Cassazione Civile Sent. 21565/18 – Dirigenza medica – La sostituzione nell’incarico di dirigente medico del servizio sanitario nazionale ai sensi dell’art. 18 del CCNL dirigenza medica e veterinaria dell’8 giugno 2000, non si configura come svolgimento di mansioni superiori poiché avviene nell’ambito del ruolo e livello unico della dirigenza sanitaria, sicché non trova applicazione l’art. 2103 c.c. e al sostituto non spetta il trattamento accessorio del sostituito ma solo la prevista indennità cd. sostitutiva, senza che rilevi, in senso contrario, la prosecuzione dell’incarico oltre il termine di sei mesi (o di dodici se prorogato) per l’espletamento della procedura per la copertura del posto vacante, dovendosi considerare adeguatamente remunerativa l’indennità sostitutiva specificamente prevista dalla disciplina collettiva e, quindi, inapplicabile l’art. 36 Cost..
FATTO E DIRITTO: Il ricorso denuncia, con un unico articolato motivo, violazione e falsa applicazione di plurime disposizioni di legge ( artt. 15,15 bis, 15 ter d.lgs. n. 502/1992; artt. 19,24 e 52 d.lgs. n. 165/2001; art. 2103 cod. civ. ) e di contratto ( artt. 51 e segg. C.C.N.L. 5/12/1996 per la dirigenza medica e veterinaria del SSN; artt. 18,26, 29 e 38 del CCNL 1998-2001). La ricorrente premette che doveva essere escluso il formale conferimento dell’incarico di responsabile dell’unità operativa perché l’ordine di servizio del 4 agosto 1997, oltre ad essere stato emanato prima dell’adozione dell’atto aziendale, non era stato preceduto dalla necessaria procedura comparativa, non indicava la durata dell’incarico, non precisava gli obiettivi rispetto ai quali doveva esserci assunzione di responsabilità. Aggiunge l’Azienda che il d.lgs. n. 509/1992 colloca la dirigenza sanitaria in un unico ruolo e precisa, all’art. 15 ter, che non trova applicazione l’art. 2103 cod. civ. nell’ipotesi di sostituzione del dirigente preposto a struttura complessa. Analoga disciplina è dettata dal d.lgs. n. 165/2001, perché l’art. 52 si riferisce al eu • RG 210/2013 personale con mansioni non dirigenziali mentre l’art. 19 esclude l’applicabilità ai dirigenti della disciplina dettata in tema di svolgimento di fatto di mansioni superiori. L’Azienda richiama, infine, la disciplina contrattuale in base alla quale il dirigente non formalmente incaricato della direzione della struttura può pretendere solo l’indennità prevista dall’art. 18, giacché le ulteriori componenti della retribuzione presuppongono l’espletamento della specifica procedura concorsuale nonché il positivo superamento delle verifiche di professionalità. La questione che viene in rilievo è già stata oggetto di esame da parte di questa Corte che, pronunciando in fattispecie esattamente sovrapponibile a quella qui controversa, ha affermato che la sostituzione nell’incarico di dirigente medico del servizio sanitario nazionale ai sensi dell’art. 18 del c.c.n.l. dirigenza medica e veterinaria dell’8 giugno 2000, non si configura come svolgimento di mansioni superiori poiché avviene nell’ambito del ruolo e livello unico della dirigenza sanitaria, sicché non trova applicazione l’art. 2103 c.c. e al sostituto non spetta il trattamento accessorio del sostituito ma solo la prevista indennità cd. sostitutiva, senza che rilevi, in senso contrario, la prosecuzione dell’incarico oltre il termine di sei mesi (o di dodici se prorogato) per l’espletamento della procedura per la copertura del posto vacante, dovendosi considerare adeguatamente remunerativa l’indennità sostitutiva specificamente prevista dalla disciplina collettiva e, quindi, inapplicabile l’art. 36 Cost. ( Cass. n. 16299/2015 e negli stessi termini Cass. n. 15577/2015, n. 584/2016, n. 9879/2017). Il Collegio intende dare continuità all’orientamento espresso dalle richiamate pronunce, perché l’esegesi del quadro normativo e contrattuale non consente di estendere ai dirigenti in generale, ed alla dirigenza medica in particolare, norme e principi che regolano il rapporto di lavoro non dirigenziale. 