Benato: a Firenze per approfondire la leadership al femminile

Essere medico, essere donna, puntare ad una leadership in ambito sanitario, essere interprete delle modificazioni strutturali ed organizzative in corso nella sanità italiana, esser volano di un rinnovato dialogo con le altre professioni: attorno a questi poli ruota il convegno "Leadership in Sanità: interpretazione al femminile, innovazioni, opportunità" che si terrà a Firenze il prossimo 1 aprile. Un convegno che, come dichiarato negli obiettivi scientifici dei lavori, “vuole essere una giornata di riflessione e di confronto sul tema dell’accesso lento, ma progressivamente esteso, di dirigenti femminili all’interno delle strutture sanitarie” discutendo di “i nuovi scenari sanitari, i profili della leadership al femminile, processi di trasformazione organizzativa, spinta alla costruzione di reti di sostegno”. Con quest’intervista a Maurizio Benato, attivo sostenitore di tutti i recenti momenti di riflessione sul tema della femminilizzazione della professione (da Caserta 2007 a Sanremo 2010), iniziamo una serie di interviste di presentazione e lancio del convegno che già si qualifica come uno dei momenti centrali dell’attività della Federazione nazionale degli Ordini. Nelle prossime settimane, per fornire ai lettori un quadro completo ed approfondito dei lavori e delle tematiche previste, ascolteremo anche le voci di Teresita Mazzei (presidente del Comitato scientifico), Roberta Chersevani (coordinatrice della commissione FNOM per le problematiche di genere) e Antonio Panti (presidente OMCeO di Firenze).

Presidente Benato, il convegno di Firenze sulla leadership accende i riflettori ancora una volta su una problematica professionale declinata al femminile: come mai la FNOM continua ad esprimere questa grande attenzione nei confronti delle problematiche di genere?
Quando parliamo di genere possiamo fare riferimento, sia ad un costrutto culturale e storicamente determinato dove diritti e doveri condivisi all’interno delle singole società condizionano l’accesso alle risorse sociali importanti di un paese, sia quale determinate essenziale della salute che richiede ricerca approfondimento e valutazioni di dati scientifici – nel caso della medicina di genere – che servono a rendere esplicite evidenze oggi non ancora riconosciute e che rimarrebbero invisibili, al fine di delineare nuove priorità e nuovi obbiettivi sanitari. L’approccio della Fnomceo è avvenuto su entrambi i versanti . Personalmente ho partecipato ai convegni e congressi nazionali sulla medicina di Genere quale delegato della FNOMCeO, anche se per il nostro ruolo di Ente ausiliario dello Stato di fatto abbiamo privilegiato l’aspetto sociale professionale, perché le donne medico e odontoiatre sono divenute una realtà numerosa e in continua crescita priva però di una visibilità in termini di potere decisionale, di partecipazione negli organismi di direzione sanitaria.

Il tema del convegno assume particolare rilevanza se si riflette sul processo di progressiva femminilizzazione delle professioni sanitarie: su questo piano ritiene che negli ultimi anni sia stata sviluppata sufficiente attenzione da parte dei vari attori del SSN, dell’università e della programmazione sanitaria territoriale?
Anche se le donne medico specie negli ultimi anni sopravvanzano in numero i colleghi maschi, la componente femminile della professione non riesce a sviluppare quello spessore contrattuale di cui può servirsi almeno sulla carta. Si tratta di dimensioni ancora nuove e ancora poco indagate, nel mondo medico, e tra l’altro sembrano realizzarsi in modo non uniforme rispetto agli ambiti territoriali e rispetto ai diversi livelli assistenziali o aree specialistiche. Penso che nessuna istituzione da lei indicata abbia posto l’attenzione che merita il fenomeno e abbia valutato questa trasformazione cercando di capire quali saranno le relazioni interne ed esterne, ma anche quali saranno i rapporti di forza e di potere. Inoltre debbo dire che non mi sembra che si conducano ricerche su di una rinnovata identità professionale di genere non solo sul piano clinico e tecnologico, ma soprattutto sul piano organizzativo sanitario; una rinnovata identità femminile che deve tra l’altro adeguarsi agli indirizzi di specializzazione dominanti e alla nuova cultura di servizio richiesta per la sanità pubblica. Sono questioni che reclamano un bisogno diffuso di nuovi contenuti formativi, di nuovi orientamenti di valore e anche di una nuova concezione di governo clinico. Ci troviamo di fronte a mutamenti culturali profondi, dobbiamo essere messi in grado di prevenire il ripetersi dei tanti errori commessi nel passato in sanità.

Lei crede che ci siano nel nostro Paese le volontà culturali, politiche, professionali e organizzative affinché le donne capaci occupino posti di leader?
Personalmente penso che non ci siano ostacoli anche se spesso mi sento ripetere che le donne medico subiscono una segregazione orizzontale dovuta al fatto che attualmente occupano solo alcuni settori dell’assistenza rispetto ad altri con il risultato che quando le “scelte” si riferiscono a posizioni più svantaggiate, è evidente che c’è alla base un meccanismo sociale di esclusione. Di pari passo quella verticale gerarchica, anche se ultimamente si assiste ad un lento incremento della rappresentanza femminile nelle posizioni in cui si ha potere decisionale, nel reclutamento e sulle carriere. Quello che mi auguro da medico maschio è che questo passaggio, sicuramente da favorire, non avvenga sulla base di comportamenti simili a quelli “maschili”, ma mantenendo e valorizzando quell’ aspetto di forte valenza antropologica che è la cultura femminile dell’ assistenza al malato, della tradizione tutta al femminile delle cure del corpo,un "valore" in sé, da aggiungere alla "scientificità" tipica del corpo di saperi medico, che più tradizionalmente si può interpretare come "maschile".

Presidente, in un suo intervento alcuni anni fa lei ha delineato le tappe del "lungo cammino delle donne in medicina": quanto sarà ancora lungo questo cammino prima di registrare effettivamente pari opportunità nei posti apicali del governo della salute?
Sono convinto che dipenda solo dalla volontà delle nostre colleghe. Penso che sia fondamentale in primo luogo che le donne tematizzino le disuguaglianze che subiscono, prendano coscienza dell’ingiustizia e incomincino a considerarla non più tollerabile. Come sosteniamo i diritti delle nostre mogli e figlie, penso che riesca sempre più facile per noi medici maschi abbandonare anche l’ultimo residuo di volontà di discriminazione nel mondo del lavoro verso le colleghe.

Autore: Redazione FNOMCeO

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