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Tina Anselmi: la grazia della normalità

Il 1° novembre scorso è morta nella sua casa di Castelfranco Veneto Tina Anselmi. È la prima donna che nel 1976, dopo oltre 100 anni di storia unitaria dell’Italia, assume la carica di Ministro: le viene affidato il dicastero del Lavoro e della Previdenza sociale. Nel 1978 diventa titolare del Ministero della Sanità proprio nel momento storico in cui il nostro Paese decide di dotarsi di un Servizio Sanitario Nazionale ad accesso universalistico che chiude l’epoca dell’assistenza sanitaria incentrata sulle mutue.

Nel 1981diventa presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulla Loggia massonica P2 mentre la Presidenza della Camera è affidata a Nilde Iotti.

Difficile raccontare qualcosa della carriera politica di questa donna straordinaria senza cedere alle insidie della retorica sempre in agguato e che “la staffetta partigiana in bicicletta Gabriella” tanto odiava. Difficile quando il soggetto del racconto è una come lei che era abituata a prendere appunti in maniera linda e ordinata, con la scrittura tipica delle maestre elementari del Dopoguerra che acquisivano nella loro scrittura a penna l’elegante semplicità della grafia insegnata ai loro scolari.

Erano da poco finiti gli anni Ottanta, le ferite del Terrorismo erano ancora sanguinanti, e la parabola politica di questa italiana straordinaria aveva già imboccato la strada della discesa dopo gli scontri aperti con i “Poteri Forti” avuti durante la presidenza sulla “Commissione P2”: una parabola discendente che l’avrebbe portata ad un’emarginazione progressiva che però ha esaltato in modo assoluto la sua dignità di donna prima che di personaggio politico della Repubblica.

Ricordiamo il suo invito, pacato ma dal tono deciso che non ammette repliche, ad elaborare il concetto che in democrazia non ci sono conquiste definitive ma vi è soltanto la possibilità (obbligatoria) di una difesa quotidiana di quelle conquiste, che passa per l’impegno continuo di tutti coloro che nei valori della democrazia credono. E ancora i suoi sguardi diretti alle donne più giovani presenti nel pubblico e la commozione che le sue parole rendevano visibile in quegli occhi un po’ spauriti di giovani donne che l’ascoltavano ammirate.

Pochi hanno detto in questi giorni che grazie all’attività politica di Tina Anselmi questo Paese si dotò della prima legge sulle Pari Opportunità che metteva la questione femminile (fatta ancora oggi di discriminazioni piccole e grandi) al centro della vita politica, sociale ed economica dell’Italia e pochi (tremendamente troppo pochi, e purtroppo non soltanto in questi giorni) ricordano cosa abbia rappresentato per il nostro Paese la sua presenza al Ministero della Sanità. La riforma varata mentre lei era ministro (per sdoganare la declinazione al femminile occorre che “ministra” diventi pochi anni dopo Livia Turco) cambia il rapporto di ogni italiano con il diritto alla tutela della sua salute. È un cambiamento epocale evidenziato in fatti piccoli e grandi che modificano radicalmente però la vita quotidiana di oltre 50 milioni di cittadini. Prima della nascita del SSN, ad esempio, chi era disoccupato perdeva il diritto all’assistenza sanitaria dopo sei mesi e la tutela della sua salute poteva essere esercitata  soltanto in forma caritatevole come accadeva dalla notte dei tempi. La nascita della Prevenzione come pratica medico-sanitaria su cui fondare il diritto alla tutela della salute, prima della dell’avvento del SSN era una chimera, come lo era la Medicina d’Iniziativa che riesce a declinare nella quotidianità dell’attività sanitaria gli obiettivi di prevenzione più ambiziosi.

Il 1° novembre a Castelfranco Veneto è morta una grande italiana: una coraggiosa e infaticabile staffetta partigiana che non è mai voluta scendere dalla sua bicicletta dagli pneumatici consumati e che sul quel mezzo di trasporto spartano, instabile, commovente ha portato l’Italia in una modernità dove l’impegno personale, speso per gli altri prima che al servizio di una propria convinzione, può ancora (per fortuna di tutti) essere lo scopo di una vita degna davvero di essere vissuta.

In un’epoca che sembra votata al culto del successo ad ogni costo, all’edonismo senza cultura che diventa pratica di vita, alla celebrazione ossessiva (e quindi sospetta) del tramonto delle ideologie, la vita di Tina Anselmi potrebbe suonare patetica, antica, incorreggibilmente retorica… Ma come scriveva Franz Kafka nei suoi Racconti: “Vedete, anche questo è soltanto apparenza”. Lo dimostra il successo di un documentario televisivo prodotto da Rai Storia su di lei per la serie “Italiani” condotta in studio da Paolo Mieli e che è uno dei più scaricati dalla rete. Straordinario il titolo (Tina Anselmi: la grazia della normalità); bello e interessante dargli uno sguardo (qui).

Nicola Ferraro

Autore: Redazione FNOMCeO

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