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Autonomia professionale: libertà responsabile o medicina amministrata?

Si terrà sabato 30 settembre il Convegno “Autonomia professionale: libertà responsabile nell’interesse della
salute dei cittadini o medicina amministrata nell’interesse degli
obiettivi aziendali”.

In un’ideale arcata di continuità tra il recente convegno di Bari dedicato interamente alla formazione continua e questo importante evento di Taormina, si mantiene vivo il dibattito sull’aggiornamento professionale. Uno dei nodi cruciali del tavolo di lavoro di medici e odontoiatri e un punto fondamentale dell’agenda futura.
La redazione FNOMCeO ha intervistato il Dott. Stefano Almini, Coordinatore del Gruppo di Lavoro sulle
Libere Professioni all’interno della Commissione nazionale ECM.


Come è cambiato il paradigma di formazione in ambito odontoiatrico negli ultimi dieci anni?

Ringrazio prima di tutto per questo “spazio” che mi permette di svolgere alcune riflessioni.

Parlare di formazione può corrispondere, secondo me, al gesto di dare ossigeno ad un buon vino rosso agitandolo sapientemente nel suo  corretto bicchiere di vetro. Dai movimenti rotatori, precisi e delicati, si sprigionano i profumi dal corpo e dalla struttura stessa del vino, risultato di un’arte antica, preziosa e faticosa, proprio come quella dell’arte sanitaria, in particolare odontoiatrica. Mescoliamo allora… domande e risposte: potremo favorire il pensiero intellettuale e dare ossigeno alla nostra professionalità, che vive di Cultura, passione e pazienza, tipicamente necessari ad ogni viticoltore di livello.

La domanda contiene la parola “paradigma”, il cui significato apre a due scenari: quello di paradigma come modello di riferimento di un comportamento oppure come quello  di declinazione grammaticale  di un nome o  di coniugazione di un verbo. Certamente ci interessa il primo scenario, ma già questo indica che in una parola si possono affollare molti concetti.

Per quanto riguarda il paradigma di formazione in odontoiatria, la risposta è semplice: il comportamento degli odontoiatri è necessariamente cambiato negli anni perché sono cambiati gli anni. Dieci anni fa, forse anche di più, l’odontoiatria aveva un suo percorso prevedibile. Esistevano gli Studi, esistevano le patologie, i pazienti, i preventivi, i pagamenti, un certo rispetto, una agenda degli appuntamenti, un investimento economico di impresa con rischi medio bassi, un investimento professionale culturale, come momento di perfezionamento dell’ attività, indipendentemente dai crediti ECM. Poi, come una nebbia della pianura padana cremonese, è calata su tutta la Società la mancanza di punti di riferimento, una diminuzione di visibilità del futuro, una confusione trasversale tra le pieghe della società. Improvvisamente, la crisi globale economica degli ultimi dieci anni ha fatto sfumare i contorni precisi della nostra attività professionale, ha scompaginato la scacchiera prevedibile dei rapporti con i pazienti, ha determinato la confusione tra valori e principi, tra estetica e cosmetica, tra diritti dell’uomo e diritti sociali, tra libertà individuale e responsabilità personale. Il dentista di turno ha dovuto fermarsi a riflettere, cercando di ritrovare la strada diventata poco identificabile nella nebbia degli eventi e nello smarrimento della prevedibilità del  lavoro. Ci siamo fermati. Poi ognuno di noi, più o meno consapevolmente, ha fatto una scelta: continuare a fermarsi, sedersi e aspettare, decidere di ripartire, accendere i fari delle proprie motivazioni e aumentare il passo. In modo esattamente parallelo a come ognuno di noi ha pensato di affrontare le “nebbie, cosi è stato l’investimento nell’ aggiornamento professionale e tecnologico. Il problema è che nella nebbia si è trovato soprattutto il paziente, travolto dalle paure sociali e  dalla perdita della stabilità economica. La confusione, per esempio, tra valori e principi ha determinato una modifica delle priorità di spesa del paziente. I principi durano nel tempo, i valori no, sono infatti per loro natura modulabili, volubili, legati alle contingenze.
Questa confusione concettuale ha determinato la rincorsa a valori effimeri, transitori, con la priorità di spesa indirizzata verso smartphone, tatuaggi, piercing…
La rincorsa a beni, considerati come primari, non è spesso in discussione tra le spese necessarie di una famiglia. E la Salute? Ma a chi interessa veramente la prevenzione? Il cittadino, grazie al dott. Google, ha imparato anche i termini della scienza e si aggiorna bene a modo suo, svolazzando in Internet  e sapendosi muovere nei social, veri nuovi motori di tendenza, nuovi indicatori di scelte commerciali, che hanno avvelenato la professionalità della Cultura Sanitaria e del suo principio originale.

