi? Ecco  il perché della nostra iniziativa di porre all’ordine del giorno la remissione delle deleghe. E’ un atto di  trasparenza e di responsabilità istituzionale”. Sullo sfondo resta la delusione dell’ANCI, l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, espressa dal Presidente, il Sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, che rileva la mancata convocazione dei Comuni a Palazzo Chigi: “Tendo a credere che la convocazione delle sole Regioni all’incontro con il Presidente del Consiglio sia il frutto di una svista e non un goffo tentativo di incrinare il fronte delle autonomie locali e regionali; tentativo che sarebbe inevitabilmente destinato a fallire. ”Noi comunque – ha chiarito – rimaniamo in attesa delle risposte alle proposte che abbiamo avanzato”.
L’attenzione si sposta ormai su venerdì. L’esito del confronto tra il Premier e i Presidenti delle Regioni è uno snodo importante nell’attuale momento politico e istituzionale, per la tenuta stessa del sistema Italia. Come andrà? Nemmeno Barbanera o Notradamus riuscirebbero a prevederlo. Inoltre, la tempistica è stretta: martedì la manovra approderà in Senato per essere votata giovedì, successivamente alla Camera, e il Governo porrà la fiducia nei due rami del Parlamento, nel fuoco incrociato delle opposizioni. La doppia fiducia al Senato e alla Camera è giudicata da Pierluigi Bersani, segretario del PD, “un atto incommentabile”.

Autore: Redazione FNOMCeO

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