Report n. 42/2011
INDAGINE SANITARIA A “TUTTO CAMPO” NEL V BAROMETRO INTERNAZIONALE SULLA SALUTE
La crisi economica nuoce alla salute e in un Sistema sanitario fortemente criticato, il 19% degli italiani è costretto a rinunciare alle cure. Sono questi alcuni dati del "V Barometro internazionale sulla Salute", indagine, realizzata dall’Istituto di Ricerca Internazionale CSA su commissione del Gruppo Europ Assistance in partnership con il Cercle Santé, che mette a confronto i cittadini di 10 Paesi (Germania, Francia, Italia, Gran Bretagna, Svezia, Polonia, Austria, Stati Uniti e, da quest’anno, Spagna e Repubblica Ceca) su sette grandi temi d’attualità sanitaria: valutazione del proprio sistema sanitario nazionale e qualità delle cure, istanze sociali, mobilità nell’accesso alle cure, invecchiamento della popolazione, nuove tecnologie, prevenzione e contributo del settore sanitario allo sviluppo economico.
La ricerca è stata condotta nel periodo maggio – giugno 2011 su un campione di 5.500 cittadini maggiorenni.
Questi i principali risultati:
- Valutazione del sistema sanitario e della qualità delle cure
Sono il 70% gli italiani che giudicano negativamente l’organizzazione del Sistema Sanitario Nazionale. Un dato che posiziona il nostro Paese al secondo posto della classifica internazionale fra i cittadini più insoddisfatti, subito dopo i polacchi (82%).
L’ultima posizione assoluta la conquistiamo invece quando si parla di competenze tecniche dei medici sia in fase diagnostica che terapeutica: in una scala da 1 a 10 sono gravemente insufficienti (4,1) i giudizi degli italiani rispetto a questo argomento.
Si evidenzia la preoccupazione degli abitanti del Bel Paese rispetto al futuro del sistema sanitario: la mancanza di finanziamento pubblico al settore (85% delle preferenze) e l’eventualità di errori medici (78%), rappresentano le minacce più sentite.
E se si parla di soluzioni necessarie a coprire le crescenti spese legate alla salute, per gli italiani il pagamento di ogni prestazione medica rappresenta l’opzione migliore (34% del campione) preferita all’aumento delle imposte obbligatorie (16%), alle assicurazioni private, complementari o ad assicurazioni supplementari facoltative (15%).
Un quadro fortemente negativo che paradossalmente si rischiara quando si chiede ai cittadini del Bel Paese di esprimere la fiducia riposta nei controlli attuati dalle autorità sanitarie per limitare i rischi legati all’assunzione di farmaci: inspiegabilmente su questo fronte siamo il popolo che esprime il più alto numero di risposte positive con l’85% del campione.
Nel resto del mondo:
L’Austria è il paese in assoluto più soddisfatto del proprio Sistema Sanitario Nazionale con l’86% di cittadini che esprime un’opinione positiva (somma di risposte "eccellente", "molto buono" e "buono"). Seconda e terza in classifica, Gran Bretagna e Spagna che registrano, rispettivamente, il 72% e il 69% di giudizi positivi. La Polonia si posiziona in fondo alla graduatoria internazionale, con il maggior numero di risposte negative: sono infatti ben l‘82% i cittadini che si dichiarano insoddisfatti dell’organizzazione sanitaria in patria.
Se si parla di competenze tecniche dei medici: USA batte Italia 7 a 4. Gli Stati Uniti risultano infatti il Paese più fiducioso nelle capacità dei propri dottori, esprimendo un giudizio più che buono (il più alto fra i Paesi coinvolti dall’indagine) rispetto alle competenze tecniche del personale medico. Al secondo posto, a pari merito, Austria e Repubblica Ceca.
Sebbene sentito in quasi tutti i Paesi indagati, il timore legato alla mancanza di finanziamento pubblico non rappresenta la preoccupazione più forte: sono invece i rischi connessi alla qualità delle cure quelli su cui il campione concentra le proprie risposte. Così i lunghi tempi di attesa preoccupano primariamente i polacchi (88%), i rischi di infezione negli ospedali i britannici (83%), e gli spagnoli (80%)
In tema di sistemi di finanziamento legato all’aumento delle spese sanitarie: svedesi (60%) e britannici (45%) prediligono l’aumento delle imposte obbligatorie mentre cechi (39%), austriaci (36%) e tedeschi (34%) optano per il ricorso ad assicurazioni integrative e facoltative.
