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Sussarellu: storia e contesto del workshop della Maddalena

Il workshop de La Maddalena si avvicina, ricco di attesa e di interrogativi su un evento che si presenta come il primo nel suo genere, esordio di un dialogo tra sanità militare e sanità civile. Il “pensiero” sorgivo dell’evento che vedrà il confronto tra medici in camice bianco e medici in mimetica ha visto la collaborazione tra FNOMCeO e Federazione degli Ordini della Sardegna per l’identificazioni dei temi, degli interlocutori, dello sviluppo complessivo della due giorni che porterà in uno degli angoli più suggestivi del Mediterraneo medici e media, istituzioni e comandi militari. La Maddalena, ricordiamolo, è un arcipelago dove vivono oltre quindicimila persone, con la presenza di 35 medici, tra medicina di base, specialisti, odontoiatri e interni dell’ospedale Paolo Merlo. Ecco come Agostino Sussarellu, presidente OMCeO di Sassari, racconta ai lettori gli antefatti del workshop a nome di tutti i colleghi (Luigi Arru, Raimondo Ibba e Antonio Sulis). Aggiungendo alcune considerazioni sul contesto dei rapporti territoriali e umani di una regione ad alta presenza di servitù e basi militari…

Presidente Sussarellu, come mai avete scelto La Maddalena per questo workshop, luogo di particolare memoria per la storia italiana?
La scelta è di antica data ed è stata mossa dal desiderio che avevamo come Ordini della Sardegna di promuovere un evento regionale per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Il nostro emblema, in questo senso, è sempre stato l’Isola Caprera, dove Garibaldi ha finito i suoi giorni e dove ancora si conserva la sua casa. Proprio con Garibaldi, poi, la medicina sarda ha vissuto un suo momento importante, perché molti medici furono chiamati a confrontarsi con una sua celebre ferita, motivo per cui abbiamo voluto mettere il giudizio di Pietro Ripari – celebre patriota e medico curante di Garibaldi – sulle brochure del workshop. Sto quindi parlando di un’idea che abbiamo sviluppato circa un anno fa come convegno storico, un’ipotesi che poi si è leggermente differenziata, si è ampliata ed ha assunto la fisionomia e le dimensioni attuali.

Proprio a La Maddalena doveva tenersi nel 2009 il G8, poi spostato a L’Aquila. Con questo workshop avete voluto in un qualche modo nobilitare e simbolicamente collegarvi al lavoro già svolto per quell’occasione?
Le due cose in effetti sono molto legate: abbiamo pensato che fosse giusto dare ai colleghi di quella zona un segnale di vicinanza da parte dell’Ordine e della Federazione nazionale visto che La Maddalena è stata abbandonata così improvvisamente e sono state spezzate tante aspettative. Onestamente il G8 doveva essere un lancio internazionale per l’arcipelago, invece purtroppo non è accaduto nulla. Così abbiamo pensato che questo potesse essere un modo per essere concretamente vicino a questa comunità.

Durante tutto il periodo organizzativo del convegno il dialogo tra civili e militari è stato semplice? Avere a che fare con l’organizzazione "a stellette" è una cosa ancora complessa come nel passato?

Per quello che ci riguarda devo dire che la sanità militare de La Maddalena da oltre 2 anni ha chiesto collaborazione ordine per migliorare rapporti tra sanità militare e sanità civile, quindi ci siamo mossi da basi più che positive. Inoltre c’era già un rapporto stretto tra sanità territoriale e sanità della Marina Militare. Aggiungo che la collaborazione particolarmente fattiva con Gennaro Banchini, capitano di vascello medico e responsabile della Sanità militare nell’isola, ha fatto si che tutti potessimo lavorare al meglio e senza lentezze burocratiche.

Rimanendo su questi temi: la Sardegna è una delle regioni a grande presenza militare. Come sono i rapporti tra gente sarda e gli "uomini in divisa"?
Diciamo che sono rapporti… complessi. La Sardegna da un lato è positivamente legata alla storia della brigata Sassari, i famosi dimonios, reparto dalla lunga storia tra i più impiegati all’estero. Dall’altro, però, c’è un’insofferenza generalizzata verso le servitù militari che incidono pesantemente sulla vita civile: si stima che circa il 60% del territorio regionale sia soggetto a servitù e questo, come si può capire, non facilità ad avere simpatia verso il sistema complessivo…

Presidente: ancora una volta gli Ordini della Sardegna si sono fatti promotori di un evento stimolante, entrando in una nicchia inesplorata della riflessione medica. Come mai la terra sarda è così spesso laboratorio della professione medica?
A noi sembra una cosa normale riflettere su argomenti interessanti. L’errore in medicina, la femminilizzazione, gli stati vegetativi: di certo da qualche anno siamo così coesi che ci viene spontaneo ideare workshop su temi rilevanti, condividendoli con il Consiglio Nazionale della Federazione. Direi che questo è oggi il marchio di un nostro stile collegiale e ci sembra che stia dando ottimi frutti. 

Autore: Redazione FNOMCeO

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