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Lutto nella professione medica: il ricordo di Roberto Anzalone e Benito Meledandri

Nell’arco di quarantotto ore la professione perde due personaggi che hanno segnato – pur in maniera tanto diversa anche se altrettanto vigorosa – il mondo della rappresentanza medica: sia quella ordinistica che quella sindacale. Il 22 novembre, dopo anni di malattia, a 85 anni si è spento a Milano, la città che lo adottò, Roberto Anzalone; nella notte tra il 24 e il 25 novembre è spirato invece Benito Meledandri, che di anni ne aveva 86.

Roberto Anzalone era nato a Savona il 22 febbraio del 1928. Fu a  Milano però che egli svolse il suo lavoro di medico, in questa città si sviluppò la sua intera carriera.

Medico di Famiglia dal 1952 al 1999 rivestì la carica di presidente dell’Ordine dei medici e degli Odontoiatri di Milano  dal 1999 al 2008.

Divenne, precedentemente, presidente dell’Associazione Milanese Medici, ricoprendo questa carica dal 1972 sino al 1999. Fu proprio in tale veste che, nel giugno del 1977,  fu fatto bersaglio di un attentato da parte delle Brigate Rosse,  che lo colpirono alle gambe con  sette colpi di una P38.
Fondatore del sindacato SNAMI (Sindacato Nazionale Autonomo Medici Italiani), sino all’ultimo ne è stato presidente onorario.

Ma la sua presenza istituzionale, oltre che con tanti anni di  presidenza ordinistica milanese, si è sviluppata anche a livello nazionale. Sotto la presidenza Parodi, Anzalone ha infatti ricoperto il ruolo di componente del Comitato Centrale per tre mandati (1985/1987; 1988/1990; 1991/1993).  Componente del Comitato Centrale è stato anche dal marzo al novembre 2000, durante la presidenza Del Barone. Membro del massimo organo istituzionale della FNOMCeO, infine anche sotto la presidenza Bianco, durante il triennio 2006/2008.

Non amava sicuramente il palcoscenico: estremamente schivo e riservato, di poche parole, era
considerato uno strenuo difensore del ruolo centrale della categoria medica, un valore – per lui – non negoziabile.  Il suo motto, ricordano allo SNAMI,  era: “Non più uno Stato che detta le regole alla professione ma la professione che detta le regole allo Stato”.

Benito Meledandri, di Anzalone, era pressoché coetaneo: nasce infatti a S. Ginesio, in provincia di Macerata, il primo agosto  del 1927. Anche lui ebbe una città adottiva, Roma: qui si laureò nel 1953 e  qui visse e lavorò, istituzionalmente e professionalmente, sino alla fine.

E’ stato uno dei padri fondatori del SUMAI – il Sindacato Unico della Medicina Ambulatoriale Italiana e Professionalità dell’Area Sanitaria costituito nel 1976 –  rappresenta il 90 per cento dei medici specialisti presenti sul territorio italiano: è in quest’ambito sindacale che il suo ruolo nasce e si centra. Poi inizia anche la sua carriera ordinistica.

Fu un vero leader, non uomo di cattedra ma uomo di campo, i cui metodi “spicci” e la parola colorita, pur nella loro immediatezza, nascondevano una profonda conoscenza dei problemi specifici dei singoli settori della professione , oltre che un grande senso di responsabilità.

Ha segnato un’epoca, quella della nascita del SSN, al centro del quale egli metteva il ruolo del medico, che doveva essere difeso – secondo il suo sentire – dalle varie “angherie burocratiche”.

Nelle trattative sindacali sulla Specialistica, la sua parola contava veramente molto. Non meno importante è stato, però, il suo peso in ambito ordinistico.

Entrò nel Comitato Centrale  della FNOMCeO già sotto la presidenza di Ferruccio De Lorenzo, nel triennio 1976/1978; poi vi rimase, ininterrottamente, dal 1985 al 1993, sotto la presidenza di Eolo Parodi. Vice Presidente della Federazione dal dicembre 1996 al marzo 2000 (sotto le presidenze Poggiolini e Pagni), Meledandri ricoprì per vari mandati anche la carica di Segretario (1994/1996, durante la presidenza Poggiolini; 2000/2002, durante quella di Del Barone; infine, dal dicembre 2005 al marzo 2006).

In Federazione ancora ricordano, oltre alla sua simpatia e la sua romanità, visibile persino nella sua fisionomia (era un uomo alto e imponente), il suo proverbiale decisionismo.  A chi gli chiedeva in che tempi dovesse essere istruita una pratica, lui rispondeva sempre: “Per ieri…”.

Per ricordare Anzalone e Meledandri, il presidente della FNOMCeO, Amedeo Bianco, ha rilasciato le seguenti parole: “Il mio ricordo personale intercetta la storia di Anzalone e Meledandri alla fine di un lungo cammino nella vita sindacale e ordinistica della nostra professione. Al mio sentire, Roberto e Benito erano due uomini diversi, per cultura e visioni, ma profondamente accomunati da una grande passione civile per la vita e le sorti della professione e delle sue istituzioni ordinistiche. Le loro storie ci appartengono, il loro ricordo è un monito continuo al’’impegno e alla responsabilità”.

Autore: Redazione FNOMCeO

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