Mazzei: essenziale il contributo femminile nella creazione di modelli organizzativi

Docente di farmacologia all’Università di Firenze, Teresita Mazzei è da tempo una delle colonne dell’Ordine dei Medici di Firenze. Il suo nome è presente nelle più importanti società scientifiche internazionali in ambito chemioterapico ed anche abbondantemente indicizzato anche su PubMed (dove è appena stato pubbicato un suo ultimo lavoro sulle P-glycoprotein apparso sul Wiley Periodics): è lei, caso evidente di “donna autorevole in medicina”, uno dei propulsori del convegno sul rapporto tra donne e leadership in ambito sanitario. E proprio con questa intervista a Teresita Mazzei vogliamo continuare ad approssimarci all’evento del 1° aprile.

Leadership femminile e sanità: professore, ritiene che il tema proposto dal convegno di Firenze sia argomento percepito da tutto il mondo medico o solo da una nicchia “rosa”?
Sicuramente il mondo medico nella sua globalità assiste al fenomeno della progressiva e crescente femminilizzazione della nostra professione, ma credo che in realtà solo pochi dei nostri colleghi pongano sufficiente attenzione all’accesso ancora lento di Dirigenti medici donne all’interno del Sistema Sanitario. Negli ultimi 10 anni questo aumento è stato infatti di soli pochi punti percentuali e credo sia giunto il momento di parlarne, di discuterne le possibili ragioni ed iniziare azioni positive di supporto per incrementare in maniera sostanziale il numero di donne medico nelle posizioni apicali.

Tutta la prima sessione del convegno pone l’attenzione al rapporto tra organizzazione sanitaria e genere: perché questa sottolineatura? Su cosa si vuole richiamare l’attenzione?
Vogliamo riflettere sul cambiamento in atto della Sanità pubblica e offrire un modello femminile di interpretazione ed organizzazione delle funzioni della Sanità. Le donne da secoli guidano la famiglia, hanno indubbie capacità organizzative, gestiscono reti di relazioni, sanno comunicare ed in particolare le donne medico vorrebbero non solo lavorare bene e nei propri settori disciplinari, ma anche partecipare alla creazione di modelli di coordinamento ed organizzazione sanitaria.

Lei insegna nell’ateneo fiorentino: crede esistano effettive differenze di genere e/o ostacoli nella possibilità per le donne di raggiungere posti apicali tra i due ambiti, quello accademico e quello ospedaliero?
Credo che il maggior ostacolo al raggiungimento delle posizioni apicali per la donna medico, indipendentemente dal ruolo accademico e/o assistenziale sia rappresentato dalla possibilità che ha di conciliare lavoro e famiglia. Per ogni riuscita professionale, e l’apicalità è il massimo di ogni carriera, è critico avere un supporto familiare o di un compagno o di personale esterno – ad esempio collaboratrici domestiche, baby sitter… Indispensabili anche gli asili nido, possibilmente all’interno della stessa azienda dove la donna medico lavora.

Nel convegno si cerca anche un dialogo con altre professioni sanitarie, coinvolte anch’esse nella progressiva femminilizzazione della propria popolazione: come mai questo dialogo incrociato? C’è un comune sentire? Si cerca un dialogo per costruire una unione di intenti?
Il dialogo, l’integrazione ed il sinergismo con le altre professioni sanitarie – con infermieri, assistenti sanitari, psicologi… – è indispensabile per la migliore assistenza ad un paziente che è sempre più complesso, anziano ed affetto da più patologie. Una singola professionalità offre solo risposte parziali ai bisogni multipli dei nostri assistiti.

Autore: Redazione FNOMCeO

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