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Nirast, l’eccellenza “made in Italy” che cura chi ha subito torture

Un network di dieci centri medico-psicologici ospedalieri, sparsi in tutto lo Stivale, in grado di offrire non solo conforto, ma di curare e riabilitare i rifugiati che hanno subito tortura e che chiedono asilo nel nostro Paese. Si divide tra le strutture di Torino, Milano, Gorizia-Udine, Roma, Caserta, Foggia, Bari, Crotone, Trapani e Siracusa, il progetto Nirast (Network italiano richiedenti asilo sopravvisuti a tortura), iniziativa nata nel 2007 in seno al nostro Servizio Sanitario Nazionale e promossa dal Centro per le patologie post-traumatiche dell’Azienda ospedaliera San Giovanni-Addolorata di Roma, dal Consiglio italiano per i rifugiati, dall’Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati e dal Ministero dell’Interno.

Il Nirast rappresenta un caso di eccellenza “made in Italy” che forse non fa notizia, ma che (per una volta) ci proietta ai vertici europei in positivo, nella pratica clinica quanto nella capacità di accogliere. Non tutti i Paesi dell’UE, infatti, sono ugualmente coinvolti su questo tema: Danimarca, Svezia, Germania e Regno Unito hanno sviluppato esperienze simili a quella italiana, ma non altre realtà del Vecchio Continente, come Francia, Belgio, Olanda, Lussemburgo, per citare i Paesi più “forti”.

Dunque, l’Italia è uno dei Paesi europei più impegnati nella cura e nella riabilitazione dei rifugiati e richiedenti asilo “altamente vulnerabili”. Ma cosa si fa precisamente nelle dieci strutture che fanno parte del Nirast? I centri medico-psicologici forniscono ai propri ospiti adeguate misure sanitarie e sociali di tipo psicologico, psichiatrico e internistico, con un approccio multidisciplinare e etnoculturale. Diagnosi, cura, riabilitazione e, infine, rinascita, almeno nei casi più fortunati. Il tutto grazie all’impegno di 49 medici, 37 psicologi e 20 altre figure professionali (assistenti sociali, antropologi, fisioterapisti, etc) suddivisi nelle dieci equipe del Nirast.

Un lavoro di squadra che ha permesso di guarire e di ricominciare daccapo a centinaia, migliaia di persone in questi cinque anni. Ancora di più recentemente, se pensiamo che la cosiddetta “Primavera Nordafricana” ha fatto quasi raddoppiare il numero dei casi presi in carico dal team Nirast, che sono stati ben 559 nel 2011. Oggi, però, nonostante il bisogno aumenti, crisi e conseguenti tagli di bilancio alla Sanità rischiano di compromettere tutto lo sforzo prodotto da questo “gioiello” nostrano, visto che a rischio chiusura c’è la struttura principale del progetto, l’ambulatorio del San Giovanni-Addolorata di Roma. Viviamo in un Paese falcidiato da sprechi e inefficienze, nella sanità come negli altri settori della vita pubblica, e un buon giardiniere ha certamente il dovere di potare i rami secchi. Ma deve anche saper riconoscere le gemme più preziose e continuare a farle germogliare.

Autore: Redazione FNOMCeO

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