La Corte di Cassazione ha affermato che il medico che ha adibito una stanza della sua casa a studio medico non ha necessariamente violato il regolamento condominiale che consente soltanto l’uso residenziale abitativo.
FATTO E DIRITTO 1. Con sentenza depositata il 31/01/2011 il tribunale di Termini imerese ha dichiarato cessata la materia del contendere tra il condominio in Termini Imerese, c.da P. via G. S., 1 e A. A. ; ha dichiarato inammissibile l’intervento della condomina P. P.; ha rigettato la domanda proposta in via ci intervento adesivo autonomo dal condomino G. S. volta ad ottenere dichiarazione di illegittimità dell’adibizione di una stanza dell’appartamento abitato da A. A. e dalla propria famiglia a studio medico, per asserita violazione di clausola di regolamento contrattuale di. condominio (7.he consente “soltanto l’uso restlenziale abitativo” e \feta quindi “a titclo Esemplificativo … le att vita commerciali, le esalazioni nocive, le 1.-nmssioni di fumi, gas, scarichi, rumori …”. Il tribunale ha ritenuto che l’uso di una stanza come luogo di visita di occasionali paz enti, non costituendo un’nfrastruttura logistica, non sarebbe vietato da detta clausola, porto anche che l’interpretazione contraria comporterebbe urnabnorme limitazione Oei ciritti de poprietario del singolo appartamento nella sistemazione del progrio alloggio e nelle proprie relazioni. 2. Con sentenza depositata il 22/02[201 -i- la corte d’appello di Palermo ha accolto l’appellc prinipale di G. S. e P. P., con assorbimento di quello incidentEle d A. A. in tena di spese. Ha ritenuto la corte c’appello il sussistere della violazione del regolamento condominiale, “a nulla rilevando che la det.inazione diversa da quella abitativa .;ia stata parziale, attesa la 1/4 — oltre frontesp,2io natura assoluta del divieto posto dal regolamento … e il carattere meramente esemplificativo delle attività vietate”. 3. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione A. A. su due motivi. Non hanno svolto difese gli intimati. 4. Su proposta del relatore, il quale ha ritenuto che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente fondato, con la conseguente definibilità nelle forme dell’art. 380-bis cod. proc. civ., in relazione all’art. 375, comma 1, n. 5), cod. proc. civ., il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio, nella quale il collegio ha come segue condiviso la medesima proposta del relatore. Considerato che: 1. Il primo mezzo di ricorso, che propone censure per violazione di legge sostanziale in riferimento all’art. 1138 cod. civ., agli artt. 1362, 1363 e 1367 cod. civ. e all’art. 832 cod. civ., è manifestamente fondato, con assorbimento degli altri profili, nonché del secondo motivo vertente in tema di regolazione delle spese processuali. 2. Come sopra rilevato, prendendo le distanze dalla sentenza del tribunale, la corte territoriale con la decisione impugnata, di fronte a clausola di regolamento contrattuale di condominio che consente “soltanto l’uso residenziale abitativo” e vieta quindi “a titolo esemplificativo … le attività commerciali, le esalazioni nocive, le immissioni di fumi, gas, scarichi, rumori ha ritenuto preclusa l’adibizione di una parte dell’appartamento abitato dalla famiglia di una professionista sanitaria a studio medico della professionista stessa. Ha ritenuto la corte d’appello il sussistere della violazione del regolamento condominiale, “a nulla rilevando che la destinazione diversa da quella abitativa sia stata parziale, attesa la natura assoluta del divieto posto dal regolamento … e il carattere meramente esemplificativo delle attività vietate”. – 2/4 – oltre frontespizio 3. Nel governare l’utilizzo dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 ss. cod. civ. e applicare l’art. 1138 cod. civ., la corte d’appello è effettivamente caduta in errore. La corte, da un lato, ha infatti accertato fattualrnente la destinazione limitata di una stanza a studio medico; d’altro lato, ha escluso in via complementare che si trattasse di un vero e proprio ambulatorio. Su tali basi, la corte locale ha in pratica limitato la propria opera interpretativa della nozione di “uso residenziale abitativo” alla reiezione non esplicata della possibilità che in esso fossero ricompresi usi promiscui compatibili con la funzione dell’abitare (“a nulla rilevando che la destinazione diversa da quella abitativa sia stata parziale”); ha poi tratto dalla natura esemplificativa dell’elencazione delle attività espressamente vietate la conclusione della sostanziale irrilevanza dell’elencazione stessa (che, eventualmente, alla luce dell’indicazione di attività seriamente invasive rispetto alle esigenze abitative degli altri compartecipi – “attività commerciali,.., esalazioni nocive, … immissioni di fumi, gas, scarichi, rumori” – avrebbe potuto guidare l’interprete verso approdi diversi). 4. Così operando la sentenza impugnata si è posta contro i principi giurisprudenziali elaborati da questa corte in tema di ambito applicativo del regolamento condominiale ex art. 1138 cod. civ. e di uso dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 ss. cod. civ. in materia di clausole di regolamento di divieto di destinazione delle unità immobiliare a determinati usi (cfr., ad es., Cass. n. 19229 del 11/09/2014 circa i criteri ermeneutici generali in materia; n. 21307 del 20/10/2016, circa il doversi rifuggire da interpretazioni estensive; n. 9564 del 01/10/1997 circa l’esigenza di incontrovertibilità delle disposizioni di divieto). Dovendo dunque accogliersi il ricorso nei sensi di cui innanzi, in sede di riesame il giudice di rinvio dovrà ampliare la propria opera interpretativa della nozione di “uso residenziale abitativo”, valutando in particolare se in esso siano ricompresi usi promiscui quale quello definitivamente accertato – compatibili con la funzione dell’abitare e se, stante l’elencazione delle attività espressamente vietate, seriamente invasive rispetto alle esigenze abitative degli altri compartecipi – “attività commerciali, … esalazioni nocive, … immissioni di fumi, gas, scarichi, rumori” – sia da ritenersi proscritta quella in esame. 5. In definitiva il ricorso va accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla corte d’appello di Palermo in diversa sezione anche per il governo delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. la corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla corte d’appello di Palermo, in diversa sezione, anche per le spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile, in data 20 novembre).