Il paradigma di formazione è stato direttamente proporzionale a come l’odontoiatra ha deciso di affrontare la situazione: chi dava spazio e dedicava tempo all’aggiornamento, ha continuato a farlo, forse con più fatica e con maggiore attenzione alle spese. Chi non si aggiornava, ha continuato a non aggiornarsi.
L’ossigeno intellettuale serve proprio a questo: a dare vita e vitalità a tessuti in anossia, a dare bollicine preziose a tessuti ischemici, ingrigiti e violacei come quando si ha una stasi ematica. Del resto, la nostra Professione richiede veramente uno sforzo enorme perché si interfaccia ogni giorno con i pazienti che leggono subito nel volto e nel comportamento del dottore i segni di una leggera insicurezza, i segnali di una fatica ergonomica e gestionale che per il paziente sono indicatori di un declino da cui è bene allontanarsi educatamente. I low cost hanno aumentato la risonanza della confusione dei valori, svalutando il concetto di onorario (come era anni e anni fa) in tariffa, poi in  prezzo, poi in sconto, oggi in saldo, fino al paghi due per tre, anzi…prima provi poi hai tempo un mese per la riconsegna.
L’aggiornamento rimane una benzina necessaria per muoversi, per riconfrontarsi, per ripartire al fianco di altri colleghi nella stessa condizione, in condivisione silenziosa di una storia professionale che non si vuole terminare, né abbandonare.

Quali le principali novità?

L’ECM, in un certo senso, ha intuito (con la nuova Commissione Nazionale in essere) la necessità di eliminare alcuni paletti rigidi, permettere una maggiore elasticità, favorire l’acquisizione di bonus privilegiando alcune tipologie di formazione, incoraggiare piuttosto che “sanzionare”. Questo però con un giro di vite nei confronti di situazioni con evidenti conflitti di interesse commerciale, con un aumento della severità sanzionatoria nei confronti di provider poco rispettosi delle regole. Il sistema ECM è nato in Europa, non in Italia. Il concetto di formazione come dovere “civico” è tipicamente anglosassone, noi parliamo di etica, ma confondendola con la deontologia. Le novità, in poche righe, sono la possibilità di ottenere i crediti del triennio formativo senza una ripartizione annuale, ovvero i crediti possono essere ottenuti nel triennio, come temporalità globale, senza limiti di un minimo o massimo annuale. Non esiste più la differenza tra la libera professione e la dipendenza pubblica: tutti sono considerati professionisti sanitari. La possibilità di recuperare nel 2017  fino al 50% dei crediti mancanti del precedente triennio. Una maggiore attribuzione di crediti a modalità formative come la formazione sul campo e la FAD sincrona interattiva, con tutor on line. Altra novità positiva: la decisione di implementare la sperimentazione del Dossier Formativo, senza considerarlo obbligatorio in questo triennio in corso. Avere rilanciato l’opportunità del Dossier di Gruppo, come opportunità di progettazione della formazione verso un orientamento comune ad un gruppo di colleghi, con gli stessi bisogni nella ricerca di una alta  competenza omogenea , trasversale alla categoria, aderente alle reali necessità di formazione. Attualmente sono in fase di ultimazione due prodotti di comunicazione nuovi nel loro controvalore operativo: un trailer che porterà l’attenzione sul Dossier Formativo ed un tutorial ad hoc, che lo possa rendere comprensibile nelle diverse fasi di compilazione. Dalla sua iniziale strutturazione, il Dossier è stato infatti semplificato, rendendosi maggiormente semplice nella sua costruzione. Credo però che oggi la maggior parte dei colleghi non abbia compreso il significato e lo scopo del Dossier: occorre quindi mettere in campo la possibilità di spiegarne il senso. Il tutorial è la prima risposta alla mancata conoscenza del Dossier Formativo, oggi sconosciuto binomio di parole, sicuramente vissute come ostacolo ulteriore e senza senso alla già complicata vita professionale, crediti Ecm inclusi.

