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Il Gazzettino: ricordando il fondatore del Cuamm

Andare dritto al centro della sproporzione esprimendo così il primato dell’umanità, della gratuità e della dignità di ciascuno. Coltivare e perpetrare l’ottimismo ragionato. Contribuire a rendere ogni uomo meno infelice, anzi se possibile felice. Imparare dall’esperienza, che significa far tesoro di quanto si capisce riflettendo su quell’esperienza, altrimenti si rischia di diventare cavallini a dondolo che faticano tanto e non procedono di un passo. Guardare al prossimo in modo tanto premuroso, portando sollievo al dolore e guarigione alla malattia, tanto che costui abbia a chiedersi: ma chi ha mosso quest’uomo, questa donna a lasciare la sua casa per venire qui, a prendersi cura di me come se fossi suo fratello? Questo significa far parte della grande famiglia del Cuamm, quei medici missionari che da oltre sessant’anni si spendono per l’Africa. Uno schiaffo all’indifferenza, a chi snatura il senso delle parole e delle azioni, a chi passa oltre senza fermarsi a guardare negli occhi, a chi di fronte alle ferite sanguinanti si volta dall’altra parte.

E’ una vera lezione di vita quella tracciata con le opere da Francesco Canova che fu medico, docente universitario, scrittore e intellettuale cattolico. Dopo una lunga esperienza come camice bianco in Giordania (non per niente la figlia si chiama Giordana, e dice: "Per mio padre il Cuamm era un altro figlio"), fronteggiato il Fascismo e vissute le asprezze della guerra, nell’Italia della ricostruzione riuscì a dare corpo a una spinta interiore per ciascun essere umano in condizioni di malattia e vulnerabilità.

È così che nel 1950, con l’appoggio dell’allora vescovo di Padova Girolamo Bortignon, fondò il Cuamm, oggi Medici con l’Africa, tenace organizzazione per la promozione e la tutela della salute delle popolazioni africane. Sogno, innamoramento, carità, professionalità, laicità, formazione, relazioni, semplicità, libertà, coraggio: queste le dieci parole chiave scelte per descrivere la figura di Canova, "la radice di un grande albero" celebrata ieri nell’aula Magna del Bo da Toni Capuozzo, Luigi Accattoli, Maurizio Murru, don Antonio Sciortino, studenti, accademici.

"La vita va spesa bene – ha esortato il direttore don Dante Carraro -, per cio’ che è giusto e per cio’ che è vero. Nel grigiume del nostro Paese, che questa giornata sia un segnale per il recupero della gioia e dell’azzurro, l’azzurro di quella giornata di sole in cui Francesco Canova e la sua fidanzata, poi moglie Reginella, decisero, scalando l’Antelao, di condividere un sogno ben più alto. E di amare l’Africa e le sue genti".

Quella di Canova fu una "figura luminosa", la definisce il magnifico rettore Giuseppe Zaccaria, "che seppe fondare la più limpida e rigorosa organizzazione non governativa d’Italia, quell’"euntes curate infirmos", andate e curate i malati, che è rimasta cifra stilistica, a nutrirsi di passione e altruismo". E se ieri, per il sindaco Flavio Zanonato, è stato un "giorno di grande tristezza perchè non vedo chiaro dove stiamo andando, pensare a persone come Canova che unirono scienza, fede e opere morali, fa stare bene". Il vescovo Antonio Mattiazzo non esclude che per il padre del Cuamm possa un giorno essere avviato il processo di beatificazione.

fonte: Il Gazzettino
autore: Federica Cappellato

Autore: Redazione FNOMCeO

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