4.1. L’inapplicabilità ai dirigenti dell’art. 2103 cod. civ., sancita dall’art. 19 del d.lgs. n. 165/2001, era già stata affermata dall’art. 19 del d.lgs. n. 29/1993, come modificato dall’art. 13 del d.lgs. n. 80/1998, e discende dalle peculiarità proprie della qualifica dirigenziale che, nel nuovo assetto, non esprime più una posizione lavorativa inserita nell’ambito di una carriera e caratterizzata dallo svolgimento di determinate mansioni, bensì esclusivamente l’idoneità professionale del soggetto a ricoprire un incarico dirigenziale, necessariamente a termine, conferito con atto datoriale gestionale, distinto dal contratto di lavoro a tempo indeterminato. La materia delle sostituzioni è stata espressamente disciplinata dalle parti collettive che, all’art. 18, comma 7, del CCNL 8.6.2000 hanno innanzitutto ribadito, in linea con la previsione dell’art. 15 ter, comma 5, del d.lgs. n. 502/1992, che “le sostituzioni ….non si configurano come mansioni superiori in quanto avvengono nell’ambito del ruolo e livello unico della dirigenza sanitaria”. Hanno, quindi, previsto una speciale indennità, da corrispondersi solo in caso di sostituzioni protrattesi oltre sessanta giorni, rapportata al livello di complessità della struttura diretta ( £. 1.036.000 per la sostituzione del dirigente di struttura complessa e £. 518.000 per la struttura semplice). Il comma 4 della disposizione contrattuale prevede che, qualora la necessità della sostituzione sorga in conseguenza della cessazione del rapporto di lavoro del dirigente interessato, e, quindi, della vacanza della funzione dirigenziale, la stessa è consentita per il tempo strettamente necessario all’espletamento delle procedure concorsuali e può avere la durata di mesi sei, prorogabili a dodici. E’, però, significativo che le parti collettive non abbiano fatto cenno alle conseguenze che, sul piano economico, possono derivare dall’omesso rispetto del termine e l’omissione non può essere ritenuta casuale, atteso che la norma contrattuale ha tenuto ad affermare, come principio di carattere generale, che la sostituzione non implica l’espletamento di mansioni superiori. Il termine di cui al comma 4, quindi, svolge senz’altro una funzione sollecitatoria ma il suo mancato rispetto non può legittimare la rivendicazione dell’intero trattamento economico spettante al dirigente sostituito, impedita proprio dall’incipit del comma 7, che, operando unitamente al principio della onnicomprensività al quale si è già fatto cenno, esclude qualsiasi titolo sul quale la pretesa possa essere fondata.RG 210/2013 4.3. La giurisprudenza costituzionale ed amministrativa invocata dalla difesa del controricorrente si è formata in relazione all’art. 121 del d.P.R. n. 384/1990, disapplicato dal richiamato art. 18 del CCNL 2000, e, quindi, in un diverso contesto normativo giacchè, prima dell’istituzione del ruolo unico, i compiti propri del primario costituivano mansioni superiori rispetto a quelle dell’aiuto o dell’assistente ( inquadrati rispettivamente nel X e nel IX livello mentre al primario era riservato l’XI livello) mentre nell’attuale sistema, fondato sull’equivalenza delle mansioni dirigenziali, le diverse tipologie di incarichi non comportano rapporti di sovra o sotto ordinazione ( art. 27 CCNL 2000) e sono manifestazione di attribuzioni diverse ma di pari dignità ( art. 6 CCNL 2008). Le considerazioni che precedono inducono, pertanto, il Collegio a non condividere il diverso orientamento espresso da Cass. n. 13809/2015, che ha ritenuto di poter ravvisare lo svolgimento di mansioni superiori in caso di sostituzione protrattasi oltre il limite massimo di dodici mesi. La pronuncia, rimasta isolata, è stata superata dalle decisioni richiamate al punto 4, sicchè allo stato non è più configurabile un effettivo contrasto, idoneo a giustificare la rimessione ex art. 374, comma 2, cod. proc. civ. alle Sezioni Unite di questa Corte. La Corte ha accolto il ricorso.