- Istanze sociali
Per il 57% degli italiani (+3 punti percentuali rispetto al 2010), il SSN non è in grado di garantire un accesso equo alle cure.
Un servizio che si considera un diritto inalienabile il cui ottenimento non deve essere in alcun modo legato a un pagamento di tasse: solo il 12% degli intervistati è infatti favorevole a versare maggiori imposte in cambio di un accesso più democratico alla salute. Percentuale quest’ultima in vertiginoso calo se si considera che nel 2009 gli italiani che rispondevano positivamente a questo quesito erano ben il 57%.
Nel resto del mondo:
Ad eccezione di Spagna (76%) e Gran Bretagna (55%) dove la maggior parte dei cittadini ritiene equo l’accesso alle cure, nel 2011 prevale a livello internazionale la sensazione di disparità nel diritto alla salute. I polacchi (in cima alla classifica con il 76% dei giudizi negativi), seguiti da tedeschi (67%) e a pari merito svedesi, cechi e statunitensi (61%) sono i più disincantati.
Il finanziamento attraverso un incremento dei contributi obbligatori per garantire una maggiore uguaglianza nell’accesso alle cure viene individuata come opzione favorevole da svedesi (73%) e britannici (56%). I cittadini maggiormente contrari, oltre agli italiani, sono i cechi (60%) e i polacchi (59%).
Se si considera il trend degli ultimi anni da evidenziare la posizione della Germania Paese nel quale nel 2009 l’80% degli intervistati era favorevole a un aumento delle imposte per garantire un migliore accesso alle cure; oggi quella percentuale è scesa al 38%.
Il perdurare degli effetti della crisi economica globale ha già costretto, nel corso del 2011, il 19% dei cittadini italiani a rinunciare o rimandare cure mediche: soprattutto esami, operazioni, visite odontoiatriche o oculistiche. Una percentuale in costante crescita dal 2009.
La negativa congiuntura economica sembra farsi sentire maggiormente in Polonia (36%, +11 punti percentuali rispetto al 2010), Francia (29%, +6) e Stati Uniti (25%,+1) dove cresce significativamente il numero di persone costrette a rinunciare o rinviare le cure mediche a causa di difficoltà economiche. In controtendenza, la Svezia (95%), la Gran Bretagna (94%) e la Repubblica Ceca (94%) dove praticamente la totalità degli intervistati dichiara di non aver risentito delle conseguenze della crisi.
- Mobilità legata all’accesso delle cure
Gli italiani (65%) sono fra i cittadini più propensi alle trasferte di lungo raggio per beneficiare di cure specialistiche.
E nella scelta del luogo di villeggiatura il 74% (+10 punti percentuali rispetto al 2010) del Bel Paese dà "molta importanza" alle condizioni sanitarie locali.
Nel resto del mondo:
La tendenza a fare le valigie per farsi curare da uno specialista è un trend che si conferma: basta considerare che il 72% dei polacchi (percentuale che sale a 83% nella fascia d’età 18-39) il 62% dei cechi e il 60% degli svedesi (-22 punti percentuali rispetto al 2010) si dichiara pronto ad allontanarsi dalla propria città per ricevere le cure di uno specialista.
I polacchi (75%), gli spagnoli (64%) e i francesi (58%) sono i vacanzieri, insieme agli Italiani, che danno maggiore importanza alle condizioni sanitarie locali nella scelta dei luoghi di villeggiatura. Praticamente gli stessi Paesi che più degli altri si dichiarano insoddisfatti del proprio sistema sanitario nazionale.
- Invecchiamento della popolazione e la conseguente presa in carico delle persone non autosufficienti
Molto alta e in sensibile aumento (77%; +10 punti rispetto al 2010) la percentuale di cittadini italiani che si dichiara poco o per nulla soddisfatta della qualità dei servizi di assistenza alla terza età e alle persone dipendenti. Dato che posiziona il nostro Paese appena sotto la Polonia: il Paese in assoluto più scontento con l’85% delle risposte negative.
