Cassazione Penale Sentenza n. 29133/18 – Colpa Medica – In tema di responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, l’abrogato art. 3 comma 1, del d.l. n. 158 del 2012, si configura come norma più favorevole rispetto all’art. 590-sexies cod. pen., introdotto dalla legge n. 24 del 2017, sia in relazione alle condotte connotate da colpa lieve da negligenza o imprudenza, sia in caso di errore determinato da colpa lieve da imperizia intervenuto nella fase della scelta delle linee-guida adeguate al caso concreto.
FATTO E DIRITTO: Con sentenza del 17 marzo 2017 la Corte d’appello di Taranto ha parzialmente riformato, riducendo la pena ed eliminando le statuizioni civili, la sentenza del G.U.P. del Tribunale di Taranto con cui è stata ritenuta la penale responsabilità di C. F. e L. F. in ordine al reato di cui all’art. 589 comm 1^ e 2^ cod. pen. per avere, in cooperazione fra loro, nella rispettiva qualità di dirigenti medici di medicina e chirurgia e di accettazione ed urgenza, presso l’Ospedale S.S. (Omissis), cagionato la morte di M. S. C., omettendo di somministrare al medesimo- vittima di un sinistro stradale ed affidato alle loro cure ospedaliere- la terapia eparinica indicata dalle linee guida, che prevedono per i pazienti con periodo di allettamento superiore a tre giorni, nonché per coloro che abbiano età superiore agli anni 40 o si trovino in situazione di sovrappeso corporeo, la terapia antitrombotica, così determinando l’insorgenza del trombo nelle vene dell’arto inferiore destro, con conseguente arresto cardiaco respiratorio, secondario ad tromboembolia acuta massiva, cui seguiva il decesso. Il fatto, per quanto non contestato con i motivi formulati in questa sede, può essere riassunto come segue: il giorno 8 giugno 2011 M. S. C., religioso dell’età di 71 anni, restava coinvolto in un incidente stradale, perché alla guida della sua auto, entrava in collisione con l’automobile di T. C., giudicato separatamente. Soccorso dal servizio 118, veniva trasportato presso l’Ospedale (Omissis) ove gli veniva diagnosticata la frattura della VII costa destra, in politrauma della strada, ferita lacero-contusa in regione occipitale destra e contusioni multiple. Sottoposto a TAC total body, emergeva esclusivamente l’infrazione del VI elemento costale, in corrispondenza della linea ascellare media e l’infrazione dell’ala scapolo- ornolaterale. Trasferito nel reparto di “osservazione breve”, ivi rimaneva ricoverato sino al 12 giugno 2011, allorquando veniva dimesso con diagnosi di “infrazione della VI costa destra e dell’ala scapolare omolaterale in politrauma contusivo della strada; trauma cranico non commotivo con ferita lacerocontusa in regione occipitale destra”e con le seguenti prescrizioni ” fans al bisogno più eventuale protezione gastrica (…) levoxoflacina per 5 giorni (…) riposo domiciliare” con rinvio al medico curante. Presso la propria abitazione il C. veniva assistito da persone di famiglia e da un assistente domiciliare. Il giorno 17 giugno 2011, dopo la colazione, egli cominciava a accusare difficoltà di respirazione, nuovamente allertato il 118, veniva sottoposto a manovre di rianimazione e giungeva all’ospedale in arresto cardiocircolatorio. L’esame autoptico rivelava che il paziente era deceduto a causa di un arresto cardiorespiratorio secondario tromboembolia acuta massiva, con occlusione trombotica totale degli imbocchi di entrambe le arterie polmonari. Secondo l’esito dell’esame istologico il trombo risultava ” fiibrino-leucocitario”, cioè di recente formazione, in assenza di alterazioni patologiche degli organi interni tali da giustificare una formazione autoctona. Le sentenze di primo grado e di appello ritengono la sussistenza della condotta colposa degli imputati sulla scorta della ricostruzione e dell’analisi del perito nominato dal giudice per le indagini preliminari, ritenuto