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Narrare la malattia, costruire la salute

L’attuale crisi dei sistemi socio-sanitari ha posto al centro dell’attenzione dell’agenda politica non solo la questione finanziaria per la spesa relativa alle prestazioni erogate ma anche l’analisi per una più appropriata valutazione dei costi/efficacia della prevenzione. Di conseguenza una programmazione che risponda ai nuovi bisogni dei cittadini e delle cittadine, attraverso piani operativi non strettamente economicistici, deve agire su tutti i determinanti di salute. In altri termini se i fattori primari di malattia sono essenzialmente economici e sociali, le soluzioni devono essere economiche e sociali; si tratta quindi di avviare una riflessione, a partire dalla formazione universitaria, per costruire risposte istituzionali che siano: multidisciplinari, multiprofessionali e multisettoriali.

Queste sono alcune delle questioni discusse nell’ambito del convegno Narrare la malattia, costruire la salute, appuntamento di metà mandato della Sezione di Sociologia della Salute e della Medicina, tenutosi a Pisa il 26 febbraio 2016 e organizzato dalla Prof.ssa Rita Biancheri, docente di sociologia della salute.

Uno dei temi principali, infatti, resta il rapporto tra approccio umanistico e pratica medica, tra una visione olistica e multidisciplinare rispetto al prevalere dell’aspetto tecnico, dove il rapporto medico-paziente risponde esclusivamente al sintomo e si esaurisce con l’intervento farmacologico.

Su questo approccio teorico è necessario, pertanto, individuare possibili percorsi per un rinnovato rapporto tra sociologia della salute,medicina e welfare. Un terreno comune reso fertile dalla convinzione della necessità di adottare un approccio che superi il concetto di salute come semplice assenza di malattia, per arrivare ad una categoria olistica più comprendente che si rivolga all’intero processo di costruzione della salute.

Se da una parte la medicina di genere, con l’apertura alle differenze, ha scardinato i presupposti teorici e metodologici di una scienza neutra, asettica a favore di una prospettiva che includa gli aspetti psicologici e sociali, dall’altra la medicina narrativa ha introdotto una diversa visione rispetto alla fase di eccessiva medicalizzazione della vita, guardando alla malattia non solo come evento clinico-biologico ma anche come avvenimento biografico. Ma ancora il prevalere delle risposte esclusivamente cliniche evidenziano la perdita del “carattere congiuntivo” della malattia, in quanto non c’è solo un corpo muto, luogo della fisiologia alterata ma, al contrario, siamo di fronte ad un soggetto attivo, con la sua storia di vita inserita in un contesto relazionale e temporale fatto diricordi, avvenimenti, emozioni.

È necessario quindi rivedere la nostra “cassetta degli attrezzi” per poter superare i residui di un paradigma che in nome dell’osservazione e dell’oggettività ha considerato la natura organica dell’evento e non l’identità dei pazienti.

Nella fase attuale molti sono i nodi su cui riflettere nell’ambito della salute e il dibattito è aperto all’osmosi reciproca, tuttora queste interazioni sono poco studiate in una visione che riduce la complessità invece di assumerla come punto di partenza su cui far convergere i diversi saperi, gettando una luce diversa per la comprensione dei processi di salute/malattia.

Rita Biancheri, Università diPisa

Autore: Redazione FNOMCeO

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