Per far fronte ai problemi legati all’allungamento dell’aspettativa di vita ben l’82% degli italiani individua l’assistenza domiciliare come la miglior soluzione possibile. Un atteggiamento fortemente condiviso dal resto dei paesi intervistati.
Per finanziare l’assistenza domiciliare il 67% (+5 punti percentuali rispetto allo scorso anno) degli italiani suggerisce un contributo misto, pubblico e privato.
Nel resto del mondo:
Molto eterogeneo è il giudizio dei Paesi coinvolti nell’indagine in relazione alla capacità degli Stati di farsi carico della gestione delle persone anziane o non autosufficienti. La Polonia chiude la classifica dei Paesi intervistati con l’85% di cittadini insoddisfatti. All’opposto, il 65% degli austriaci esprime un giudizio positivo
La stragrande maggioranza dei Paesi individua nell’assistenza domiciliare la migliore soluzione alla gestione delle persone anziane e non autosufficienti: al primo posto gli Stati Uniti (83%, +4 punti percentuali rispetto al 2010), seguiti da Gran Bretagna (82%, +5 punti percentuali rispetto al 2010) e Italia (82%), e al terzo posto la Germania (80%, +2 punti percentuali rispetto al 2010) . Chiude la classifica la Svezia (49%) che, nonostante la forte crescita delle persone propense a questo tipo di soluzione, (+9 punti percentuali rispetto al 2010) rimane il Paese che più degli altri individua nelle case di riposo la migliore risposta alla gestione di quest’ampia fascia di popolazione.
Nella maggior parte dei Paesi intervistati, le associazioni, gli enti no profit e il settore pubblico vengono individuati come realtà più idonee a sostenere la gestione delle persone anziane o non autosufficienti. Un trend a cui non si allineano Polonia e Stati Uniti che rispettivamente nel 27% e nel 24% dei casi individuano nelle strutture private la miglior soluzione
Austria (82%) e Germania (67%), insieme all’Italia, sono i paesi più favorevoli a un finanziamento misto (pubblico e privato) per sostenere le spese legate a soddisfare i bisogni quotidiani degli anziani al domicilio. A preferire invece un finanziamento privato sono soprattutto gli Stati Uniti (24%).
- Le nuove tecnologie
Sono quasi la metà gli italiani che consultano internet per ottenere informazioni sui temi legati alla salute: gli utenti che dichiarano di farlo regolarmente si attestano al 5%, mentre gli internauti occasionali il 40%. Informazioni che vorrebbero comunque nel 78% dei casi completate dal medico curante.
Interrogati sul consulto medico a distanza gli italiani si confermano tradizionalisti: l’80% del campione si dichiara infatti contrario a video collegarsi con medici generici per ricevere pareri e informazioni così come il 69% del campione è contrario a consulti a distanza con medici specialisti.
Percentuali che scendono, seppur ci mantengono nelle ultime posizioni della classifica, se si chiede un parere sullo sviluppo del monitoraggio medico continuo attraverso mobile phone: il 53% del campione è favorevole all’utilizzo di queste applicazioni.
Nel resto del mondo:
La Svezia rimane il Paese con la più alta percentuale di cittadini che consultano il web (72%) per ottenere informazioni di carattere sanitario e il luogo in cui tale attitudine ha conosciuto i maggiori tassi di crescita (dal 46% al 72% in 5 anni). Seguono gli Stati Uniti (con il 71% di internauti) e l’Austria (con il 58%). La Germania (43%), al contrario, è il Paese meno avvezzo ad utilizzare internet per ricercare informazioni legate alla salute.
I consulti a distanza di medici generalisti raccolgono ancora molte resistenze ma piacciono soprattutto a: spagnoli (39%), americani (38%) e polacchi (35%). Diversa la fotografia se si parla di medici specializzati, molto più apprezzati da svedesi (82%), polacchi (62%) e spagnoli (61%).