esperto ematologo, secondo il quale, a mente delle linee-guida contenute nel Padua prediction score, il C. presentava un indice di rischio di tromboembolia pari almeno a 4, trattandosi di paziente anziano (1) ed in situazione di ipomobilità (3), punteggio che avrebbe dovuto indurre i medici a somministrare la profilassi eparinica. La profilassi, secondo il perito, avrebbe con altissima probabilità bloccato l’embolia polmonare, quantomeno nella sua entità, non potendosi peraltro sostenere, come preteso dagli imputati, la non somministrabilità a domicilio del farmaco, posto che siffatta raccomandazione, pur richiamata nelle linee guida, è classificata 2C e quindi dotata di scarso significato, perché non documentata da sufficienti studi clinici. La Corte, dunque, conferma la sentenza di primo grado ritenendo provato sia il fattore di rischio rappresentato dall’ipomobilità del paziente, prolungatasi anche oltre i tre giorni del ricovero, che la natura fibrino-leucocitaria del trombo, tipica di un’insorgenza recentissima. E ciò, anche tenendo in considerazione il fatto che dalla relazione di servizio compilata dal F. era emerso come il medico non si fosse prospettato la possibilità del rischio trombotico, ma solo di quello emorragico, tanto è vero che ripeté più volte l’esame emocromocitometrico per escludere l’evenienza di emorragie occulte postraumatiche, dimettendo il paziente, a fronte dell’esito rassicurante di siffatta analisi ematica, con la prescrizione di antidolorifici al bisogno, di un antibiotico e di riposo domiciliare. Non può che condividersi il giudizio della Corte territoriale che esclude l’applicabilità della disposizione dell’art. 3 del d.l. 158/2012 conv. dalla L. 189/2012. E’ pur vero, infatti, come sostiene il ricorrente, che secondo l’orientamento maturato in sede di legittimità, in sede di vigenza del c.d. decreto Balduzzi: “la limitazione della responsabilità del medico in caso di colpa lieve, prevista dall’art. 3, comma primo, legge 8 novembre 2012, n.189, opera, in caso di condotta professionale conforme alle linee guida ed alle buone pratiche, anche nella ipotesi di errori connotati da profili di colpa generica diversi dall’imperizia. (In motivazione la Corte ha precisato che tale interpretazione è conforme al tenore letterale della norma, che non fa alcun richiamo al canone della perizia e risponde alle istanze di tassatività dello statuto della colpa generica delineato dall’art. 43 comma terzo, cod. pen.). (Sez. 4, n. 23283 del 11/05/2016 – dep. 06/06/2016, Denegri, Rv. 26690301). Nondimeno, il presupposto applicativo è la conformità della condotta alle linee guida, ove esistenti, ed alle buone pratiche, pacificamente mancata nel caso di specie, non avendo i sanitari neppure correttamente approfondito la valutazione dello score di rischio, come accertato con sentenza doppia conforme di merito. Il che consente di affermare la sussistenza di una colpa grave dei medici, rilevante non solo ai sensi del d.l. 158/2012, ma anche rispetto ai criteri generali regolanti la colpa medico-professionale prima dell’entrata in vigore della legge disciplinante in modo specifico la colpa medica. 5.2 Né può porsi la questione della valutazione della disciplina penale più favorevole in conseguenze dell’entrata in vigore della L. 24/2017, posto il recente insegnamento delle Sezioni Unite secondo cui “In tema di responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, l’abrogato art. 3 comma 1, del d.l. n. 158 del 2012, si configura come norma più favorevole rispetto all’art. 590-sexies cod. pen., introdotto dalla legge n. 24 del 2017, sia in relazione alle condotte connotate da colpa lieve da negligenza o imprudenza, sia in caso di errore determinato da colpa lieve da imperizia intervenuto nella fase della scelta delle linee-guida adeguate al caso concreto. La Corte ha rigettato i ricorsi