In che modo è possibile aiutare i professionisti ad orientarsi nel campo della formazione per scegliere la massima qualità?

Se volessi dare un orientamento ad un collega incontrato per strada, dovrei chiedergli verso quale meta si sta dirigendo. Come potrei dare un orientamento al viaggiatore senza sapere la sua  destinazione ? Credo quindi che per aiutare, i colleghi in marcia o in corsa sul terreno del Lavoro, occorra prima di tutto sostenerli nella ricerca dei loro fabbisogni. Fabbisogni formativi, ovvero favorire nei colleghi il concetto di analisi, che possa determinare cosa possa essere di aiuto alla professionalità. Questa analisi di ciò che serve al professionista dal punto di vista culturale scientifico richiede ad ognuno di noi una certa umiltà e severità con noi stessi. Soltanto cercando di individuare cosa manca alla nostra professione, cosa manca alla nostra preparazione, cosa ci serve per aumentare la nostra efficacia…soltanto avendo il coraggio di investire risorse dove ci sentiamo meno forti potremo forse accrescere davvero le competenze. Si è infatti tentati di continuare a partecipare a corsi che piacciono, cioè indirizzare l’aggiornamento verso quello che già sappiamo. Cambio di marcia potrebbe essere orientarci culturalmente verso le aree grigie del nostro saper fare, aumentando lo spessore delle nostre conoscenze.

Se conosco ciò di cui ho bisogno, potrò scegliere bene il versante della mia formazione permanente, sapendo che saprò essere respons-abile, ovvero, come dice la parola, abile a rispondere. Rispondere a chi?
Al paziente che chiede, al paziente che cerca sicurezza, al paziente che chiede e riconosce la serietà professionale. Nella confusione generale, essere stabili, sicuri, preparati e pronti a dare risposte…potrà essere determinante quando le nebbie si diraderanno. I pazienti, con i loro limiti e le loro peculiarità, sono comunque capaci di riconoscere la serenità professionale, che non si può comprare, né imparare. La serenità è frutto di un equilibrio interiore con la propria coscienza personale. Equilibrio e serenità che il paziente spesso sa condividere e apprezzare, riconoscendoli come segni di passione e motivazione dell’odontoiatra al suo lavoro.

Dall’input all’outcome: come impatta la formazione continua sulle competenze dei professionisti?

L’unico modo per verificare se ciò che si è imparato ha avuto un effetto e una efficacia è controllare nel tempo se si sono modificati i comportamenti, applicando nella realtà contingente ordinaria i suggerimenti acquisiti durante l’aggiornamento. Mi spiego. Potremmo decidere di investire in una formazione spettacolare  e stratosferica, ma non a misura della nostra realtà. La vita ordinaria del nostro Studio richiede di essere capaci di modulare quello che conosciamo e sappiamo fare con le richieste dei pazienti che si affidano alle nostre capacità. La vera difficoltà del nostro lavoro è l’abitudine e la ripetitività. Il nostro lavoro si basa su due momenti: diagnosi e cura. Diagnosi con la mente, cura con le mani. Tutta la nostra storia passa tra le dita operative, passa sui guanti in lattice dei nostri gesti. La sfida è mantenere in allerta mente, cuore e gestualità perché la nostra professione è totalmente pratica, quindi, intrapresa una strada dopo il momento diagnostico, si sviluppa tramite la manualità. La scelta di modificare un comportamento e di introdurre una nuove procedura o un nuovo materiale deve necessariamente attraversare controcorrente il fiume della abitudine, accettando la fatica di modificare quello che l’evidenza scientifica apporta alle sponde della nostra ordinarietà. L’outcome di ogni aggiornamento professionale si valuta solo nel medio lungo termine, ovvero si può toccare con mano solo dopo  mesi dal momento formativo. Ci si accorge che effettivamente il nostro comportamento è cambiato in modo stabile, se era necessario rispetto alle nuove dinamiche formative. La verifica dell’apprendimento, invece, viene effettuato troppo vicino al momento didattico ,perciò potrebbe accadere che a distanza di tempo quello che sembrava facile e acquisito si dissolva lentamente nel ritorno alle abitudini precedenti. Il ruolo della assistente ,nella formazione, è importante proprio per procedere in sintonia nella riverifica di gesti, pensieri, procedure. Sono convinto che chi si forma non si ferma perché si obbliga a muoversi lungo un percorso ogni volta leggermente diverso e per questo speciale, come l’ assaggio di un grande vino di annata che ad ogni sorso regala nuove emozioni. L’annata del vino e la sua maturazione corrispondono al tempo richiesto ad approfondire segni e sintomi del paziente, il tempo vissuto accanto al paziente, nostro interlocutore, inevitabile depositario della nostra esperienza professionale.