La relazione personale con il medico rimane per gli italiani di primaria importanza e fra tanti (47%, valore più alto in assoluto) è diffuso il timore che l’utilizzo delle nuove tecnologie possa in qualche modo condizionare negativamente la relazione umana medico/paziente.
Quando si parla di relazione medico/paziente in generale le persone sono più favorevoli all’utilizzo delle nuove tecnologie nella misura in cui queste rappresentano un supporto alla relazione umana con il medico. Al contrario si rileva una certa diffidenza quando tutto ciò tenderebbe a disumanizzare la relazione. Nel dettaglio si nota come i Paesi che temono maggiormente la disumanizzazione del rapporto sono, oltre all’Italia, la Spagna (44%) e la Francia (42%). I meno preoccupati da questa eventualità sono invece i polacchi (14%) e i cechi (16%).
Le nuove tecnologie irrompono invece nell’assistenza alle persone anziane: l’83% degli italiani (secondi in classifica dopo gli Stati Uniti) si dichiara favorevole ad adottare sistemi di sorveglianza a distanza come il braccialetto elettronico o il rilevatore di caduta. Così come il 54% dei cittadini del Belpaese ritiene che il tele monitoraggio delle condizioni di salute via telefono o internet regali maggiore indipendenza alle persone non autosufficienti, permettendo loro di essere più autonome presso il domicilio.
Le nuove tecnologie (telesorveglianza e robotica) non cancellano comunque l’importanza e l’indispensabilità dell’assistenza domiciliare indicata in assoluto (96%) come la migliore soluzione per prolungare il mantenimento a casa delle persone anziane o non autosufficienti.
Gli Stati Uniti (85%) sono il Paese con la più alta percentuale di cittadini pronti ad "equipaggiare" i propri familiari anziani di sistemi di monitoraggio a distanza. Chiude la classifica la Repubblica Ceca con il 58%.
Il 71% degli americani contro il 48% dei tedeschi si dichiara d’accordo nell’affermare che il monitoraggio a distanza delle condizioni di salute via telefono o internet contribuiscono a rendere più autonome le persone anziane.
Per tutti i Paesi indagati l’assistenza domiciliare rimane comunque la migliore opzione possibile per prolungare la permanenza a casa delle persone anziane o non autosufficienti. Soprattutto per i francesi (97%), gli italiani e i britannici (96%) e i polacchi (96%). Secondari rimangono invece i supporti che possono derivare dalla telesorveglianza e dalla robotica apprezzate soprattutto da britannici (94%) e americani (88%).
- La prevenzione
In materia di prevenzione, l’Italia è il fanalino di coda tra i Paesi coinvolti nell’indagine: sono infatti solo il 23% (-10 punti negli ultimi 3 anni) i cittadini che dichiarano di aver effettuato di propria iniziativa un check up generale nel corso degli ultimi 5 anni.
Mentre il tema di un programma di prevenzione vitalizio rimane praticamente sconosciuto: il 79% degli italiani non ne è a conoscenza, anche se il campione si dichiara molto o abbastanza interessato a questo argomento (93% al primo posto della classifica).
Nel resto del mondo:
Gli Stati Uniti sono il paese più attento in materia di prevenzione: l’81% degli americani dichiara di essersi sottoposto di propria iniziativa a un check up completo negli ultimi cinque anni; seguono i cechi (70%), i tedeschi (67%) e gli austriaci (66%).
- L’impatto del settore sanitario sull’economia nazionale
Forte il calo di fiducia da parte degli italiani sulla capacità del settore sanitario di contribuire alla crescita del Paese. Forse in diretta conseguenza della crisi economica che sta vivendo la nazione questa fiducia passa dal 77% del 2010 al 65% del 2011 (-12% in un solo anno).
Nel resto del mondo:
Gli austriaci con il 69% delle risposte positive, sono il popolo più fiducioso sul contributo che il settore sanitario può dare all’economia nazionale. Meno convinti i cechi e i francesi che rispettivamente nel 37% e nel 34% dei casi, lo identificano come un peso per lo sviluppo economico.
Roma 02/11/2011
Autore: Redazione FNOMCeO