Cassazione Penale Sentenza n. 43123/2017 – Guardia medica – Omissione o rifiuto di atti d’ufficio – L’esercizio del potere-dovere del medico di valutare la necessità della visita domiciliare ex art. 13, comma 3, del D.P.R. n. 41/1991 è pienamente sindacabile da parte del giudice sulla base degli elementi di prova acquisiti. L’intervento domiciliare richiesto era non solo urgente ma anche del tutto improcrastinabile perché si trattava di intervenire per alleviare i forti dolori di una paziente alla quale restavano poche ore di vita e in una condizione in cui l’intervento doveva essere attuato valutando specificatamente le peculiari condizioni in cui la paziente si trovava anche a causa di precedenti trattamenti praticati per alleviarle i dolori.
FATTO E DIRITTO: Con sentenza n. 236/2015 la Corte di appello di Trieste ha confermato la condanna inflitta dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Trieste a (Omissis) ex. art. 328, comma 1, c.p. per essersi rifiutato, quale medico di turno presso il Servizio di Continuità Assistenziale della A.S.S. n. 5 Bassa Friulana, di recarsi a visitare nella sua abitazione (Omissis) (come invece richiestogli telefonicamente dalla figlia (Omissis), malata di neoplasia polmonare allo stadio terminale, per visitarla e prescriverle un antidolorifico per via endovena (limitandosi a suggerire di somministrare l’antinfiammatorio di cui già disponeva). Il delitto descritto nell’art. 328 c.p. è reato di pericolo, perché prescinde dalla causazione di un danno effettivo e postula semplicemente la potenzialità del rifiuto a produrre un danno o una lesione e questa Corte ha costantemente affermato il principio che l’esercizio del potere-dovere del medico di valutare la necessità della visita domiciliare ex art. 13, comma 3, del D.P.R. n. 41/1991 è pienamente sindacabile da parte del giudice sulla base degli elementi di prova acquisiti. L’intervento domiciliare richiesto era non solo urgente ma anche del tutto improcrastinabile perché si trattava di intervenire per alleviare i forti dolori di una paziente alla quale restavano poche ore di vita e in una condizione in cui l’intervento doveva essere attuato valutando specificatamente le peculiari condizioni in cui la paziente si trovava anche a causa di precedenti trattamenti praticati per alleviarle i dolori. Né rileva che, a posteriori, possa escludersi la praticabilità di interventi diversi da quello indicato dal medico. La Corte ha ritenuto che la visita domiciliare fosse doverosa da parte dell’imputato per verificare, stante la pregressa assunzione di antidolorifici divenuti inefficaci, “quale potesse essere, nel caso di specie,il rimedio più adeguato ed efficace per alleviare gli atroci dolori della paziente”. La Corte ha rigettato il ricorso del ricorrente.