Benato: un film per raccontare l’Italia attraverso la professione medica

In queste settimane le iniziative per ricordare il centenario della nascita dell’Ordine dei medici si diffondono con continuità in tutto il Paese. E, a partire dal convegno FNOMCeO nei capoluoghi della Romagna, hanno uno strumento in più a disposizione, Professione medico, 100 anni di storia degli Ordini dei medici, cioè il documentario realizzato per raccontare in immagini cento anni (e più) di storia della professione in Italia. Il film è stato realizzato da Alessandro Varchetta con Maurizio Benato, vicepresidente nazionale FNOMCeO, in qualità di supervisore e coordinatore dei contenuti. Con lui abbiamo provato a comprendere il senso di questa iniziativa documentaristica.

Presidente Benato, quale era l’obiettivo della Federazione nel dare l’avvio a questo progetto?
Volevamo di sicuro raccontare l’evoluzione della professione attraverso le immagini, che sono sempre un veicolo di contenuti più forte delle parole.

Immagini che mostrano inizialmente un’Italia povera, quella di fine 800, sanitariamente inesistente. In quegli anni il medico aveva anche un’enorme funzione sociale?
Certo era un Paese piuttosto arretrato, dove dal punto di vista sanitario tutto era basato su un importante rapporto personale del medico con il paziente, con la sua famiglia allargata. In questa Italia la figura del medico condotto cominciava a farsi largo, svolgendo un aspetto soprattutto sociale, interessandosi dell’ambiente in cui vivevano gli italiani. Un medico che occupandosi di malaria, tubercolosi e vaccinazioni, si faceva carico più o meno direttamente di tutte quelle istanze che non erano ancora nate in una popolazione per lo più povera e analfabeta.

Nelle immagini d’epoca si intuisce che la differenza di classe sociale non portava a una diversità di cure…
Certo anche i più ricchi si facevano curare dal medico condotto. Si pensi che all’inizio del XX secolo alcuni comuni estesero le prestazioni dei condotti anche ai più abbienti e questo divenne motivo di contestazione da parte dei medici condotti stessi, che interpretavano funzione e professione solo a favore dei più poveri. Una situazione che cambierà solo durante il fascismo, con l’abolizione della condotta piena…

Insomma, diciamo che, per chi non l’ha ancora visto, il film è un racconto per immagini non solo della professione medica, ma anche dell’intero Paese. Raccontare l’Italia che cambia, vista attraverso l’angolatura delle professione medica era un obiettivo implicito del vostro lavoro?
La professione medica ha svolto un ruolo fondamentale nel Paese e qui abbiamo voluto esprimerlo nel suo modo più compiuto, evitando di raccontare solo una… storia interna. Si pensi solo al fatto che le leggi sociali e sanitarie italiane le hanno fatte i medici, che in quel tempo erano soprattutto di estrazione igienista. Mi pare un contributo non indifferente alla storia contemporanea d’Italia.

A chi si rivolge questo documentario? Crede che i giovani medici possano essere un pubblico importante?
Quello che abbiamo voluto trasmettere è che la professione non si esaurisce nella tecnica, nelle prestazioni, ma ha un immenso background etico e sociale e questo va mantenuto. Per noi è essenziale comunicare, anche attraverso questo film, che il tecnicismo e l’evoluzione globale della medicina non deve fare perdere quel che è sempre stata l’anima del medico. In questo senso i giovani medici, i laureandi, gli specializzandi e gli studenti di medicina possono essere di certo un pubblico molto interessato e coinvolto.

Quale è il messaggio finale che cerca di comunicare questo magnifico documentario?
Il nostro messaggio è uno solo: non abbandonare la medicina come opera di un singolo nella collettività. Tutelare la professione del singolo medico, significa tutelare la comunità.

Autore: Redazione FNOMCeO

© 2023 - FNOMCeO All Rights Reserved. Via Ferdinando di Savoia, 1 00196 ROMA CF: 02340010582

Impostazioni dei Cookie.