Cosa manca ancora nel rendere la formazione di per se stessa una competenza e non un dovere solo burocratico?

La formazione di per sé non determina in automatico la competenza. Sarebbe troppo facile. Potremmo immaginare che solo perché si studiano le ricette, chiunque possa acquisire la competenza di uno chef. La formazione continua contiene a sua volta la formazione permanente e l’aggiornamento professionale. L’aggiornamento corrisponde alle energie fresche di “giornata” ,proposte dalla ricerca, ovvero l’aggiornamento si basa sugli elementi recenti, elaborati dal mondo scientifico, merceologico, tecnologico…
Ma questi elementi devono essere assorbiti, spalmati, diffusi all’interno del contenitore più ampio della formazione permanente, quella che può strutturare gli elementi e saperli fondere in un unico piatto prestazionale, frutto di qualità delle risorse, della esperienza del tempo e della continua volontà di conoscere l’arte stessa insita nel lavoro scelto dopo l’esame di Stato e l’iscrizione all’Ordine. La competenza deriva dalla fusione di molti elementi, variegati e provenienti da aree diverse del nostro operare. La competenza si conquista. Quando la formazione è vissuta solo come dovere burocratico, potrà dare solo crediti Ecm nella loro entità numerica. Già nel Giuramento impolverato di Ippocrate avevamo dato il nostro assenso a procedere secondo scienza e coscienza. Anche il Codice Deontologico prevede articoli sul tema della formazione.

La Cao nazionale e i progetti futuri per la formazione. Può anticipare qualcosa, se previsto?

Le sfide in atto sono molte. Questa squadra Cao, con in prima linea il suo Presidente Giuseppe Renzo, ha voluto riaffermare un percorso formativo che parte da lontano: la continuità con i progetti di prevenzione nei confronti del carcinoma orale, l’attenzione alle lesioni precancerose e una mappatura dei centri di riferimento, l’orientamento  verso gli aspetti  della osteonecrosi dei mascellari da farmaci, la preziosa valutazione ordinistica dei contenuti delle Raccomandazioni Cliniche, la progettazione intellettuale  degli Stati Generali della Odontoiatria e di un codice interno per le Società Scientifiche di area odontoiatrica.

Sfida aperta, rivolta al prossimo futuro, è rappresentata dalla proposta di un Dossier di Gruppo, che possa orientare la categoria verso una meta culturale collettiva, nella logica di aiutare i colleghi a progettare un percorso e rivalutarlo nel tempo. Esiste poi una nuova prospettiva che si profila all’orizzonte: l’intelligenza artificiale. Questa opportunità potrà  essere al fianco della odontoiatria nella fase anamnestica e diagnostica differenziale. Potrà anche essere utilizzabile nelle modalità e tipologie di formazione che richiedono un confronto con una forma di intelligenza algoritmica decisionale (made in Italy), fondamentale per aumentare l’analisi dei percorsi formativi e in seconda battuta diagnostici-terapeutici.

Al fianco di una odontoiatria all’avanguardia, al passo con la tecnologia, potremo immaginare di procedere verso  lo spazio di una rete neuronica virtuale al servizio delle nostra professione. Un’odissea nuova.

 

Autore: Redazione FNOMCeO

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