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Giornata della memoria: lo sterminio dei disabili e dei malati psichiatrici. Intervista a Mario Paolini

Ausmerzen, spettacolo e libro di Marco Paolini (Einaudi Stile Libero, 2012), «è la storia di uno sterminio di massa di cui si parla solo in certi convegni di psichiatria»: racconta lo sterminio di disabili e malati psichiatrici che avvenne in Germania, in epoca nazista, per mettere a punto il sistema di eliminazione poi attuato nei lager. Il numero dei morti, oltre 300.000, si ricava dalle loro cartelle cliniche, perché le “prove generali” del massacro avvennero in luoghi deputati alla cura. Luogo per sanare e curare è il titolo del capitolo conclusivo del libro, scritto da Mario Paolini – fratello di Marco – musicoterapeuta, pedagogista, formatore e docente di Didattica per la formazione degli insegnanti di sostegno. A lui, in occasione della Giornata della Memoria, ci siamo rivolti per richiamare l’attenzione su un massacro ancora oggi poco noto.

L’operazione di sterminio dei disabili e dei malati mentali fu denominata Aktion T4, dove T4 indica l’indirizzo berlinese Tiergartensrasse n. 4: che cosa avveniva in questo luogo?

Viktor Hermann Brack, “Oberster Dienstleiter” dell’ufficio II nella cancelleria del fuhrer, rilasciò sotto giuramento il 12 settembre 1946 una testimonianza dettagliata circa l’organizzazione del programma di eutanasia e del comitato del Reich, riassunta in un diagramma agli atti del processo ai medici dal Tribunale di Norimberga, una sorta di mappa concettuale di uno dei meccanismi dell’olocausto, a proposito del quale Bauman ci fa riflettere sul fatto che “Tolta la ripugnanza morale dei suoi obiettivi tale attività non differiva in alcun senso formale da tutte le altre attività programmate”. La villetta in Tiergartenstrasse n. 4 era solo questo, un luogo formale dove amministrare uno sterminio. Va detto che ciò che viene ricordato come “Aktion T4” è solo una parte dello sterminio che riguardò le persone con disabilità e i malati di mente, per la precisione riguarda i fatti tra il ’39 e il ’41, però le uccisioni continuarono fino a dopo la fine della guerra, in assenza di ordini precisi a opera prevalentemente di medici e personale interno di istituzioni sanitarie che dovevano occuparsi della cura dei propri pazienti. Conoscere e riflettere sui fatti di allora e sui silenzi che ne seguirono resta un tema di profonda attualità.

Il programma di eliminazione ebbe un avallo scientifico e giuridico: tra le pubblicazioni citate inAusmerzen c’è un testo del 1920, Il permesso di annientare vite indegne di essere vissute. Chi sono gli autori? A chi si rivolgono e che cosa sostengono? 

Gli autori diDie Freigabe der Vernichtung lebensunwerten Lebens erano un giurista, Karl Binding, e uno psichiatra, Alfred Hoche. Il libro rispecchiava un dibattito e un pensiero che era ben presente prima del nazismo e che fu uno degli argomenti per sostenere e attuare le uccisioni. Un medico tedesco, Alice Ricciardi von Platen, inviata nel ’46 dall’ordine dei medici della Germania ad assistere al processo a Norimberga, scrisse un libro scomodo al punto di essere stato pubblicato solo nel 1993 e tradotto in italiano nel 2000. La dottoressa von Platen, che intervistai per Jolefilm (http://www.jolefilm.com) nel 2006, fin dalla prima pagina si interrogava sul contesto in cui la vicenda ebbe luogo; così scriveva riferendosi al volume di Hoche e Binding: “…si parla dell’uccisione di soggetti spiritualmente già morti come manifestazione di pietà verso il malato… per i loro congiunti così come per la società costituiscono un onere particolarmente gravoso”. Molti ritengono che il mascheramento e l’inganno furono il mezzo per ciò che accadde e che nulla aveva a che fare con il concetto di “morte pietosa per grazia” da concedere in particolari circostanze; tuttavia sarebbe un errore cercare di semplificare ciò che accadde, riducendolo a un cumulo di nefandezze commesso da pochi soggetti criminali. Le testimonianze e gli studi concordano sul fatto che i medici coinvolti aderirono spontaneamente e che, a chi non aderì, non successe nulla di particolare.

Pensiero politico e scientifico trovarono un potente “coadiuvante” nel fattore economico: l’operazione fu propagandata come programma di risparmio della spesa sanitaria

«Nel Castello di Hartheim, uno dei luoghi in cui venne attuato lo sterminio dei disabili e dei malati di mente tra il ’39 e il ’41, venne ritrovato un documento dettagliato che quantificava i risparmi ottenuti con le uccisioni, il termine usato nel documento è “disinfettati”; leggerlo non lascia indifferenti ma si deve anche cercare di mettersi nei panni di chi lo scrisse per tentare di comprendere come possa diventare facile la contabilità quando dai volti, dai corpi, dai nomi delle persone si passa ai numeri, ai chili di pane risparmiabili. La propaganda fu uno degli strumenti per costruire nella gente se non un consenso esplicito almeno un tono dell’umore più disposto a chiudere gli occhi. Ma l’economia fu solo uno degli argomenti, nelle scuole e università si formava un pensiero: Konrad Lorenz aderì al nazismo perché era un convinto eugenista, non il contrario. Ernst Klee, giornalista tedesco che ha realizzato molte ricerche in materia così scrisse negli atti del convegno di S. Servolo del 1998 su Psichiatria e nazismo a proposito del dottor Mengele: “sappiamo che l’èlite dei medici, non solo psichiatri, faceva la fila per poter fare le ricerche nei campi di concentramento… ci sono delle ordinanze della Wermacht per limitare il flusso delle richieste”.

Come giudica il grado di consapevolezza rispetto a questi temi, oggi, nel nostro paese?

Il racconto Ausmerzen messo in scena da Marco Paolini e i nostri lavori sono un piccolo contributo che si aggiungono a quelli di chi ha permesso a questa vicenda di tornare alla luce, cercando di offrire spunti di conoscenza per delle riflessioni condivise. Riflettere sui fatti, non limitandosi a frettolosi ricordi una volta l’anno mi sembra un atteggiamento rispettoso verso le vittime e verso se stessi, in particolare per chi lavora in relazione di aiuto. Considero tutt’ora come tra le questioni troppo poco indagate vi sia quella delle ragioni del silenzio che seguì la vicenda, ragioni che sembrano evidenti ma davanti alle quali si preferisce ancora sorvolare. Una malattia neurodegenerativa è nota come “sindrome di Hallervorden”; mi chiedo come possa la comunità scientifica mantenere il nome conoscendo le modalità criminali con cui egli pervenne alle sue scoperte. In un periodo in cui il dibattito sull’efficacia dei principi dell’eugenetica sta riprendendo vigore, sento il bisogno che libri come quello di Alice Ricciardi von Platen [Il nazismo e l’eutanasia dei malati di mente, Le Lettere Firenze, 2000] diventino materia di studio.

Speciale della redazione MediaFnomceo a cura di Sara Boggio 

Autore: Redazione FNOMCeO

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