Report. n.38/09
CONTINUITA’ ASSISTENZIALE E INTEGRAZIONE PROFESSIONALE
La FIASO (Fed. Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere) in collaborazione con il Cergas della Bocconi ha pubblicato i risultati dal suo laboratorio di ricerca in tema di “misurazione e valutazione dell’integrazione professionale e la continuità delle cure”.
Quello della continuità delle cure è un tema da sempre dibattuto ma difficile da attuare nelle nostre realtà assistenziali.
La ricerca partendo da migliaia di documenti dedicati al tema della continuità assistenziale ha tentato, sulla base di un questionario proposto ai professionisti di 13 Aziende Sanitarie, di misurare il legame tra le caratteristiche organizzative aziendali ed il livello di integrazione tra professionisti per tre patologie a forte bisogno di continuità (diabete in pazienti con danno organico, insufficienza respiratoria grave in pazienti con BPCO e tumore in fase avanzata con assistenza domiciliare).
I pazienti, nella ricerca, venivano invitati ad esprimere un voto finale di soddisfazione.
Analisi della ricerca:
1) Vicinanza spaziale: quanto più i professionisti lavorano nello stesso ambiente fisico, tanto più si scambiano informazioni e sono integrati nella cura dei medesimi pazienti.
2) Gravità della condizione clinica dei pazienti: soprattutto per i pazienti oncologici in fase avanzata, la criticità delle loro condizioni di salute induce tutte le categorie di professionisti a maggiori livelli di scambio di informazione e, parallelamente, di integrazione. Il livello di integrazione risulta molto inferiore per i pazienti diabetici.
3) L’integrazione: il livello di integrazione dei professionisti non è sostanzialmente correlato con il livello di continuità e unitarietà delle cure percepito dai pazienti che guardano quasi esclusivamente alla qualità relazionale (affettiva) che hanno con il professionista e alla dimensione della accessibilità dei servizi. Essi basano il loro giudizio soprattutto sui rapporti interpersonali che solo in parte può essere collegato alla definizione propria di continuità delle cure.
4) Dialogo tra professionisti Sanitari: gli specialisti territoriali e ospedalieri registrano livelli di integrazione mediamente molto superiori rispetto ai MMG; il medico di Medicina Generale soprattutto nel percorso di cura dei pazienti cronici individua quali professionisti con cui confrontarsi per reperire e comunicare informazioni circa lo stato di salute dei propri pazienti quasi esclusivamente specialisti territoriali e ospedalieri (il diabetologo e il cardiologo per i pazienti diabetici, il pneumologo per i pazienti affetti da BPCO).
Gli specialisti, invece, tendenzialmente, si relazionano con altri specialisti e con infermieri, mentre hanno scambi informativi meno frequenti con i MMG (eccetto che nel caso di pazienti oncologici).
I professionisti, siano essi MMG, Specialisti e infermieri, denotano uno scarso utilizzo e una condivisione molto limitata di sistemi informativi comuni, con chiari effetti negativi circa l’effettività dello scambio di informazioni relative ai propri pazienti. L’utilizzo dello strumento delle e-mail è pressoché inesistente, e la forma di comunicazione più utilizzata rimane di gran lunga la cartella clinica o altri documenti cartacei portati direttamente dal paziente al momento della visita. Anche per queste ragioni la contiguità fisica dei professionisti nella stessa struttura, come prima evidenziato, è uno dei principali driver esplicativi del livello di integrazione.
Conclusioni:
Il livello medio di integrazione professionale per i 3 percorsi analizzati è soddisfacente: medio-alto per i percorsi del diabete e della BPCO, elevato per il percorso oncologico. Il livello di continuità assistenziale percepito dai pazienti è elevato per tutti e tre i percorsi e molto elevato per quanto riguarda i pazienti oncologici. Come detto in precedenza quanto più gravi sono le condizioni cliniche dei pazienti e quanto maggiore e urgente è la tipologia di assistenza richiesta, tanto maggiore è il coordinamento tra i professionisti.
Nel quadro complessivo delle strategie di assistenza rivolte alla cronicità, si rischia di vedere tendenzialmente destinata la maggior parte delle risorse ai pazienti con esigenze più elevate di cura e con patologie ormai conclamate, limitando ad interventi residuali l’investimento in prevenzione e monitoraggio che riguarda potenzialmente un numero molto maggiore di individui e permetterebbe di andare ad intercettare livelli di bisogno non ancora espressi in domanda.
Come ultima osservazione c’è da dire che la ricerca si è basata su pazienti “Customer satisfaction” già inseriti in percorsi di cura per patologia e beneficiari di assistenza erogata dalle aziende.
I ricercatori ritengono che “la sfida per il futuro delle ricerche sul campo è quella di andare ad intercettare quei livelli di bisogno inespresso che non riescono, per svariate ragioni, a tradursi in domanda esplicita dei servizi (pazienti non arruolati nei percorsi, soggetti con elevati fattori di rischio che non partecipano a programmi di prevenzione) valutandone le criticità nell’accesso ai servizi e programmando le strategie di inclusione in programmi formalizzati di assistenza e monitoraggio “.
Sempre che le condizioni di sostenibilità del SSN non costringano le Aziende erogatrici di servizi a ripiegare progressivamente sull’essenziale e rispondere solo alla domanda di “Cura” più che a quella di “Salute”.
P.S. Come sempre chi fosse interessato ad approfondire, la documentazione completa è a disposizione presso il Centro Studi e Documentazione della FNOMCeO.
Roma, 09/10/2009
Autore: Redazione FNOMCeO