Report n. 14/2011
XIII RAPPORTO ALMALAUREA: LAUREATI E OCCUPAZIONE
Si riduce il numero di laureati in Italia, e decresce anche il loro livello occupazionale e i salari che mettono in tasca. Il tasso di occupazione medio per i laureati italiani a tre anni dall’acquisizione del titolo è del 75,4%. Sono questi i dati emersi dal XIII Rapporto del Consorzio Almalaurea, presentato in questi giorni.
Per lo studio è stato analizzato un campione di 400mila laureati: quelli del 2009 (oltre 113.000 di I livello, 48.500 specialistici, oltre 13.000 delle lauree a ciclo unico) intervistati nel 2010, a un anno dalla laurea. I laureati del 2007, intervistati dopo 3 anni; e quelli del 2005, intervistati dopo 5 anni (gli ex studenti del pre-riforma).
Sempre più disoccupati: il tasso di disoccupazione giovanile nel nostro Paese ha raggiunto livelli prossimi al 30%. In calo dunque il numero di laureati, che, attualmente, si attestano attorno al 20% fra i 30-34enni. Lontani quindi dal 40% previsto dall’Ue.
C’è anche da aggiungere che il mercato non sembra far grande richiesta di “titolati”. Fra i laureati triennali del 2009, ad un anno dal titolo, la disoccupazione è salita dal dell’1% passando dal 15 al 16% (l’anno precedente aveva segnato +4 punti). Il dato peggiora analizzando la situazione dei laureati specialisti. Qui il tasso di disoccupazione aumenta di due punti percentuali, passando dal 16% all’attuale 18% (la precedente rilevazione aveva evidenziato un +5%). Stessi risultati anche per gli specialisti a ciclo unico che subiscono una flessione di 2,5 punti passando dal 14 al 16,5% (meno comunque rispetto all’aumento di 5 punti dell’indagine precedente).
Resta comunque il più alto, il tasso di occupazione nell’area medica che fa segnare 97,2% a tre anni dalla fine degli studi.
Esaminando i dati secondo un’ottica territoriale, si può notare come tra i laureati residenti al Nord il tasso di occupazione è pari all’87%, contro il 74% rilevato tra i colleghi del Sud (nella rilevazione precedente i tassi rilevati erano, rispettivamente, 88 e 75%).
È però vero che con il trascorrere del tempo dal conseguimento del titolo il differenziale Nord-Sud si ridimensiona significativamente: i medesimi laureati del 2005, ad un anno dalla laurea, presentavano un divario di circa 23 punti percentuali (corrispondente ad una quota di occupati pari al 64% al Nord contro 41% al Sud).
Considerevole anche la differenza di genere, in quanto tra i laureati specialistici biennali, a un anno dalla laurea, il divario è di 6 punti percentuali: lavora il 59% degli uomini e il 53% delle donne. I vantaggi della componente maschile risultano però minimi nell’area chimico-farmaceutica (+1 punto). Sotto il profilo economico, a cinque anni dalla laurea gli uomini guadagnano più delle loro colleghe: il differenziale, pari al 30%, è dato da 1.519 euro per gli uomini e 1.167 euro per le donne.
Indipendentemente dal sesso, il settore medico e quello chimico-farmaceutico, tra gli occupati a cinque anni dalla laurea, fanno registrare i guadagni mensili netti tra i più alti in assoluto: rispettivamente 2.341 euro e 1.640 euro. Facendo poi un confronto tra la laurea del padre e quella del figlio, permane la tradizionale e quasi fisiologica coincidenza nelle lauree di accesso alle professioni liberali come farmacia e medicina. Il 31% dei padri medici ha un figlio con lo stesso tipo di laurea, mentre il 24% dei padri farmacisti ha un figlio che ha scelto lo stesso percorso di studio.
Roma, 14/03/2011
Autore: Redazione FNOMCeO